Sony presenta il nuovo FE PZ 16-35mm F4 G, zoom che va a rinverdire il sistema di ottiche Power Zoom che mancava di una spinta nel pieno formato.
Sembrava che Sony avesse messo da parte il sistema PZ. In un certo senso “me ne lamentai” durante la prova di ZV-E10: un corpo di qualità aveva bisogno di ottiche altrettanto capaci, ma a listino non ce n’erano poi molte. Parliamo di un E PZ 16-50mm F3.5-5.6, un E PZ 18-105mm F4 e un E PZ 18-200mm F3.5-6.3 per fotocamere APS-C e un FE PZ 28-135mm F4 per Full Frame, abbastanza datate e con costruzioni non troppo sofisticate. In ambito video invece ci sono un professionale FE 16-35mm T3.1 e un versatile E PZ 18-110mm F4. Insomma, un’alternativa che andasse “bene per tutto” mancava.
A dire il vero però il parco non si è davvero rinnovato. Sony prosegue nel suo intento di “staccarsi” lentamente da Zeiss andando a bissare una focale già esistente, dato che a listino è presente FE 16-35mm F4 ZA OSS di manufattura tedesca per Full Frame. Ma, come spesso accade, lo va anche a migliorare: è più compatto, è più leggero, ha una costruzione interna più complessa, ha più elementi speciali, ha un maggior rapporto di ingrandimento. E ha lo stesso prezzo. Non male.
La divisione in segmenti foto/video fatta poco sopra potrebbe cadere a breve però. Le nuove proposte Sony sono più ibride che in passato, ideali sia per foto che per video, come il recente FE 70-200mm F2.8 GM II che minimizza il focus breathe. Anche questo lo fa ma dalla sua può contare su un aspetto importante come l’escursione focale elettronica; un plus per il video, dato che consente transizioni continue molto più fluide rispetto alle manuali e che permette l’utilizzo di supporti mototizzati come i dolly, ma un valido aiuto anche in foto per passare rapidamente da 16mm a 35mm senza cambiare posizione alla mano.
Se devo dirla tutta, memore degli esempi precedenti, ho sempre considerato le PZ abbastanza amatoriali..ma qui le cose cambiano. Ha una qualità invidiabile, proprio come i recenti Sony G (esempio lampante la prova di FE 50mm F2.5 G) ed è comodo quanto basta per essere utilizzato anche su ZV-E10 data la sua leggerezza. In quest’ultimo caso poi, la qualità aumenta dato che la superficie sensibile si riduce. E poi il peso davvero irrisorio.
La costruzione interna più complessa permette quindi di avere maggiore qualità. Credo che le due opzioni, quella Sony e quella Zeiss, si bilancino per risultato fotografico ma la versione nativa è sicuramente più compatibile con i moderni sistemi AF ed è più precisa nella gestione dello sfocato. Nonostante poi sia costruito in plastica e non in metallo è comunque a prova di intemperie ed infiltrazioni, come un’ottica votata all’outdoor – e quindi natura, paesaggio e archietttura – deve essere. Tutto in linea con la moderna offerta della linea G che negli ultimi anni è migliorata tantissimo; un aspetto rilevato anche recentemente, quando ho provato sul campo FE 50mm F2.5 G.
Direi che questo inizio può anche essere considerato come una brevissima review in pillole, ora andiamo a vederlo più da vicino.
La costruzione, come anticipato, è complessa: 13 elementi suddivisi in 12 gruppi. All’interno due lenti AA per correggere l’astigmatismo, una lente ED e una lente asferica ED per sopprimere le aberrazioni cromatiche e sferiche, una lente asferica, una lente Super ED e un diaframma è arrotondato a 7 lamelle. Il tutto in una dimensione di 88 x 85mm e un peso di soli 350 grammi. Il barilotto è a prova di infiltrazioni di polvere ed umidità inoltre la messa a fuoco è di tipo IZ quindi non va in estensione e non ruota, un’ulteriore garanzia contro gli agenti atmosferici e l’usura.
Le ghiere sono tre. Ce n’è una per l’apertura, una per la gestione manuale dello zoom e una per la quella della messa a fuoco manuale in MF oppure per le microregolazioni in AF+MF. I pulsanti sono invece in tutto cinque. Lato destro troviamo il De-click e poco sopra l’Iris Lock; il secondo non blocca ogni singolo stop di apertura ma unicamente la posizione automatica A: se si è già in A blocca tutta la ghiera, se si è nei vari stop va ad isolare la posizione A e a renderla irraggiungibile. Sul lato sinistro ci sono invece il selettore AF/MF, il pulsante personalizzabile e lo slider W/T (Wide/Tele) per l’escursione dello zoom.
Il peso è davvero “piuma”: 353 grammi contro i 518 grammi del suo corrispettivo Zeiss. La distanza minima di messa a fuoco a 16mm è di soli 28 cm e a 35mm di 24 cm con un rapporto di ingrandimento di 0.23x. Il tutto in un barilotto lungo 88.1mm con un diametro di 80.5mm. Questo modello risolve quindi i problemi che hanno contraddistinto fino ad ora la serie PZ: peso, ingombri, qualità e verticalità.
