Non è straordinario che gli stessi stimoli vengano interpretati in modo completamente diverso da fotografi diversi? Ecco una selezione di scatti che testimoniano l’unicità di ogni autore con qualche informazione curiosa da “dietro le quinte” di Raccontare Con I Ritratti.
Le fotografie scattate dai miei studenti al corso online Raccontare Con I Ritratti non finiscono mai di stupirmi. Spesso riconosco l’influenza delle cose che abbiamo esplorato insieme. A volte, però, i miei consigli vengono ignorati. Peccato, direte voi. Io, quasi quasi, penso…meno male!
Daniela, per esempio, durante una lezione mi aveva detto che avrebbe voluto dedicarsi ad un progetto piuttosto complesso. Io avevo cercato di dissuaderla in tutti i modi, anche perché non era molto in tema con quello che stavamo studiando. “Ma io ho la testa dura!”, mi aveva risposto lei e si era imbarcata in una serie di esperimenti fotografici che richiedono molta preparazione. Dopo qualche settimana aveva messo insieme una prima sequenza di scatti realizzati con la determinazione che solo l’entusiasmo può dare.
Di tutte le foto del suo progetto (con più soggetti, punti di ripresa particolari etc..) una era diversa dalle altre e mi ha colpito: è un ritratto di sua figlia fotografata attraverso un vetro bagnato. L’immagine è composta bene, la palette cromatica è precisa e armoniosa, l’equilibrio tra chiari e scuri è bilanciato. Non c’è movimento, ma non si può dire che sia una foto statica: le direzioni delle linee hanno un certo dinamismo ed il contrasto tra l’evanescenza del volto e le goccioline del vetro crea una profondità particolare. La luce accompagna naturalmente l’occhio dello spettatore verso lo sguardo del soggetto, uno sguardo molto presente che non lascia indifferenti. È una foto che invita ad essere osservata. Ma…perché il vetro è bagnato? È una finestra in una giornata di pioggia? No, mi dice Daniela, è il lago di lacrime di Alice Nel Paese Delle Meraviglie. Non sono fortunato ad avere degli studenti un po’ poeti?
Questa immagine mi ha ricordato alcuni scatti di Saul Leiter e così, nel corso della lezione successiva, ne ho parlato. Mi capita spesso, infatti, di deviare leggermente dal programma previsto per seguire ciò che emerge naturalmente.
Le lezioni a cui mi riferisco in questo articolo sono quelle del corso Raccontare Con I Ritratti, un ciclo di appuntamenti che ho sviluppato appositamente per l’insegnamento online. Oltre ad incontrarci su Zoom, c’è anche un blog protetto da password nel quale gli studenti pubblicano le foto degli esercizi e interagiscono fra di loro tra una lezione e l’altra. Anche io intervengo ogni tanto per rispondere alle loro domande oppure per pubblicare qualche ispirazione. Sul blog capita che appaiano delle foto…inattese.
Sascha ha aspettato la fine del corso per sorprenderci pubblicando una serie di divertenti parodie di foto famose “un po’ in stile Celeste Barber”, come ha precisato lui stesso. Tutto era incominciato al primo incontro, quando ogni studente aveva proposto un progetto da sviluppare nel corso del ciclo di lezioni e Sascha era orientato verso la realizzazione di qualcosa di faraonico e non particolarmente attinente all’argomento del corso. Tra lui e Daniela chi ha la testa più dura? Mah…
Io avevo spiegato che per esercitarsi nella creazione di una sequenza di immagini (era questo l’esercizio), non c’era bisogno di fare qualcosa di complesso. Anche una cosa semplice, come documentare la propria colazione, può diventare un tema interessante da raccontare. Dipende da come lo si fa. “No, la colazione mi rifiuto!”, si era ribellato. Allora io l’avevo provocato con il celebre scatto di Irving Penn con Lisa Fonssagrives che prende il tè in un palazzo in Marocco. In fondo anche quella è una colazione (o merenda?). Sascha, che ha frequentato parecchi miei workshop, dopo una settimana ha pubblicato sul blog la sua parodia e ci ha fatto ridere. “Potrebbe diventare una serie”, gli avevo suggerito. Lui non sembrava particolarmente interessato dall’idea. Ma intanto, zitto zitto, continuava a produrre e alla fine ci ha fatto una sorpresa pubblicando 6 parodie, una più divertente dell’altra.
