Tutti Fotografi è in edicola e su fotografiastore in versione cartacea e digitale! Ecco gli argomenti di questo fascicolo:
In questi giorni siamo impegnati nello sviluppo di nuove sezioni del sito internet (abbiamo approfittato delle “vacanze natalizie” che spengono telefoni ed email urgenti regalando una maggiore concentrazione). Proprio lavorare a questo mezzo mi ha portato a riflettere sulla sua fruizione, così diversa dalla rivista su carta; io stesso quando mi muovo tra le pagine html di un giornale online finisco per leggere i primi paragrafi di un articolo, poi mi stanco e passo ad altro anche se in fondo l’argomento mi interessa. Mi sono domandato il perché di questo mio comportamento e la risposta che mi sono dato riguarda l’eccesso di informazione; vorrei leggere tutto, ma non potendolo fare la mia mente si rifiuta. Se questo è vero, emerge la necessità di una selezione; occorre che qualcuno faccia una scelta per me e mi proponga la sua interpretazione dei fatti. E’ un atto di grande fiducia e infatti seleziono le fonti, seleziono i giornalisti e per prima cosa vado a vedere il nome del giornalista che ha scritto il pezzo.
Lo stesso vale per le fotografie. Sono un numero sterminato, e molte di qualità. Anche in questo caso occorrono dei punti di riferimento e conviene osservare le loro proposte alla luce della propria esperienza. La scelta è un momento fondamentale nel percorso della crescita personale.
Lo stesso facciamo noi quando costruiamo le riviste; gli argomenti possibili sono tanti, così come gli autori, ma facciamo delle scelte superando in questo modo il “mare magnum” della rete. E’ la conferma del ruolo prezioso giocato dalle riviste e che consiste nel proporre delle scelte in modo che l’eccesso di informazione non si traduca in “nessuna informazione”. E’ una grande responsabilità e ne siamo consapevoli.
Per venire a questo fascicolo, sottopongo alla vostra attenzione il lavoro di Nicola Spadafranca, un progetto fotografico portato avanti nell’arco di tre anni in Puglia per raccontare la storia di tanti immigrati che lavorano nelle campagne. Per la sua realizzazione si è rivelato fondamentale il rapporto con le persone, un aspetto che abbiamo approfondito con Nicola:
“Mi sono rapportato sempre con il massimo rispetto; al loro posto era questo che avrei voluto io stesso. Ho passato più di sei mesi a cercare di farmi accettare, senza scattare una foto; ho cercato di partecipare ai loro discorsi, ho provato a immaginare il senso dei loro silenzi. A volte mi hanno raccontato la loro storia, altre volte ho potuto solo intuirla. Mi hanno sempre chiesto se fossi un poliziotto, un carabiniere o un giornalista. Paradossalmente, il fatto che io fotografassi per un mio interesse personale, per una mia passione, per un senso di appartenenza al territorio, è stata la cosa più difficile da trasmettere. Non pensavano potesse essere vero. Come dar loro torto? Dopo sei mesi in cui passavo a trovarli ogni fine settimana, durante le vacanze, hanno avuto modo di constatare che nulla succedeva dopo il mio passaggio. In altre parole, non arrivava la polizia per sgomberare i campi, i casolari occupati, e tanto meno la stampa a denunciare ciò che accadeva. Hanno quindi iniziato a essere meno diffidenti nei miei confronti e ad apprezzare la mia “folle” (parole loro) curiosità a trascorrere il mio tempo con loro.”