La mostra Short & Sweet – con la curatela di Martin Parr – presenta oltre 60 scatti, scelti e selezionati dall’autore, insieme a elementi installati e wall paper e ripercorre la sua lunga carriera attraverso i progetti più noti che raccontano il suo inedito stile documentario dentro le incongruenze sociali e culturali del mondo occidentale, in particolar modo europeo.
La lunga carriera di Martin Parr
Attraverso una cronaca fotografica senza filtri e fuori dalla retorica, il percorso espositivo si apre in bianco nero, ovvero con la serie “The Non-Conformists“, immagini scattate dal 1975 al 1980 da un inedito, giovane e ispirato Parr, appena terminata la scuola d’arte. Per questo progetto, all’età di ventitré anni, Martin Parr si muove insieme alla sua compagna (e futura moglie) Susie Mitchell dalla metropoli londinese verso le periferie dello Yorkshire. Per cinque anni, la coppia documenta quotidianamente gli eventi a cui assiste, in particolare quelli dei Non Conformisti, dal nome delle cappelle metodiste e battiste che stavano diventando numerose nella zona. Martin fotografa sia l’ambiente che la vita dei colletti blu, operai, minatori, agricoltori, devoti, guardiacaccia, allevatori di piccioni e “mariti presi per il naso”, realizzando un documento storico toccante che definisce il carattere ferocemente indipendente dell’Inghilterra settentrionale dall’anglicismo di Stato.
Prima di approdare alle più conosciute serie a colori, la mostra prosegue con l’ultimo progetto in bianconero sviluppato da Parr, “Bad Weather”, realizzato tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta e pubblicato nel 1982. L’idea di Parr era quella di creare un lavoro incentrato su un’ossessione britannica e il tempo atmosferico ha fornito un soggetto ideale. Con una fotocamera subacquea Parr si getta nelle le tipiche condizioni meteorologiche inglesi: acquazzoni, pioggerelline, tempeste di neve documentandole tra Inghilterra e Irlanda. “Di solito ti viene detto di fotografare solo quando la luce è buona e c’è il sole – racconta Parr – e per questo mi piaceva l’idea di scattare fotografie solo in caso di maltempo, come modo per sovvertire le regole tradizionali”. Con scanzonata serietà, la serie unisce espressioni e reazioni delle persone che vivono costantemente con temperature pungenti e clima uggioso. Parr, in questo modo, rivolge lo sguardo all’umanità piuttosto che all’iconico e ben noto paesaggio britannico.
Il primo progetto a colori
Il primo progetto a colori di Parr è “The Last Resort” (1982- 85), un ironico reportage condotto dal fotografo sulle spiagge di Brighton, sobborgo balneare di Liverpool, nella metà degli anni Ottanta, un periodo in cui il nord-ovest dell’Inghilterra viveva un profondo declino economico. Tra satira e crudeltà – non priva di una certa tenerezza per i suoi connazionali inglesi – Parr ritrae famiglie a basso reddito in vacanza a New Brighton; vista attraverso il suo obiettivo, quella che avrebbe dovuto apparire come una località di villeggiatura estiva assume l’aspetto di una zona industriale. In The Last Resort, Martin Parr evoca la sua nostalgia per gli anni Sessanta, creando il primo esempio di reportage spietato e lucido sulla fine di un mondo (quello operaio) e dei suoi valori, nonché l’avvento di una nuova concezione consumistica della vita, la decadenza della società del benessere e del consumo. Probabilmente il suo lavoro più famoso, The Last Resort presenta foto scattate con una macchina fotografica medio formato e un flash, primo esempio del caratteristico e audace colore saturo di Parr che aggiunge energia e vitalità alle immagini, influenzate dalla fotografia a colori americana di William Eggleston (nato nel 1939) e Garry Winogrand (1928-84).
Sullo stesso registro si mantiene l’installazione “Common Sense”: oltre 200 fotografie selezionate tra le 350 esposte nella mostra omonima del 1999 per proporre uno studio ravvicinato del consumo di massa e della cultura dello spreco, in particolare occidentale ed europea. Combinando tutti gli elementi che avevano caratterizzato la fotografia di Parr negli anni Settanta e Ottanta, la serie dà seguito all’ossessiva ricerca visiva dell’artista di tutto ciò che è volgare, stonato, assurdo.
Quando viene presentato in mostra, Common Sense viene installata come un’ampia e compatta serie di immagini dai colori vivaci tra loro accostate, stampate a buon mercato con una copiatrice Xerox a colori. La mostra fu allestita contemporaneamente in quarantuno sedi in diciassette Paesi, conquistando così il Guinness World Record.
Parr eccelle qui nella resa di soggetti legati spesso al cattivo gusto e alla volgarità contemporanea che coglie con un cinismo di fondo e un sarcasmo senza precedenti. Gli scatti e le composizioni dinamiche, fatte di accostamenti kitsch, vengono riprese da angoli insoliti, con inquadrature ravvicinate e utilizzando prospettive inedite, creando così scatti che catturano l’attenzione e suscitano interesse. Fondamentale diventa l’attenzione al dettaglio, attraverso il quale Parr riesce a cogliere gli elementi distintivi di un luogo o di una situazione, quindi in ultima analisi della cultura e della società che egli si trova a descrivere.