Quando insegno mi piace condividere con i miei studenti molti stimoli e poi vedere come vengono interpretati e messi in pratica. Nel corso di una lezione, tra tante altre cose, avevo mostrato un ritratto di Andy Warhol realizzato da Duane Michals. Il fotografo americano unisce quattro scatti nei quali non si vede mai il volto del soggetto tutto intero, eppure osservando l’insieme si ha un’impressione di chi è la persona fotografata. Qualche settimana dopo, Daniele ha pubblicato nel blog ben 72 ritratti con il titolo: Ritratto con idea rubata. Perché rubata? Perché erano ispirati proprio da quel ritratto scattato da Duane Michals. Anche i soggetti di Daniele, infatti, hanno quattro scatti che insieme costituiscono un’unica immagine. Quei 72 ritratti non me li aspettavo. Era andata così: proprio nei giorni della lezione avevano chiesto a Daniele, che è un fotografo professionista, di fotografare tutti quei soggetti e lui ha utilizzato l’idea che avevamo esaminato durante la lezione.
Poi, come altri studenti, ha anche fatto un altro progetto completamente diverso: ha seguito con la sua macchina fotografica una giornata di lavoro di un pastore.
Questa è una delle immagini che abbiamo commentato insieme, un ritratto ambientato che ha molti elementi interessanti:
Analizzare la struttura e gli elementi delle foto insieme è una delle cose che in genere piace di più agli studenti. Ed è anche una pratica molto produttiva perché aiuta a vedere ciò che non sempre è evidente. Tra una lezione e l’altra, infatti, i risultati si vedono.
Prendiamo un altro esempio: Simone aveva deciso di realizzare un racconto fotografico su una passeggiata con la sua cagnolina Maui ed è quello che ha fatto. In quasi ogni sua foto si possono riconoscere degli elementi esplorati insieme durante le lezioni e che l’occhio poco allenato difficilmente nota. La sua sequenza accompagna lo spettatore per il bosco ed utilizza alcuni accorgimenti per coinvolgerlo maggiormente. Guardiamo una delle foto e scopriamo quali sono:
Simone ha concluso il suo racconto con un ritratto di Maui in braccio alla sua “mamma umana”. Maui sembra stanca dopo avere scorrazzato per il bosco e il suo abbandono fa anche intuire il rapporto che c’è con chi lo abbraccia che, a sua volta, ha uno sguardo d’intesa con il fotografo (e di conseguenza con chi guarda la foto). Tanti elementi che aiutano a rendere il racconto fotografico più gradevole e interessante.
Antonella si è concentrata su suo padre e i piccoli rituali che scandiscono le sue giornate. Tra le sue foto, quella nella quale beve il caffè ha attirato la mia attenzione.
Perché:
La sequenza di foto realizzate da Antonella si chiude con le mani di suo padre mentre legge un libro. È un’immagine che trovo estremamente espressiva per diversi motivi:
Le mani sono molto rivelatrici, osservandole possiamo immaginare non solo l’età di una persona, ma anche alte cose. Durante le lezioni avevo mostrato le foto di mani scattate da August Sander con la sua catalogazione in: mani di contadino, mani di tenore, mani di attore, mani di fotografo… Avevo anche chiesto agli studenti di fare un esercizio e fotografare le mani di qualcuno.
La foto avrebbe dovuto essere un ritratto ed evidenziare qualcosa di caratteristico di quella persona, fare intuire come si sente. Dunque non avrebbero dovuto essere rappresentative di una categoria come aveva fatto Sanders, ma farci percepire qualcosa proprio di quella persona. Antonella, con pochi elementi, ci è riuscita.
Per raccontare con i ritratti a volte basta una foto che riassume tutto un contesto, altre volte è l’insieme di immagini.
Un altro progetto interessante è stato fatto da Mariella che ha documentato i cambiamenti all’interno della azienda di depurazione delle acque dove lavora. L’azienda si occupa di uno dei cosiddetti servizi essenziali che hanno continuato a funzionare a pieno ritmo anche quando altre aziende hanno dovuto chiudere per rispettare le normative anti Covid. Come si sono organizzati? Tra mascherine, disinfettanti e distanze di sicurezza hanno dovuto trovare una nuova normalità. E, infatti, il titolo di questo reportage è proprio “Una Nuova Normalità”.
Nel testo che accompagna la sua sequenza di immagini Mariella racconta del mondo andato a gambe all’aria, colpito da una piaga dal sapore biblico. Le sue foto ci fanno vedere le persone che lavorano isolate e con tutte le protezioni previste dalla legge.
Durante le lezioni avevo spiegato che, quando si realizza un racconto fotografico, bisogna includere diversi tipi di fotografie, per esempio immagini che contestualizzino il racconto, particolari che evidenzino i dettagli, azioni che aiutino la comprensione, ritratti… È sempre bene realizzare almeno una “foto emblematica”, cioè un’immagine che racchiude più elementi utili a capire velocemente di cosa si sta parlando. Nell’editoria, spesso una foto emblematica viene utilizzata in apertura di articolo, ma non sempre. Le strutture narrative sono tante e a volte si preferisce un’immagine più enigmatica che incuriosisce proprio perché non è didascalica.
