Le immagini di Ko Chung-ming
Nei giorni scorsi sono usciti i nomi dei finalisti dei Sony World Photography Awards 2020. Le immagini ve le abbiamo proposte tutte, o quasi (ora l’articolo è aggiornato) dato che all’elenco mancavano le immagini di Ko Chung-ming, fotografo di Hong Kong che ha documentato le proteste di questo periodo.
Le proteste a Hong Kong non mostrano segni di riduzione dopo mesi di violenti combattimenti. Ciò che è iniziato come un’obiezione al disegno di legge di estradizione si è evoluto in una protesta globale per quanto riguarda il futuro della città. Ci sono stati numerosi esempi di brutalità della polizia: i manifestanti sono stati picchiati con bastoni (provocando fratture ossee), sottoposti a molestie sessuali e persino feriti con proiettili. Da allora alcuni hanno sviluppato un disturbo post-traumatico da stress (PTSD) a seguito delle loro esperienze. Questo livello di brutalità non riguarda solo i manifestanti, ma anche tutti i comuni cittadini di Hong Kong. Sebbene l’abuso di potere da parte della polizia sia stato registrato in video, finora nessun agente è stato indagato o punito. “La lotta dell’uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio”, ha suggerito l’autore Milan Kundera. Cicatrici e lividi possono svanire, ma dobbiamo ricordare cosa li ha causati. Ecco le ferite delle vittime. – Ko Chung-ming
Wounds of Hong Kong, questo il titolo del progetto finalista della categoria Documentary e composto da dieci immagini che documentano gli infortuni e le cicatrici subite dalle persone durante le proteste democratiche della città. La preview che solitamente ci viene messa a disposizione in quanto “stampa” dalla World Photography Organisation contiene due immagini per fotografo e comprende sia i finalisti che gli shortlisted: le uniche immagini mancanti in questo pacchetto erano effettivamente quelle di Ko Chung-ming. Dato che il fotografo ha rilasciato una intervista ad HKFP (Hong Kong Free Press), oltre a comunicare la situazione anche su Facebook, la WPO ha comunicato che “La rimozione o la tardiva pubblicazione di alcune immagini fa parte di un processo standard che veine messo in atto in questo tipo di situazioni – ovvero quando viene sollevata una preoccupazione circa la natura sensibile delle immagini”.
Proprio oggi infatti, forse a seguito della segnalazione da parte del fotografo o dell’esaurirsi dell’iter previsto per la revisione delle immagini, le foto di Ko Chung-ming sono state aggiunte all’elenco dei finalisti. Il fotografo non ha lamentato censura ed in effetti sembra proprio così: quelle proposte sono foto che non mostrano violenza diretta. Quelle invece più forti (e che ripubblichiamo qui), sono state invece diramate dal fotografo proprio sui social media.
Come sostiene anche il fotografo, quanto accaduto non è certamente additabile come censura. La World Photography Organisation, che ricordiamo organizza il concorso fotografico a più grande partecipazione del mondo, è solita promuovere e premiare fotografi che raccontano situazioni considerate politicamente o umanamente difficili anche perché uno dei “poteri” della fotografia è proprio quello della denuncia e uno dei suoi fini dovrebbe essere sempre quello di sensibilizzare lo spettatore. Ricordiamo infatti le edizioni passate: nel 2017 Alessio Romenzi ha vinto la sezione Current Affairs con “We are taking no prisoners” sulla liberazione di Sirte dai miliziani dell’ISIS; nel 2016 il vincitore assoluto fu Asghar Khamseh con “Fire of Hatred”, lavoro di denuncia sugli attacchi con l’acido verso donne e bambini iraniani. Questo per i vincitori, ma la sezione degli shortlisted è piena di progetti fotografici simili.
O come Martyn Aim, Luis Henry Agudelo Cano e Rasmus Flindt Pedersen nel 2018, solo per citarne alcuni altri.