Il fotografo e artista Erik Kessels è stato costretto a scusarsi a seguito delle polemiche sulla sua ultima installazione “Destroy My Face”: una lettera aperta di circa 15 artisti ne ha infatti criticato il messaggio, molto probabilmente travisandolo.
Destroy My Face è un lavoro commissionato dal festival BredaPhoto al fotografo Erik Kessels ed in mostra allo Skatepark Pier15 a Breda: è composto da 60 ritratti generati da un algoritmo di intelligenza artificiale basato sull’analisi di 800 ritratti di uomini e donne presi da Internet, accomunati dall’aver usufruito in maniera eccessiva di chirurgia plastica. Ma non è questo il frutto della discordia, lo è il metodo di fruizione. L’installazione è infatti composta da immagini 4 x 4 posizionate a terra nello skatepark, in modo che i pattinatori e gli skaters possano, passandoci sopra, distruggere questo stereotipo della bellezza che al giorno d’oggi sembra essere diventato una necessità imprescindibile. Lo stesso Kessels presentando il suo lavoro ha detto:
“La chirurgia plastica è diventata qualcosa di abbastanza normale nella società odierna. Tuttavia questi interventi chirurgici possono provocare deformazioni e trasformare una persona in un mostro.“
La lettera aperta di critica “We Are Not A Playground” promossa da vari artisti al BredaPhoto accusa Kessels di misoginia e di violenza nei confronti delle donne, oltre che di nascondersi dietro un algoritmo: “Solo perché Kessels ha utilizzato un algoritmo per creare quest’opera non significa che lui, come artista e designer, non abbia la responsabilità di guardare criticamente il risultato e pensare al messaggio che sta diffondendo nel mondo. Anche se afferma che i rendering sono stati eseguiti su individui che si presentano sia maschi che femmine, ignora completamente le implicazioni sociali, culturali e/o patriarcali del motivo per cui più persone che presentano donne decidono di sottoporsi a chirurgia plastica.”
Queste critiche si sono ribaltate anche sui social media, tanto che Kessels ha dovuto in qualche modo scusarsi di come il suo lavoro è stato giudicato all’esterno.
“L’intenzione di questo lavoro è ironica e intende evocare un dialogo sull’accettazione di sé. Ovviamente non significa incoraggiare la violenza contro le donne. Con questo lavoro non ho mai voluto offendere nessuno, ma leggendo commenti recenti online, capisco di averlo fatto e me ne scuso. Secondo me la funzione dell’arte nella società è quella di avviare dialoghi e io continuo a crederci”.