C’è una galleria d’arte decisamente inusuale, sostiene finanziariamente le ricerche dei fotografi che rappresenta senza preoccuparsi troppo delle vendite. E le vendite poi arrivano, perché il lavoro sviluppato è di qualità. Dov’è questa galleria? In India, a Mumbai. Sono andato a trovarli. Galleristi italiani, leggete.
Jayesh Kumar Sharma è un giovane fotografo indiano che ha esposto per la prima volta in Italia al Mia lo scorso Marzo. Il pubblico ha dimostrato di apprezzare molto il suo lavoro e anche le vendite sono state soddisfacenti.
Le foto esposte facevano parte della serie sul Kushti, la lotta tradizionale indiana che sta scomparendo. Jayesh ha incominciato a scattare quella serie sette anni fa ed è riuscito a viaggiare in tutta l’India e dedicare il tempo necessario per approfondire il tema grazie al sostegno della galleria Nine Fish. Per sviluppare il suo progetto, Jayesh ha dovuto cercare le ultime palestre, conoscere gli atleti e spiegare bene la sua idea. A volte c’è stato bisogno di più tempo per ottenere la fiducia dei lottatori prima di potere scattare. A volte ha dovuto fotografare più del previsto, trovare un modo di rendere quell’atmosfera, studiare le inquadrature difficili. Tentativo dopo tentativo, il suo linguaggio visivo si è affinato e ha trovato un taglio personale per rappresentare fotograficamente il mondo del Kushti. Non sarebbe stato possibile raggiungere quei risultati senza avere a disposizione il tempo per riflettere e anche per fare qualche errore.
“Gli artisti hanno bisogno delle condizioni giuste per sviluppare le proprie capacità espressive”, spiega Anurag Kanoria, direttore della galleria Nine Fish, “Se devono preoccuparsi troppo di come mantenersi, non hanno la possibilità di dedicare abbastanza attenzione all’arte. Noi galleristi possiamo aspettare che coltivino il proprio talento da soli, magari tra molte difficoltà, oppure aiutarli a maturare. Quando io individuo delle buone potenzialità artistiche, valuto la possibilità di sostenerle”.
Con Jayesh è andata proprio così. Dieci anni fa Anurag aveva bisogno di qualcuno che fotografasse i mobili del suo negozio di design e si sono incontrati per quel motivo, però… “mi ero accorto che quel giovane fotografo aveva del talento e cominciai a studiarlo. Quando fui sicuro delle sue capacità, gli proposi di sviluppare delle serie di foto d’arte. Lo avrei sostenuto io. Per lavorare in modo approfondito ed articolato ad un progetto artistico, spesso occorre molto tempo. Infatti ho cominciato ad investire sulla carriera di Jayesh cinque anni fa e credo che ce ne vorranno almeno ancora un paio prima che cominci a vendere bene. Già adesso vediamo i primi risultati.”
“Ma se i risultati non dovessero mai arrivare?”, chiedo. “È un rischio che dobbiamo prendere“, mi risponde affabilmente lapidario, “sarebbe peggio se un artista non avesse la possibilità di creare perché impegnato a fare altro per mantenersi”.
Anurag è di poche parole e di molta sostanza. Non solo incoraggia la carriera dei fotografi indiani che rappresenta – o meglio, che rappresenterà quando saranno pronti – ma anche quella di alcuni pittori, scultori e ceramisti. Gli artisti ricevono uno stipendio mensile e le spese di viaggio quando occorrono per sviluppare un corpus di opere coerente e armonioso.
Ma come fa a finanziare tutto ciò? Fino a qualche anno fa era il suo negozio di design a permettere le attività a sostegno degli artisti. Adesso c’è una struttura ideata apposta. Me lo spiega Gourmoni Das che è approdato alla galleria nel 2016 ed ora è il curatore della maggior parte delle mostre: “Alla galleria abbiamo affiancato una fondazione che riceve donazioni da parte di filantropi, privati e aziende. Lo scopo della fondazione è proprio quello di sostenere l’arte e gli artisti ed è l’alleato ideale per riuscire a facilitare al massimo la produzione creativa dei talenti indiani che accogliamo. Se individuiamo spiccate doti creative, cerchiamo di facilitare al massimo la loro espressione. Ecco perché non siamo così focalizzati sulle vendite. Possiamo permetterci di dare spazio a ciò che gli artisti vogliono esprimere. Le opere in mostra hanno comunque successo commerciale perché con molto lavoro di ricerca si può sviluppare molta qualità”.
Gourmoni è il fondatore e direttore della fondazione. In genere è lui che si occupa della prima selezione degli artisti emergenti e quando individua qualcuno di interessante si confronta con Anurag e inizia il lavoro di squadra. Una attività che è molto facilitata anche dallo spazio fisico nel quale operano. Quella che per semplicità viene chiamata la Nine Fish Gallery, è in effetti composta da tre grandi gallerie d’arte che possono esporre contemporaneamente mostre anche molto diverse. Si trovano all’interno di un complesso architettonico nato nel 1854 per ospitare delle manifatture tessili di proprietà della famiglia di Anurag. Ora, oltre alle gallerie d’arte, c’è uno studio di design, un grande negozio di arredi antichi, diversi laboratori di pittura, scultura, fotografia, stampa, ceramica e gli alloggi che ospitano le residenze d’artista.
