La XIII edizione del World Report Award, il concorso internazionale di fotografia promosso dal Festival della Fotografia Etica e sostenuto da Fujifilm, proclama i suoi vincitori assoluti di categoria: tra tutti spicca Evgeniy Maloletka con il reportage The Siege of Mariupol.
Sono 883 i fotografi provenienti da 40 Paesi e 5 continenti che quest’anno hanno partecipato al World Report Award Documenting Humanity. I lavori vincenti saranno esposti al Festival di Fotografia Etica, presso Palazzo Barni a Lodi in programma dal prossimo 30 settembre al 29 ottobre 2023.
La città di Mariupol, situata nella regione di Donetsk, è stata assediata durante l’invasione russa dell’Ucraina quando le forze armate russe e i separatisti della Repubblica Popolare di Donetsk, che la rivendicavano come propria, hanno iniziato i combattimenti contro le truppe ucraine. La battaglia, parte dell’offensiva russa nell’Ucraina orientale, è iniziata il 24 febbraio del 2022 e si è conclusa il 20 maggio dello stesso anno, quando la Russia ha annunciato la resa delle truppe ucraine rimaste a Mariupol dopo l’ordine di cessare il fuoco.
Il 2 marzo, dopo aver interamente assediato la città, le forze russe ne hanno gradualmente preso il controllo. Il 22 aprile le restanti forze ucraine si sono ritirate nell’acciaieria Azovstal, un imponente complesso industriale, facilmente difendibile. La Croce Rossa ha descritto la situazione come “apocalittica” e le autorità ucraine hanno accusato la Russia di aver provocato una grave crisi umanitaria nella città, i cui funzionari hanno riferito che circa 21.000 civili erano stati uccisi e che almeno il 95% della città era stato distrutto durante i combattimenti, a causa dei bombardamenti russi. L’assedio dell’acciaieria è terminato il 16 maggio 2022, dopo quella che i media hanno definito “evacuazione” o “resa” del rimanente personale ucraino dell’Azovstal. Il Ministro della Difesa russo ha dichiarato che gli ucraini si sono “arresi”, un termine che l’Ucraina evita di usare.
Ai piedi delle colline dolcemente ondulate di Loretto, un paesino nel Kentucky, l’undicenne Zoey Allen monta a pelo il suo cavallo tra i campi di grano e soia, mentre suo nonno Jackie “Jackrabbit” Allen, a torso nudo e con la pelle scura, abbronzata dal sole, cammina scrutando tra le file di fieno appena tagliato.
I 260 acri che coltiva sono stati a sua volta ereditati dal nonno che vi aveva avviato un’attività. Il mondo agricolo è l’unica realtà che Jackie abbia mai conosciuto. I segni sul viso e sulle mani sono testimonianza inconfutabile del suo duro lavoro. In piedi vicino a lui, sua nipote, Zoey, trasuda la stessa grinta. La famiglia Allen rappresenta il meglio che le aziende agricole americane hanno da offrire. Sono la sintesi perfetta del sapere e delle competenze, tramandate di generazione in generazione. Per secoli, il mondo ha beneficiato della loro tradizione e del loro rapporto intimo con la terra, ma di fronte all’inarrestabile espansione dell’agricoltura industrializzata, il modello generazionale di azienda sta mutando. Le medie imprese agricole tradizionali sono vicine al fallimento in America, spazzate via da un’economia agricola fiorente ma spietata, che favorisce gli estremi. Le aziende rimaste si trovano sul bordo di un abisso sempre più ampio, nel quale sono finite più di 4 milioni di imprese agricole dal 1948 ad oggi.
Sei anni fa, Sarah perde suo fratello improvvisamente in seguito ad un attacco cardiaco. Il suo mondo va in pezzi, cambiando da un momento all’altro. Da quel giorno in poi, il dolore l’ha sempre accompagnata. D’altra parte però, la scomparsa del fratello le ha dato l’opportunità di percepire la vita in modo diverso. Le ha insegnato a vivere senza paura, e ad accettare quello che le riserva. Durante il funerale, un piccolo pettirosso volava attorno alla famiglia, e da allora gli uccellini le riportano alla memoria suo fratello.
Questo racconto si divide tra il Paese in cui ha scelto di vivere, l’Argentina, e quello di origine, la Germania, annullando le distanze, muovendosi tra il tempo, le stagioni, le nazioni e lo spazio. Come parte di un fragile ecosistema, la natura diventa la connessione. Dopo tre gravidanze che si sono interrotte prematuramente, quella del secondo figlio è accompagnata da dubbi e paure, ma Sarah impara ad ascoltare il suo corpo, e ad avere fiducia nel fatto che andrà tutto bene. Il suo secondo figlio nasce in Germania in una notte di luna piena durante un temporale, seguito da un’enorme alluvione. Il periodo del post-parto si accompagna ad immensa gioia, ma anche isolamento e tristezza, sentimenti che si intervallano repentinamente. Si cerca di trovare un nuovo posto nel mondo, si cerca la propria rinascita.