In ogni caso, Mariella ha realizzato una foto emblematica da manuale: un impiegato è seduto ad una scrivania da solo e lavora al computer indossando una doppia mascherina e guanti di lattice con disinfettanti a portata di mano. Il soggetto guarda il fotografo e fa il segno di vittoria con le dita, come dire: nonostante tutto noi si va avanti! Riusciamo ad immaginare una foto che riassuma il contesto in modo più eloquente?
Altri scatti di questa serie non contengono tutti questi elementi significativi, però hanno un impatto visivo più forte e accattivante. Per esempio un ritratto scattato tra segnali stradali colorati. Se Mariella avesse realizzato queste fotografie per una rivista, quale sarebbe stata più adatta alla pubblicazione come apertura? Non è facile da stabilire, perché molto dipende dal taglio editoriale e dai gusti di photo-editor e art-director.
Una cosa che, in ogni caso, consiglio ai miei studenti è: provate ad immaginare la vostra foto impaginata, che effetto fa? Che impatto visivo ha? È abbastanza significativa? Se non vi convince è segno che dovete scattare ancora per completare il vostro lavoro. Queste due foto di Mariella sembra che se la cavino piuttosto bene su una doppia pagina…
Un altro lavoro sull’impatto del Covid è stato fatto da Carlo, questa volta all’interno di una scuola. Carlo è stato uno dei primi studenti a decidere che progetto sviluppare e, lezione dopo lezione, abbiamo affrontato insieme i dubbi man mano che si presentavano. I muri bianchi, le luci al neon e gli ambienti un po’ spogli della scuola non lo aiutavano nell’ottenere delle foto particolarmente interessanti e ha dovuto fare diversi tentativi prima di trovare uno stile che lo aiutasse nel suo racconto fotografico. Alcune foto inquadrate storte hanno permesso di aggiungere la giusta dose di dinamismo e di fare percepire un po’ di quella vitalità presente nei ragazzi, nonostante la fiacchezza del momento. Le foto solo un pochino storte – gli avevo spiegato – sembrano foto dritte sbagliate, ma le foto decisamente storte diventano un linguaggio espressivo.
Anche per la scelta dei momenti da fotografare c’è stato bisogno di fare molte prove. Cercare di cogliere dei momenti spontanei quando si presentano oppure creare delle situazioni apposta? Chiedere ai soggetti come vogliono essere fotografati oppure non coinvolgerli? All’inizio c’era anche un po’ di titubanza sui permessi, su cosa dire al preside della scuola… ma, alla fine, Carlo è riuscito a conquistare la simpatia di tutti e addirittura ad avere la collaborazione di alcuni insegnanti che ora aiutano gli studenti nella stesura dei testi. Sì, perché questo progetto diventerà un libro autoprodotto, una testimonianza di come le classi della scuola coinvolta hanno affrontato la pandemia. E durante gli scatti ne sono successe molte, non ultima la quarantena di una classe dopo che un ragazzo era risultato positivo al Coronavirus.
Al ciclo di lezioni Raccontare Con I Ritratti hanno partecipato studenti con preparazioni molto diverse, alcuni professionisti e la maggior parte amatori. Il mio approccio, però, è un po’ particolare e queste differenze diventano una ricchezza.
Nonostante le lezioni fossero online, ho organizzato gli incontri in modo che i partecipanti potessero interagire e collaborare. Hanno anche ricevuto parecchie email di istruzioni e ispirazioni. Con tuti questi stimoli, si è spesso sforato oltre l’orario per permettere a tutti di intervenire e per rispondere a tutte le domande. Per il prossimo ciclo di lezioni ho previsto più appuntamenti. Sono curioso di vedere chi si iscriverà, ogni gruppo è una combinazione diversa e ogni partecipante contribuisce alla buona riuscita del corso: è sempre una nuova avventura.
Il prossimo ciclo di lezioni Raccontare Con I Ritratti si terrà dal 12 Maggio al 23 Giugno, tutte le informazioni su questa pagina.
Gli autori e i loro siti:
Daniela Giannecchini, fotografa
Sascha Schulz, fotoamatore
Daniele Castellani, fotografo
Simone Renoldi, appassionato di fotografia
Antonella Fabbreti, fotoamatrice
Mariella Rizzotti, fotoamatrice
Carlo Livio, fotoamatore