In occasione dei 110 dalla sua nascita, il Mudec Milano celebra il grande Robert Capa con una retrospettiva di oltre 80 immagini tra le quali anche alcuni scatti inediti del reportage in Unione Sovietica del 1947.
Mudec Photo giunge alla sua sesta grande mostra fotografica: dopo aver proposto Steve McCurry, Elliott Erwitt, Tina Modotti ed Henri Cartier-Bresson, ecco anche una grande retrospettiva su Robert Capa definito “il più grande fotoreporter di guerra del mondo”. Curata da Sara Rizzo, la mostra ripercorre vent’anni di storia del Novecento attraverso vari reportage di guerra: dal primo, realizzato a Berlino e Parigi, all’ultimo in Indocina, dove all’età di 40 anni troverà la morte.
“Se le tue foto non sono abbastanza buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino”
Robert Capa
Sempre in prima linea, è stato il “testimone” per eccellenza. La sua vita è trascorsa con i soldati, ha preso parte in prima persona agli sconvolgimenti del fronte armato solo di macchina fotografica. Robert Capa, all’anagrafe Endre Ernő Friedmann, non era un pacifista: era convinto che la guerra andasse documentata per permettere a chi non la stava vivendo di prendere una decisione autonoma a prescindere dalle campagne comunicative fuorvianti del periodo storico di riferimento. Il Mudec si concentra sulla sua produzione da fotoreporter.
Il suo essere sempre al centro dell’azione, il suo “disubbidire” alle regole prestabilite, ha fatto sì ad esempio che la sua immagine di Lev Trotsky fosse la prima della storia a finire in prima pagina su un giornale. A quella conferenza del 1931 l’accesso ai fotografi era vietato, Trotsky non amava le immagini di sé, temeva per la sua vita; ma lui si infilò di nascosto una piccola Leica in tasca con la quale riuscì a portare a casa un servizio rubato, un intero rullino. Questo tentativo di essere sempre al centro della scena è il preludio di quello che sarà Robert Capa per la storia della fotografia.
Fotografa cinque guerre. La prima è la guerra civile spagnola, la guerra appassionata, che lui sente molto vicina a sé perché la considera il fronte occidentale di una lotta ai totalitarismi che stanno dilagando nel mondo. Il fronte orientale è ovviamente la guerra sino-giapponese, la seconda che lui andrà a fotografare. E poi la seconda guerra mondiale, la prima arabo israeliana e quella in Indocina dove poi troverà la morte.
Oltre a queste sezioni anche due reportage di viaggio; uno dedicato ad Israele e, fiore all’occhiello della mostra, quello sulla Russia con un totale di 15 opere mai mostrate in Italia. Sono il risultato del suo viaggio oltre alla cortina di ferro assieme all’amico John Steinbeck, scrittore considerato conforme al realismo socialista sovietico e quindi ammesso oltre confine. Assieme, nell’estate del ’47 poco dopo la fondazione di Magnum, permangono a Mosca per scoprire come la gente vive in URSS; le foto vengono sottoposte al vaglio della censura prima del loro rientro, circa 4000 scatti. Stalingrado, Kiev e Tbilisi. Un viaggio attraverso le fattorie collettive e le rovine del territorio.
“Più vai a Est, con una macchina fotografica, meno piaci alla gente per molte, moltissime ragioni: e la maggiore parte non sono buone”
Robert Capa
Persone che hanno perso tutto, la ricerca di una testimonianza. Lui, che è sempre stato un reporter d’assalto, che ha preso parte allo sbarco in Normandia e si è fatto paracadutare oltre la linea del Reno insieme agli americani. “Un imperativo categorico che lui dà a sé stesso, un ordine morale che lo porta poi a morire sul fronte a soli 40 anni” come ha spiegato Sara Rizzo, curatrice della mostra.
“Come fotografo di guerra, spero di rimanere disoccupato per il resto della mia vita”
Robert Capa
Robert Capa – Nella storia si articola in sette sezioni. “1932-1937: gli esordi a Barlino e Parigi”, dalla famosa immagine di Trotsky all’ascesa di Hitler, quando si trasferisce a Parigi e conosce Henry Cartier-Bresson, David Seymour e Gerda Taro e documenta le manifestazioni, gli scioperi e la vittoria del fronte popolare.
“1936-1939: guerra civile spagnola”, dove fotografa assieme alla sua compagna Gera Taro, che verrà uccisa durante la battaglia di Brunete, gli scontri armati contro i repubblicani e l’arrivo delle brigate internazionali. Documenterà anche l’avanzata di Franco e l’esodo dei repubblicani verso la Francia.
“1938: seconda guerra sino-giapponese” nella quale arrriva come assistente di regia per il progetto della moglie del generalissimo Chiang Kai-shek. In quell’occasione ritrae per Life i leader nazionalisti del Fronte unito e testimonia i bombardamenti dei giapponesi su Hankou.
“1944-1945: seconda guerra mondiale”, dallo sbarco a Omaha Beach alla liberazione di Parigi dove testimonia non solo la gioia delle manifestazioni ma anche gli ultimi scontri con i cecchini tedeschi. Visita anche Lipsia e documenta quel che rimane di Berlino.
“1948-1950: nascita dello Stato di Israele” dove fotografa la fondazione ufficiale dello Stato e la prima seduta di Governo. Ma anche la guerra di indipendenza, gli scontri nel deserto del Negev e l’assedio di Gerusalemme.
“1954: guerra d’Indocina”, spedito da Life ad Hanoi per immortalare l’evacuazione dei soldati francesi prigionieri durante la battaglia di Dien Bien Phu. Fu la sua ultima battaglia. Il 25 maggio durante una missione si trova coinvolto in una guerriglia e, durante una sosta, calpesta accidentalmente una mina antiuomo. Fu il primo corrispondente americano a cadere in Vietnam.
Robert Capa – Nella storia
11.11.2022 / 19.03.2023
Mudec
Milano