Tutti Fotografi Maggio 2021 è in edicola e su fotografiastore in versione cartacea e digitale! Ecco gli argomenti di questo fascicolo:
Lo scorso mese scrivevo che i produttori hanno rivisto il ritmo di uscita dei nuovi modelli e a questa scelta contribuisce anche l’attuale carenza di chip. La situazione del mercato è infatti davvero anomala. Da una parte vi è la riduzione dei consumi determinata da lockdown e restrizioni varie, dall’altra vi è una forte carenza di prodotti dell’elettronica di consumo. Sembra una contraddizione, ma non è così; vi è una forte carenza di chip, microprocessori che costano pochi dollari ma che sono indispensabili per far vivere PlayStation, automobili, elettrodomestici e in genere i prodotti dell’elettronica di consumo. Se manca “la mente” che dà le istruzioni su come usare l’energia delle batterie, anche il componente più costoso e raffinato diventa inutile.
Ma come si è arrivati a questa situazione? Secondo un’analisi di Bloomberg la carenza è dovuta a una serie di cause. Vi hanno contribuito alcuni incidenti in fabbriche importanti in Asia e il blocco della produzione causato da blackout in Texas; ma la vera causa è stata la sottovalutazione della domanda. Con la gente chiusa in casa i produttori hanno ridotto le stime delle vendite (e quindi ridotto gli ordini di chip) che invece sono aumentate per la domanda dei computer necessari allo smartworking e all’intrattenimento domestico, televisori, console per videogiochi…
Così quando le aziende hanno deciso di riprendere la produzione spingendola al massimo si sono trovate senza chip nei magazzini e con poche possibilità di comprarli. Le fabbbriche di chip sono al limite della loro capacità produttiva e per costruire nuovi poli occorrono non meno di un paio d’anni. Oggi i maggiori produttori di chip sono in estremo oriente: sono le taiwanesi Tsmc (28% della quota di mercato) e Umc (13%), la cinese Smic (11%) e la coreana Samsung (10%), a cui si aggiunge la statunitense GlobalFoundries. Secondo la Semiconductor Industry Association solo il 12% della produzione mondiale di chip è negli USA, mentre nel 1990 questa percentuale era del 37%. E marchi come Qualcomm e Nvidia? In realtà si limitano alla progettazione, mentre la fabbricazione vera e propria è sostanzialmente delegata agli orientali. E’ anche per questo che negli USA aumentano le pressioni per ridurre la dipendenza dal Far East aumentando la produzione interna così da alimentare settori come automobili, sanità e telecomunicazioni.
Se poi guardiamo all’Europa la situazione è ancora peggiore in quanto la produzione di chip copre solo il 10% di quella mondiale; come le corrispondenti aziende americane, anche ST Microelectronics, Infineon e NXP si limitano infatti alla progettazione delegando la produzione fisica agli orientali.
Fin qui l’aspetto della produzione, ma la carenza di prodotto sui mercati è stata accentuata dalla crisi della logistica; per risparmiare sui costi le aziende hanno progressivamente ridotto le scorte, contando sull’efficienza della rete dei trasporti. Ma ora con l’esplosione della domanda la logistica si sta rivelando un collo di bottiglia: per il trasporto via nave non ci sono abbastanza container, i porti sono in ritardo nello scaricamento, non ci sono abbastanza camion per il trasporto via terra e i corrieri non riescono a mantenere i tempi di consegna pre-Covid. Questa pressione ha anche fatto triplicare i costi dei trasporti via nave, rendendo ancor più difficili tutti i rifornimenti.
Segnali di schiarita? In una recente intervista il nuovo Ceo di Qualcomm, Cristiano Amon, ha affermato che la carenza continuerà per tutto il 2021 e ne saranno coinvolti tutti i settori della nostra vita quotidiana dove il ruolo dei chip è diventato imprescindibile.