Sei grandi autori intervistati viaggiando nel tempo ci rivelano quello che forse non hanno mai nemmeno pensato. O forse sì.
E se potessimo incontrare i fotografi del passato?
«Giovanotto, voi mi fate sorgere il sospetto che mi sia sopravvissuta una fama molto parziale…», confida Nadar a Michele Smargiassi e quasi si stupisce di non essere passato alla storia per i suoi ritratti e non per altri meriti. Si autodefinisce imprudente fino alla temerarietà, senza misura né ritegno, esagerato in tutto, impaziente e molto altro. Era davvero questo il temperamento di Nadar? E quando è avvenuto questo dialogo? Mai, naturalmente.
L’autore ha immaginato di potere viaggiare nel tempo e intervistare sei grandi fotografi del passato come se si trattasse di una cosa del tutto normale. «Sono un giornalista, vengo dal prossimo secolo. Lei è W. Eugene Smith?» I dialoghi immaginari di “storiografia eventuale, ipotetica o sperimentale” sembrano quasi un copione teatrale, una sceneggiatura con tanto di indicazioni tra parentesi per chiarire lo stato d’animo col quale le battute vengono pronunciate.
Vivian Maier (Distoglie lo sguardo, balbetta) prima di dire «No…no…». E ancora: «Ma come si permette?» (si rabbuia) rispondendo ad una domanda impertinente.
I dialoghi sono certamente avvincenti, la lettura veloce e piacevole. Ad ogni persona intervistata viene attribuita una visione della fotografia che forse non era esattamente quella. D’altra parte l’autore ci avvisa all’inizio del libro: le conversazioni sono inventate, non hanno la pretesa di essere totalmente verosimili o storiche. Forse alcune delle cose fatte pronunciare ai protagonisti non avrebbero mai potuto essere nemmeno pensate, eppure altre vengono dritte dritte da vecchie interviste studiate dall’autore. Insomma il lettore non può sapere dove finisce la ricostruzione storica e dove inizia la fantasia. E forse questa confusione dichiarata tra saggistica e fiction è la caratteristica che rende gradevole la lettura. Sarà andata proprio così? Sì? No? È questo che pensava? Non importa, la veridicità storica si prende un po’ con le pinze e ci si immerge nella lettura delle domande poste con lo spirito e le conoscenze di chi ha viene dal futuro. Incontri immaginari che prendono in giro la nostra concezione del tempo e ci fanno incontrare chi adesso non c’è più e ci racconta qualcosa di sé. Ogni intervista impossibile è preceduta da una scheda – questa sì – storica che inquadra bene il personaggio e aiuta il lettore ad apprezzare meglio quello che segue.
Michele Smargiassi, “Voglio proprio vedere”.
Interviste impossibili, ma non improbabili ai grandi fotografi.
Nadar, Eugène Atget, Tina Modotti, Robert Capa, Vivian Maier, W. Eugene Smith.
Contrasto, 156 pagine, 38 fotografie in bianco e nero, € 24.90