“Inizialmente qui c’era solo il negozio The Great Eastern Home con i suoi mobili vintage, oggetti d’antiquariato, dipinti, manufatti e rari oggetti da collezione provenienti da tutto il mondo”, spiega Anurag, “poi ho cominciato a dare più spazio all’arte, anche perché chi arreda una casa spesso vuole comprare delle opere e i collezionisti d’arte potrebbero essere interessati all’arredamento. Adesso, molti dei nostri clienti si avvicinano a noi unicamente per le mostre che organizziamo e sono collezionisti”.
Già dieci anni fa, Anurag aveva cominciato ad ospitare residenze d’artista per incoraggiare il lavoro di giovani scultori e ceramisti indiani le cui opere venivano vendute nel negozio. Era l’inizio di una svolta verso l’arte che si è poi consolidata grazie alla collaborazione con Gourmoni, conosciuto otto anni fa. “Ci incontrammo per il suo lavoro d’artista e mi colpì l’enorme entusiasmo che lo caratterizzava. Mi sembrò che il suo talento avrebbe potuto esprimersi bene nella curatela e nella gestione degli artisti. Era molto intraprendente e gli proposi prima di collaborare come curatore junior, poi gli affidai due mostre e ora cura la maggior parte delle esposizioni e segue anche le residenze d’artista.”
In realtà, già prima del loro incontro, Gourmoni aveva cominciato a sviluppare un progetto di residenze d’artista molto interessante. “Quando frequentavo la scuola d’arte”, racconta, “mi ero reso conto che il talento è importante, ma è quasi impossibile avviare una carriera artistica senza un solido supporto economico. Continuavo a pensare che genere di iniziativa avrebbe potuto sostenere gli albori delle carriere artistiche. Finiti gli studi ebbi l’idea di creare delle occasioni perché i giovani artisti come me potessero confrontarsi con artisti più esperti. Dovevo trovare dei finanziamenti. La scuola mi aveva commissionato un murales e decisi di investire quei soldi nel mio progetto. Naturalmente non bastavano, ma uno dei miei insegnanti credeva molto in me e volle sostenermi. Quella fu la prima donazione. Poi si aggiunsero le donazioni dei miei genitori e dei loro amici. Ci fu anche una famiglia che mi mise a disposizione la casa delle vacanze dove dal 14 al 17 aprile del 2016 realizzai quello che avevo sognato. I giovani artisti e quelli più esperti ebbero modo di confrontarsi, discutere, imparare e trovare nuove ispirazioni. Alla fine ognuno mi regalò un’opera. L’esperienza fu così positiva, che presto riuscì ad organizzare un secondo incontro. A quel punto avevo 16 opere d’arte e pensai che avrei potuto organizzare una mostra. Quando incontrai Anurag, lui stava pianificando di aprire una galleria d’arte. Mi sembrò l’occasione ideale per parlargli del mio progetto e dopo poco nacque la galleria Nine Fish presto seguita dalla fondazione Dot Line Space.”
L’entusiasmo creativo di Gourmoni, unito alla solida preparazione imprenditoriale di Anurag, definirono una strategia ben precisa per la galleria. Nei grandi locali dedicati alle esposizioni cominciarono ad alternarsi mostre che spaziavano tra le diverse espressioni artistiche. Per pittura e scultura era più facile prevedere le vendite e avrebbero potuto compensare gli eventuali insuccessi delle mostre di fotografia il cui mercato era ed è sensibilmente meno sviluppato.
“Cominciammo con fotografi del calibro di Pablo Bartholomew”, spiega Anurag, “che assicurarono un buon risultato. In seguito, fu più facile introdurre al pubblico dei giovani talenti che noi amiamo particolarmente incoraggiare. Oggi abbiamo un gran numero di mostre in programma e il pubblico che ci segue ha fiducia nelle nostre scelte.”
Con gli artisti che la galleria sostiene vengono pianificate le mostre con anni di anticipo in modo che abbiano la possibilità di sviluppare i propri progetti. Poi ci sono le residenze che ora si avvicendano con una certa frequenza e durano mesi. “Per me, ogni artista è come un monaco”, spiega Gourmoni, “e questo è un monastero per artisti. Lo considero un tempio, dove non ci sono classificazioni e tutti sono uguali. È uno spazio nel quale ci sono le condizioni per sviluppare la propria arte e, quando si è pronti, farsi conoscere”.
Ma Gourmoni ha smesso di dedicarsi alla produzione artistica? Certo che no. Mi accompagna visitare il suo laboratorio di ceramica dove sviluppa un gran numero di opere, alcune piccolissime e altre molto grandi. Ora ne sta finendo una che spedirà fuori dall’India. Mi guardo intorno e vedo tanti laboratori come il suo attrezzati per dipingere, stampare, scolpire… e poi ci sono i fotografi. È una fabbrica di talenti. Un esempio di come incoraggiare l’arte e fare nascere nuove generazioni di artisti.
Non resisto e chiedo: “A quando una filiale in Italia?”
“Per adesso ci occupiamo solo di artisti indiani”, mi rispondono, “ma ci sono collezionisti italiani che comprano i nostri artisti e in Italia veniamo spesso. In futuro… chissà.”
Enzo Dal Verme
Workshop Ritratto