Dopo i megapixel, i punti autofocus e la stabilizzazione, i possibili campi di sfida tra grandi aziende sembrano essere terminati. O forse no.
Inutile negarlo: si vendono meno macchine fotografiche. Come ho detto tante volte non credo dipenda dall’avvento degli smartphone che, anzi, hanno ridato un forte interesse verso la fotografia e l’hanno resa alla portata di tutti; ma le aziende si sono sempre arroccate nelle loro posizioni, perdendo terreno e proseliti. Dato che uno smartphone ormai ha una resa degna di nota (imparagonabile a quella di una macchina ma per 70% delle persone là fuori basta e avanza), le vendite di compatte e reflex entry hanno cominciato a calare drasticamente fino a quasi a scomparire..e nel passato, erano questi modelli che reggevano “la baracca”. Mancando questi ingressi ora le aziende soffrono e soffriranno fino a quando non modificheranno le loro linee di produzione, anche perché ora i prodotti che vendono tanto sono quelli di altissimo profilo e mirrorless. Alcune si stanno ridimensionando proprio ora.
Dall’avvento del digitale prima e delle mirrorless poi, le case produttrici hanno cominciato una vera e propria battaglia tecnologica offrendo prodotti sempre più performanti e con caratteristiche da top di gamma professionale, d’altronde la fetta di mercato bassa è stata sostituita dagli smartphone. Questo fa sì che anche un prodotto marchiato come “entry” ad oggi sia quasi esagerato. E il campo di battaglia si è aperto sulle caratteristiche: megapixel, sistema AF, stabilizzazione. Questa tattica ha sicuramente pagato in termini di vendite ma ha anche reso il pubblico esageratamente esigente e un po’ cieco rispetto alle sue priorità – come se, ammettiamolo, l’8K servisse a tutti. Ora però questo terreno non è più così fertile: ogni prodotto ha almeno 24/30/50 Mpxl, almeno 400 punti AF, è stabilizzato. Il margine si assottiglia.
Quindi, le app. Molto spesso quando pensiamo ad un’app la releghiamo ad una icona su uno smartphone o tablet. Ma non è così. Questo principio vale solo per il sistema Android che è molto frammentato e ingestibile, non certo per iOS che dalla sua (oltre ad iPhone e iPad) ha anche i Mac e i MacBook, dispositivi che sono forse la prima scelta per un fotografo, un grafico o un designer: ecco perché molte “app” escono prima per iOS, perché quello di Apple è un ecosistema, basti pensare alla soluzione di continuità e all’interfaccia che Adobe riesce a dare su iOS con Photoshop e Lightroom. Tralascio il discorso Microsoft – perché ritengo che abbia perso il treno per fare le cose “in un certo modo” quando ha abbandonato il marchio Lumia, rinunciando a competere seriamente con Apple. Detto questo, le app sono importantissime.
Ma ecco, veniamo al caso particolare: Sony. Negli ultimi due anni ha rilasciato due applicazioni utilissime per un professionista: Transfer & Tagging e Visual Story, la prima dedicata ai fotografi sportivi la seconda ai matrimonialisti, entrambe nate e pensate per facilitare il lavoro sul campo. Entrambe si connettono ad uno smartphone/tablet tramite Wi-Fi. Transfer & Tagging permette di spedire gli scatti via FTP (fino a 20 canali) ma soprattutto di applicare e convertire testi in voicetag: chi lavora con le agenzie media sa quando siano importanti questi aspetti e quanto sia funzionale non dover perdere tempo a fare queste operazioni in post; stesso pensiero immagino sia quello di chi le riceve e lavora ad un desk remoto. Forse anche questo è stato uno degli aspetti che hanno valutato alla Associated Press quando hanno deciso di affidarsi unicamente a Sony per la loro attrezzatura.
Visual Story è invece una app crea un vero e proprio book fotografico di eventi su cloud: crea una galleria di immagini dell’evento che si sta coprendo e grazie all’Intelligenza Artificiale le organizza in base a metadati, valutazioni a stelle, tempi di ripresa, messa a fuoco, fotocamera utilizzata e scena ripresa (scambio degli anelli, balli, taglio della torta). Consente al fotografo anche di caricare e applicare automaticamente dei preset alle fotografie, per poter dare al cliente un’anteprima più fedele di quello che sarà il lavoro finale o di consegnarlo così com’è. Immediatamente dopo lo scatto.
Sul campo, a bordo pista, non hai certo un PC; un servizio matrimoniale porta via tanto tempo per la selezione delle immagini. Quello che sta facendo Sony mi sembra quindi lampante: fornisce uno strumento professionale, crea un ponte istantaneo tra professionista e cliente, aumentando di conseguenza la flessibilità e la velocità (al giorno d’oggi viviamo l’esasperazione del chi prima arriva meglio alloggia) del suo lavoro.. ma soprattutto la possibilità che questo paghi di più. Le app diventano quindi un valore aggiunto per il fotografo e, se usate bene, potrebbero aprire nuovi sbocchi lavorativi. Ed è questo che, soprattutto oggi che la concorrenza è spietata, un professionista cerca.
E gli altri? Se cerchiamo nel panorama della concorrenza una varietà simile, con le potenzialità che si porta dietro, ad oggi non la troviamo. Tutte le macchine professionali permettono la comunicazione via FTP..ma non tutte direttamente tramite uno smartphone, non tutte in grado di sfruttare cloud e AI, non tutte utili per generare un vero e proprio servizio, ad esempio.
Insomma, questo sarà il campo di battaglia del futuro: trasformare la macchina fotografica non più in un semplice mezzo, ma in un vero e proprio servizio al cliente. Ampliando così le possibilità di guadagno del fotografo..che alla fine è questa la cosa più importante.
Spero che al più presto anche gli altri produttori comincino ad offrire simili servizi al fotografo e che non perdano troppo tempo per svilupparli. Significherebbe perdere terreno nei confronti della concorrenza.