Come ogni anno, la World Photography Organisation ha annunciato il nome del prezioso riconoscimento "Outstanding Contribution to Photography" nell’ambito dei Sony World Photography Awards: dopo Martin Parr nella scorsa edizione, Candida Höfer è la vincitrice 2018. L’artista ritirerà il premio durante la cerimonia ufficiale, che si terrà a Londra il 19 aprile 2018. Una selezione personale delle sue opere verrà esposta in occasione della mostra dei Sony World Photography Awards 2018, che si terrà presso la Somerset House di Londra dal 20 aprile al 6 maggio.
Qui di seguito ecco un articolo che abbiamo dedicato all’autrice nel lontano maggio 2007 su Zoom magazine, quando le sue opere si affacciavano sul nascente mercato della fotografia fine art. Oggi è rappresentata dalla VG Bild-Kunst di Bonn.
Candida Höfer
by Cristina Franzoni
Entrare in una biblioteca è di per sé un’avventura. Non importa che si tratti di una piccola biblioteca scarna di provincia o di un antico santuario in stile barocco con milioni di libri, in tutte vigono le stesse regole: è obbligatorio il silenzio, un documento d’identità, lo spegnimento del telefonino, la consegna della borsa o dello zaino, un codice di comportamento corretto e rispettoso. Diventiamo incontattabili dall’esterno, e non ci pare vero. Ci inoltriamo liberi tra scaffali e schedari con la sensazione calma di essere finiti in un’altra epoca. Non siamo lì per fare due chiacchiere conviviali e raramente ci si va per curiosare; eppure muoversi in una biblioteca, soprattutto per chi ama la cultura, è un momento di svago, uno svago pieno di concentrazione. L’odore della carta e del legno vecchio, il percorso labirintico, quella luce strana, filtrata, il bisbiglio soffocato da cospiratori, tutto contribuisce a rendere la biblioteca un luogo disciplinato come un collegio e sacrale come una chiesa. Metterci piede è terapeutico.
Candida Höfer (Eberswalde, 1944) – che già aveva cominciato a ritrarre, a metà degli anni Settanta, gli interni di ambienti pubblici come i castelli, i musei, i teatri e gli spazi espositivi – ci restituisce ora la magia delle biblioteche in un volume edito da Johan & Levi di Milano, intitolato con semplicità “Biblioteche”. Dopo un arguto saggio introduttivo di Umberto Eco sulla biblioteca ideale e su come ovviare alla dabbenaggine di bibliotecari molesti e rancorosi, ammiriamo ammaliati le centotrentasette fotografie dell’autrice tedesca sulle biblioteche del mondo di ogni dimensione ed epoca, tutte immortalate vuote, senza alcuna presenza umana. La Public Library di New York, la Villa Medici di Roma, la Trinity Library di Dublino, il Circolo degli Artisti di Torino, il Rijksmuseum di Amsterdam, la Berlinische Galerie di Berlino e il Museo Arqueologico di Madrid sono decantati in tutto il loro splendore, in tutta la loro ricchezza e ci mettono soggezione.
L’impiego della luce naturale del luogo, lo stile precisissimo, il punto di ripresa centrale, la nitidezza straordinaria, la prospettiva infinita e l’utilizzo di una macchina di grande formato (d’altra parte la Höfer è stata allieva di Bernd Becher) rendono le inquadrature talmente vere che ci pare basti fare un saltello per entrarci dentro. E così è, infatti! Davanti a mille tomi ne prendiamo allora uno a casaccio. Ci capita il Manifesto futurista di Marinetti, apparso a Parigi nel 1909 su Le Figarò: “Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria”. Sembra una beffa.