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Fotografia.it

Tutti Fotografi di Dicembre: come farsi un corredo con due sistemi

Paolo Namias | 30 Novembre 2020
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La copertina del fascicolo di dicembre 2020 di Tutti Fotografi ora in edicola

Per ricordare Frank Horvat, morto lo scorso 21 ottobre, sono andato a riprendere un testo che aveva scritto per Zoom in occasione dei 30 anni della rivista. E’ un testo in cui racconta il suo incontro con Henri Cartier-Bresson, fotografo che ammirava, e in cui affronta il rapporto tra “vero e verosimile” in fotografia. Lo riporto in questa pagina.

Tra i fotografi che ho conosciuto di persona, Henri Cartier-Bresson è quello che ammiro di più e che più profondamente mi ha influenzato. All’epoca delle mie prime fotografie di moda, spesso lo incontravo nel vecchio ufficio della Magnum, in rue Saint-Honoré. La sua critica era radicale: “Bisogna scegliere il proprio terreno”, mi disse una volta che ci trovammo sul traballante ascensore di casa. “Per quel che mi riguarda, ho scelto di fare il fotogiornalista e di mostrare le cose quali io le vedo. Rispetto un fotografo di moda come Richard Avedon, che fabbrica immagini di sogno mediante messinscene e manipolazioni evidenti. Ma non posso accettare una posizione intermedia come la tua, fondata su un ambiguo miscuglio di realtà e di finzione”. Eravamo intanto arrivati alla place Saint-Philippe-du-Roule dove le nostre strade si separavano. La sola risposta che seppi trovare fu un: “Ma, per l’appunto..”
Un po’ per timidezza, un po’ perché l’idea non era ancora compiutamente formulata dentro di me, non osavo dire che la veridicità del fotogiornalismo mi pareva sempre più contestabile: qualsiasi soggetto è deformato in mille modi diversi e contraddittori, secondo il momento, le inquadrature, e secondo le idee preconcette del fotografo e dell’impaginatore. Era forse più falso, o meno vero, il mio modo di integrare un personaggio ideale tra gli esseri e gli avvenimenti del quotidiano, illuminando così il sogno attraverso il reale, o il reale attraverso il sogno?
In fotografia come in ogni rappresentazione, vero è quel che appare tale allo spettatore, e il primo spettatore è l’artista medesimo. Boccaccio trovava i personaggi di Giotto, suo contemporaneo, “tanto simili alla natura che taluni li prendevano per creature in carne e ossa”. Oggi non abbiamo per certo la stessa reazione: gli affreschi di Assisi e di Padova ci commuovono infatti per la ragione opposta, per l’audacia delle distorsioni che noi interpretiamo come un espressionismo avant la lettre. In effetti, nei secoli successivi al Trecento i pittori hanno spinto tanto in là “l’imitazione della natura” che il naturalismo ha finito per apparir loro finzione e si sono sentiti costretti a cercare la verità per altre vie.
Facendo le debite proporzioni, la fotografia ha percorso la stessa traiettoria. Esiste uno stile di reportage di guerra che alla fine ci ha resi insensibili ad immagini che sconvolgevano i nostri genitori. Le giovani ridenti e saltellanti delle riviste di moda, ben lungi dal convincerci con la loro presunta spontaneità, ci appaiono sempre più come stereotipi.
Le mie fotografie degli anni Cinquanta non sono più le stesse sotto il mio sguardo di oggi: le donne che avevo voluto naturali mi paiono stilizzate come madonne bizantine, e ciò tutto sommato crea il loro fascino. Ma fino a che punto ci si può allontanare dall’aderenza alla realtà senza rinnegare lo specifico della fotografia, inventata proprio per riprodurre e conservare le immagini colte dai nostri occhi? Gli adepti della deformazione creativa, del flou artistico e del fotomontaggio hanno tentato di farlo in vari modi, e da oltre un secolo (e oggi sono più numerosi che mai).
Io non ho percorso la loro strada. Mi oppongo peraltro alla facile restituzione della realtà, che in fotografia come in pittura può sfociare solamente nella finzione, ma sono convinto che tale facilità sia connessa alla tecnica impiegata per fermare il tempo e la tentazione del fotografo va di pari passo con i progressi dell’istantanea (“You press the button, Kodak does the rest”). Le smorfie e le contorsioni registrate dallo scatto improvvisato non ci dicono gran che del soggetto: corrispondono alla restituzione “fisica” di un istante più che della realtà psicologica: sono immagini sempre vere, ma di rado verosimili.
Frank Horvat

Tutti Fotografi è in edicola e su fotografiastore in versione cartacea e digitale! Ecco gli argomenti di questo fascicolo:

  • Come farsi un corredo di due sistemi: dalle fotocamere alle ottiche
  • Regali di Natale 2020: scegliamoli bene
  • Binocolo: suggerimenti per sceglierlo
  • PeakDesign: tante idee per un regalo di qualità
  • Reportage: Francesco De Marco, inverno alle Isole Svalbard
  • Fujifilm XF 50mm f/1.0 R WR: un luminosissimo obiettivo per il ritratto
Paolo Namias
Direttore editoriale delle pubblicazioni di Rodolfo Namias Editore
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