Il Perù ospita il più alto numero di alpaca al mondo: approssimativamente 4 milioni, cifra che rappresenta circa l’88% del totale mondiale. Questi mammiferi vengono allevati in regioni peruviane ad alta quota, generalmente al di sopra dei 3.000 metri. Gli animali svolgono un ruolo fondamentale nelle comunità dell’altopiano andino, dove non è possibile coltivare e l’allevamento degli alpaca, insieme all’estrazione mineraria, sono le uniche attività produttive da cui trarre sostentamento. Più di un milione di persone, in un Paese di circa 33 milioni di abitanti, dipende esclusivamente da questi animali. Il cambiamento climatico rappresenta un rischio crescente per questa specie e per le comunità locali. Infatti, nelle Ande si sono registrate stagioni delle piogge più brevi, ma più intense, e periodi di siccità più lunghi; le gelate e le grandinate sono diventate eventi climatici più comuni; i pascoli naturali si stanno restringendo e la qualità dell’erba sta peggiorando, costringendo le mandrie di alpaca a contendersi il cibo.
Questo progetto si propone di indagare come il cambiamento climatico in Perù influisca sugli allevatori di alpaca, trasformandoli in “migranti climatici” costretti a spostarsi ad altitudini sempre più elevate o ad abbandonare il loro stile di vita per trasferirsi in città a bassa quota. La minaccia diretta di tutto questo è la perdita dell’identità culturale andina. L’obiettivo di questo lavoro è anche quello di mostrare gli sforzi della comunità scientifica che cerca di contribuire alla lotta contro le conseguenze del cambiamento climatico sugli alpaca e rafforzare una maggiore resilienza degli animali attraverso la selezione genetica.
Le “polleras” boliviane, gonne voluminose comunemente associate alle donne indigene degli altipiani, sono state per decenni simbolo di originalità ma anche motivo di discriminazione. Oggi, una nuova generazione di donne skaters a Cochabamba, la terza città più grande del Paese, le indossa come atto di resistenza. Questo indumento voluminoso vede le sue origini nel XVI secolo, durante la conquista spagnola. Inizialmente imposto ai nativi, nel corso dei secoli è diventato parte integrante dell’identità locale.
Dato che questo indumento incarna l’autenticità così come la stigmatizzazione, è sembrato ovvio per la 26enne skater boliviana Dani Santiváñez, che voleva rivendicare le sue origini, rispolverare le “polleras”, un tempo indossate dalle zie o dalle nonne. Nel 2018, insieme a due amiche, Dani ha creato il collettivo femminile “ImillaSkate” come una sorta di “grido per l’inclusione”. Le ragazze non indossano le “polleras” ogni giorno, ma solamente quando fanno skate. Caratterizzate dalla lunghezza al ginocchio, in rispetto della tradizione, e ora abbinate alle scarpe da ginnastica, le “polleras” sono rimaste al passo con i tempi e sono diventate un simbolo. Le “Imillas” che si allenano per competere nei tornei locali, usano il loro outfit e lo skateboard come strumenti per dare forza alle donne e per veicolare il loro messaggio di inclusione e accettazione della diversità.
Nella dura realtà dell’Ucraina invasa dalla guerra, i giovani cercano di vivere la loro vita quotidiana, che viene regolarmente interrotta dalle sirene d’allarme e dai missili in arrivo. “Between the Sirens” racconta l’attitudine verso la vita dei giovani ucraini. Il lavoro offre uno sguardo sulla realtà attuale di una generazione che si scontra quotidianamente con la fragilità della loro esistenza e della loro nazione.
Il progetto accende un faro sui ragazzi di domani come simbolo del futuro, in quanto generazione sulle cui spalle grava la maggiore responsabilità: ricostruire la loro nazione una volta che la guerra sarà finita. Che tipo di paese diventerà l’Ucraina se sarà ricostruita da una generazione traumatizzata dalla guerra?
Il riscaldamento globale sembra avere un impatto sproporzionato su alcuni Paesi piuttosto che altri. L’immediata conseguenza è che il numero degli incidenti causati dai disastri naturali come le mareggiate e le inondazioni è aumentato. Il Bangladesh con i suoi corsi d’acqua formano uno dei delta più grandi del Pianeta ed è anche una delle aree che più subisce le conseguenze dirette del riscaldamento globale. L’aumento dei disastri naturali come cicloni e ondate di marea oceaniche, colpisce la fascia costiera, dove milioni di persone vivono e che per ironia della sorte, dal mare dipendono per la loro sopravvivenza.
Festival della Fotografia Etica
30/09/2023 – 29/10/2023
Lodi