Perché ancora non abbiamo una modalità “beauty” come quella degli smartphone anche sulle fotocamere?
È innegabile che il software farà sempre più la differenza in campo fotografico. Io uso spesso una vecchia Lumix LX100 comodissima, piccola e con un buon 24-74 Leica su m4/3. Da quando passo i RAW a DxO Photolab 6 mi sembra di aver acquistato una fotocamera nuova. Analogamente, la correzione delle line cadenti di tale programma è formidabile e per esigenza amatoriale (e vorrei dire anche semi pro) non fa rimpiangere un’ottica shift.
Con questi presupposti, da qualche anno mi chiedo perché i produttori di fotocamere, con la sola parziale eccezione di Olympus, non utilizzino la fotografia computazionale che ha dato prova di fare miracoli sugli smartphone. Su fotocamere APS-C e FF i risultati dovrebbero essere stellari e con algoritmi attivabili a piacere si soddisferebbero sia i puristi dell’immagine ottica sia quelli che apprezzano le elaborazioni software. Le ragioni che ho letto fino ad ora non mi convincono molto: si parla di scarsa potenza di calcolo delle fotocamere, di strategie commerciali, di mancanza di know-how, di imperfezione degli algoritmi. Che ne pensate? Concludo con un esempio paradossale: mi è capitato di fare alcuni ritratti a signore con la reflex e di sentirmi dire che il loro economico smartphone faceva foto migliori. In effetti con il “miglioramenti viso” le immagini risultavano più “gradevoli”. Avere una simile possibilità anche sulla reflex sarebbe solo una comodità in più e nulla taglierebbe a chi vuole fare scatti “oggettivi”.
– Massimo
Ha ragione riguardo all’esempio fatto nel ritratto alla signora: soprattutto ai non esperti, i risultati degli smartphone appaiono spesso così superiori a quelli della fotografia propriamente detta da screditare il settore e non giustificare più la spesa nemmeno per il fotografo, oltre che per la fotocamera. Cerchiamo però di capirci meglio, togliendo dall’equazione le Reflex e i modelli più datati e guardando alle novità.
Prima di poter abbracciare la fotografia computazione anche nel segmento fotografico le aziende hanno aspettato che “maturasse”. Fino a circa un paio di anni fa, le maschere AI applicate alle immagini su smartphone erano tutto fuorché perfette: sbavature nell’applicare le texture, colori troppo saturi, sfocati non precisi. Non potendo ancora fidarsi appieno, la AI è entrata nel segmento foto “dalla finestra”, ovvero tramite i software di editing; corretto il suo esempio per quanto riguarda DxO ma non è certo l’unico, basti pensare alle nuove versioni di Photoshop e Lightroom e a tanti altri programmi come Luminar, Topaz e via dicendo. Oggi però questi problemi sembrano siano ormai superati e l’intelligenza artificiale sta pian piano approdando anche sulle fotocamere.
Dove? In primis sul sistema AF, come fatto recentemente da Sony e da Fujifilm. I nuovi sistemi di messa a fuoco sono mossi da chip “allenati” con AI, quindi in grado di rilevare più soggetti differenti anche in condizioni solitamente impossibili e prevederne i movimenti. Cosa che fanno anche gli smartphone. Tornando al tema centrale, quello delle maschere digitali, qualche novità si sta cominciando ad intravedere. Su Canon EOS R8 ad esempio sono presenti nella modalità A+ (Automatica): c’è un nuovo effetto bokeh che permette uno sfocato che non dipende dalla resa dell’ottica montata (quindi è digitale, non solo automatico), ci sono “filtri” per avere immagini più vivide e sature. Certo, ancora presuppongono una certa “manualità”, ovvero di selezionare manualmente il grado di intervento della maschera voluta, ma sono un inizio. Molto probabilmente sui modelli che usciranno in questi anni si comincerà a vedere qualcosa in più. Proprio come accade sugli smartphone, anche le aziende della fotografia dovranno sviluuppare dei chip dedicati solo all’AI (Sony già lo fa, Fujifilm e Canon non ancora), un processo leggermente più complicato per questioni di tempo: dato che non si possono aggiornare via firmware, ogni nuovo intervento sulla AI presuppone un nuovo modello. E si sa, il ricambio generazionale sugli smartphone avviene di anno in anno mentre le fotocamere sono molto più longeve.
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