Gli smartphone sono sempre più potenti. Non solo, le fotocamere sono sempre più potenti, frontali e posteriori; i Mpxl sono un campo di battaglia per i vari produttori e sempre più attenzione è data alla fotografia come mezzo espressivo e di comunicazione..con qualche piccola fregatura, a volte, soprattutto in termini di sicurezza.
Della “fregatura”, come detto, ce ne parlano i ricercatori della TU Berlin e dei Telekom Innovation Laboratories che si sono focalizzati sui rischi che questi device e le loro relative fotocamere potrebbero apportare alla nostra privacy.
Quali? Il furto di dati sensibili per esempio.
Come? Tramite la fotocamera dello smartphone.
In che modo?
Beh, qui è più complesso. Ogni volta che viene scaricata un’applicazione, bisogna approvare l’accesso della stessa ad alcune sezioni del nostro telefono. Per esempio, una volta scaricato Facebook, Twitter o Instagram, per far sì che funzionino correttamente bisogna che siano autorizzate a ricevere alcuni dati personali, quali posizione GPS, accesso alla rubrica..e accesso alla fotocamera. Alcune applicazioni, di sicuro meno serie, solitamente quelle “di terzi” (il più delle volte start-up sconosciute o persone fisiche) seguono lo stesso procedimento per l’installazione, quindi abbisognano delle stesse autorizzazioni, di quelle più famose e sicure (come qui sotto).
Chiaramente sappiamo che di “sicuro al 100%” non c’è nulla: in ogni caso, anche se scarichiamo un’applicazione proprietaria, stiamo condividendo i dati con qualcuno, sia esso Google, Samsung, Apple o chiunque altro. I nostri dati, sono tutti nei loro server, anche se il nome, in questo caso il brand, ci rassicura.
Detto questo, utilizzando un’applicazione “spia”, alcuni ricercatori sono riusciti a collegarsi da remoto alla fotocamera di uno smartphone e a fare cose viste prima solo in qualche film: catturare l’immagine dello schermo direttamente dal riflesso mostrato sugli occhi di chi stava guardando il device in quel preciso momento, oppure, aumentando la superficie riflettente (per esempio utilizzando un paio di occhiali), addirittura leggere dati personali e password di siti e posta elettronica.
Cosa più sbalorditiva, legata soprattutto a telefoni di nuova concezione, i ricercatori sono stati in grado di catturare l’immagine delle impronte digitali, sempre utilizzando la risoluzione della fotocamera.
Per svolgere questo studio è stato utilizzato un Oppo N1, smartphone che ha il pregio di avere una fotocamera da 13 Mpxl (ad oggi lo standard per il 90% dei telefoni di fascia alta) rotante di 180°, in grado quindi di funzionare sia come fotocamera anteriore che come fotocamera posteriore.
Per cui, attenzione a cosa si installa e alle autorizzazioni che siamo soliti dare alle applicazioni.