Di certo non siamo di fronte ad un obiettivo con il quale fare astrofotografia ma l’apertura F4 non deve spaventare. Sony ha fatto notevoli passi avanti in questo caso, sopperendo al ridotto diametro dell’innesto con architettura interne di alto profilo. A livello generale, sia a 16mm che a 35mm il rapporto è sempre molto costante; ad ogni stop perde qualocosina, come c’era da aspettarsi essendo uno zoom, ma veri limiti si presentano solo da f/11 in poi. Anche il rapporto risoluzione/rumore non è male, in generale meglio a 16mm che a 35mm ma non di moltissimo.
FE 16-35mm F4 G ha una perdita di risoluzione molto costante e omogenea ad ogni stop. Fino ad f/8 si comporta molto bene, da f/11 in poi comincia a mostrare dei limiti fino ad arrivare ad f/16 ed f/22 dove questi diventano evidenti.
Alla focale di 16mm la tenuta della risoluzione e del rumore è abbastanza spettacolare: di altissimo livello, ma soprattutto costante, dai 100 ISO fino ai 6400 ISO. Dai 6400 ISO ai 12800 ISO poi perde pochissimo. Il rumore comincia ad aumenta davvero ai 25600 ISO, il penultimo step nativo disponibile su A7 IV: solo a 51200 ISO diventa visibile a file e disturbante a livello visivo.
Alla focale di 35mm il discorso la situazione è molto simile alla precedente, solo anticipata di uno step. Risoluzione e rumore sono perfetti e omogenei fino ai 6400 ISO. Da questo valore in poi il rumore sale in modo più veloce e il breakeven che prima si aveva a 25600 ISO qui si raggiunge ai 12800 ISO. Diventa quindi visibile prima, a 25600 ISO.
La distorsione..beh, quella non c’è. A 16mm c’è un valore di 0.07 a barilotto (le linee esterne si curvano verso l’interno ai bordi dell’immagine), a 35mm è dello 0.0 secco.
“Che vuoi fare con un 16-35mm se non natura e architettura?” Questo è quello che avrei dovuto pensare, o perlomeno quello che una qualsiasi persona normale avrebbe fatto. Invece, vuoi per il maltempo di quei giorni vuoi per altri impegni, ho deciso di buttarmi sull’unico avvenimento disponibile: la manifestazione per la pace in Ucraina di due settimane fa, a Milano. Per quanto un 35mm per la street/reportage sia perfetto, un 16mm può essere anche una trappola: a volte troppo corto, sicuramente troppo ad ampio respiro. Inoltre ammetto molto candidamente di non essere un grande estimatore dei grandangolari, per quanto siano utili in svariate situazioni.
Mi piace però quando le mie granitiche convinzioni vengono meno, come in questo caso. Mi sono piacevolmente ritrovato a “muovermi” tantissimo per trovare l’inquadratura giusta. Focali come un 16mm, un 20mm o un 24mm creano connessione diretta. Il risultato non sarà certo un close up; nonostante la vicinanza tra fotografo e soggetto quest’ultimo sarà piacevolmente immerso in un contesto che lo caratterizza e che racconta una storia. Ma direi basta filosofeggiare troppo. Come si comporta?
La cosa che subito colpisce è il peso irrisorio. Trascorrere un’intera giornata con un kit composto da A7 IV ed FE PZ 16-35mm non stanca. Anzi: facendo un rapido paragone, il mio bundle A7 III con FE 24-70mm F4 ZA pesa quasi il doppio! Che sia tra le mani o riposto in uno zaino, una messanger o un marsupio, è come non averlo. Lo slider per l’escursione dello zoom in alcuni casi è molto comodo: permette di passare velocemente tra 16mm e 35mm senza staccare la mano dal barilotto. Nel mio caso, avendo impostato il pulsante laterale con l’Eye AF, bastava spostare un dito. Certo, per le mezze corse dovrete sempre usare la ghiera dato che è molto più precisa.
A livello cromatico mi è sembrato eccellente. La riproduzione del colore è molto fedele al reale, non c’è mai troppo contrasto e le sbavature non sono pervenute.
Lo sfocato è omogeneo, sia in primo piano che sullo sfondo. Le fonti di luce diretta sono piacevolmente circolari, segno che la costruzione interna e gli elementi utilizzati fanno il loro lavoro. A livello di bokeh c’è da fare un paragone con la sua controparte Zeiss: il tedesco è molto più “pastoso” e morbido, il giapponese è molto più preciso e stacca meglio i piani. Per quanto mi riguarda propendo per il risultato del Sony, ma mi rendo conto sia un aspetto molto soggettivo.
Ottima anche la compatibilità con il sistema AF ad inseguimento: data la nuova costruzione, anche alla distanza minima di messa a fuoco difficilmente perde il soggetto inquadrato.
Sony FE PZ 16-35mm F4 G è un buono zoom grandangolare medio della linea G, quindi adatto a tutti: dagli amatori ai semi professionisti. I suoi indiscussi punti di forza sono la compattezza e il peso piuma che ne fanno un obiettivo adatto ad essere sempre portato con sé; la protezione dalle infiltrazioni di polvere ed umidità è garantita anche dal suo essere Internal Zoom, per cui è votato alla fotografia outdoor. Nonostante la sua apertura F4 non disdegna neanche la fotografia in interni e può essere spinto fino a valori come 12800-25600 ISO senza che il rumore cominci ad essere visibile. Inoltre, essendo PZ, risulta ideale anche per i videomaker consentendo transizioni in entrata e in uscita a velocità costante. Sony FE PZ 16-35mm F4 G sarà disponibile a partire da maggio 2022 ad un prezzo di € 1500.