C’è una coerenza mentale e compositiva profonda nell’opera di Salvatore Garau, artista completo, che in oltre cinquant’anni ha abbracciato l’arte visiva in ogni sua declinazione, e che oggi torna su uno dei concetti che da sempre, sin dal 1984 in occasione della sua prima mostra allo Studio Cannaviello di Milano con grandi tele nere su pareti nere, lo hanno affascinato e intorno al quale gravita molto della sua poetica: la narrazione sulla presenza e l’assenza, sul visibile e sull’indefinito.
Curata da Milo Goj con testo critico in catalogo di Lóránd Hegyi, organizzata da Art Relation e promossa da Roseto e Jarvés in occasione della Milano Design Week 2025, a sottolineare una volta di più il legame fra impresa, arte e tessuto cittadino, l’esposizione presenta quindici tele di grande formato e due video, uno dei quali inedito, che raccontano nell’unione fra il corpo della pittura e il non corpo dell’immateriale l’interesse che l’artista ha sempre avuto per la materia e, allo stesso tempo, per lo spirito.
Oggi, a oltre quarant’anni di distanza, quella stessa riflessione torna in una nuova forma poetica e plastica con la mostra “CORPO non CORPO” in programma fino all’11 maggio allo Spazio Roseto di corso Garibaldi 95 a Milano, dove la separazione fra ciò che è fisico e ciò che è mentale si dissolve, il concetto di realtà si espande e l’immateriale acquisisce una rilevanza pari a quella della materia stessa, spingendo tutti noi a riflettere su come percepiamo il mondo e sulle infinite possibilità che si celano dietro l’apparire.
Un esempio significativo di questo contrasto è il video Autoritratto del 2022, presentato per la prima volta in questa mostra. Un’opera immateriale che si rivela iperrealista, dove non è più l’artista a imitare il modello, ma è il modello a imitare l’artista. Un pensiero che, con estrema semplicità, coglie il senso profondo dell’esistenza.
Le quindici opere su tela e su teloni PVC riciclati provenienti dalle pubblicità dismesse, dominate soprattutto dal verde e dal viola sacrale, rappresentano invece la parte tangibile della mostra, ma molte di esse hanno nel titolo un invito a riprendere possesso della nostra immaginazione, senza la quale, sempre più, l’uomo si allinea al pensiero comune perdendo la propria indipendenza e umanità.