Per la mostra al Mudec “Short & Sweet”, “Common Sense” si presenta come un accumulo di immagini dai colori vivaci, stampate a basso costo su carta A3 con una copiatrice Xerox a colori e riadattate nello spazio secondo un ordine originale e site-specific.
Gli anni Novanta
In questi anni lo sguardo di Martin Parr si rivolge al resto del mondo e allo strano universo del turismo di massa. Con la serie “Small World” (1989 – 2008) Parr ci conduce in molti tra i siti più frequentati e famosi, mostrando la differenza tra la mitologia idealizzata del luogo e la realtà depredata dall’uso che il turista fa del luogo stesso. In questa serie, il fotografo segue le orme del turista medio – come potremmo esserlo tutti noi – e, attraverso le sue fotografie, tenta di rivelare la grande farsa del viaggio che, per la maggior parte delle persone, è un’attività di svago resa possibile solo dal recente sviluppo degli aerei di grandi dimensioni e delle compagnie aeree a basso costo. Il mondo del turismo assomiglia così a un sogno annacquato e omogeneizzato, il cui modello ultimo sarebbe Las Vegas.
Insieme al turismo c’è poi il tema del ballo affrontato con la serie “Everybody Dance Now” (1986 -2018). Secondo Martin Parr, a parte la fotografia, la danza è probabilmente la forma di espressione più democratica; Martin unisce le due arti in questa ricerca nella quale, da San Paolo in Brasile alle isole scozzesi, ha fotografato per oltre trent’anni – tra il 1986 e il 2018 – svariati tipi di ballo, ballerini vivaci, lezioni di aerobica, feste in ogni parte del mondo, danze del tè. Il lavoro è uno studio puntuale sui corpi, sulle loro proporzioni, sui movimenti, sui diversi abiti e calzature, sui make-up e sulle espressioni dei volti. Dai suoi scatti emerge una folle energia in cui il corpo si manifesta senza riserve e pudori.
Il nuovi millennio
L’Inghilterra è sempre stata la materia preferita di Martin Parr. Le sue numerose serie fotografiche comiche, dogmatiche, affettuosamente satiriche e colorate documentano cosa significhi essere inglese oggi. Con la serie recente “Establishment” (2010 – 2016) Martin Parr prosegue il grande progetto di fotografare l’establishment britannico, le élite che governano il Paese e i loro rituali, rendendo sorprendente ciò che è ovvio e trasformandoli in rivelazioni provocatorie. Parr continua il suo grande progetto di fotografare le élite che governano il paese e i loro curiosi rituali. Ecco dunque i luoghi e i personaggi della politica, le sedi del potere, le università più famose. La ricerca mette crudamente in luce le convenzioni sociali che si ripetono nel tempo, i comportamenti, analizzati fin nei minimi gesti, l’abbigliamento, le espressioni, gli sguardi, le piccole ossessioni, le tradizioni che si esprimono negli arredi e negli oggetti.
La mostra al Mudec prosegue con un soggetto con cui Parr si è sempre confrontato, la spiaggia; la serie “Life’s a Beach” del 2013 mostra scatti provenienti dalle spiagge di tutto il mondo, in un caleidoscopio di corpi svestiti e del loro mostrarsi in pubblico. Nel Regno Unito, è impossibile trovarsi a più di 75 miglia dalla costa e con così tanto mare non sorprende che in Gran Bretagna esista una forte tradizione dello scatto in spiaggia. Le persone possono rilassarsi, essere sé stesse e sfoggiare tutti i piccoli aspetti di quel comportamento leggermente eccentrico che è tipico dei Britannici. Se negli Stati Uniti c’è una forte tradizione della “fotografia di strada”, nel Regno Unito vi è quella “della fotografia si spiaggia”. Martin Parr fotografa questo tema da molti decenni (gli scatti presentati in mostra vanno dal 1986 al 2018), documentando tutti gli aspetti di questa tradizione, tra primi piani di bagnanti, nuotate e picnic.
Attento al costume, alle convenzioni sociali e alle regole dell’apparire che influenzano la vita di chi vive nel mondo globalizzato, Martin Parr non poteva non osservare la moda nelle sue varie accezioni, allontanandosi però dal glamour convenzionale e insistendo piuttosto su un approccio spiritoso e satirico. Per molti anni ha fotografato in Europa, negli Stati Uniti, in Africa e in Asia non solo gli abiti e accessori a volte esagerati o assurdi ma,, come sempre per lui, anche le posture e le espressioni. La serie “Fashion” raccoglie immagini prodotte tra il 1999 e il 2019 per riviste di moda e in occasione di sfilate, ma del tutto simili alle molte che Parr ha realizzato nei più vari contesti sociali con la sua implacabile osservazione delle debolezze dell’umanità massificata.
Roberta Valtorta
La mostra
Martin Parr. Short & Sweet
In collaborazione con Magnum Photos.
Dal 10 febbraio al 30 giugno
MUDEC Via Tortona 56
Il catalogo della mostra è edito da 24 ORE Cultura