Xiaomi 15 Ultra
Xiaomi 15 Ultra cattura tutte le attenzioni su di sé per due grandi ragioni. La prima è un “di più”: l’aggiunta di un sensore di grandi dimensioni (quasi 1″) sulla focale da 100mm. La seconda è un “di meno”: la rinuncia al diaframma sulla focale da 23mm..un tratto che aveva contraddistinto la serie Ultra e l’aveva resa unica in un panorama di device forse troppo uguali tra di loro.
Rompere con il passato e guardare al futuro non è mai semplice e, spesso, comporta delle rinunce che non vorremmo mai fare: vale in quasi tutti gli ambiti della nostra vita, dalle amicizie, ai rapporti sentimentali, al lavoro. Ma c’è una cosa a cui non dovremmo mai rinunciare: la nostra unicità, il nostro tratto distintivo, quella peculiarità che solo noi abbiamo e che ci distingue da tutti gli altri rendendoci unici. Un aspetto che bisognerebbe cercare di difendere ad ogni costo. Ma quello che vale per le persone, non sempre vale per tutto. In questo caso non vale anche per la tecnologia: lei segue una strada tutta sua, lei è come quella persona che cerca di andare d’accordo con tutti in modo utilitaristico, ovvero compiendo scelte che, tra le alternative, massimizzano la felicità complessiva e la premiano rispetto a quella del singolo. Ragionando per massimi sistemi, non è certo un atteggiamento sconveniente anzi è estremamente razionale e di facile accettazione e comprensione..sempre se non sei “quel” singolo.
Questo utilitarismo di Xiaomi si manifesta nella scelta di soddisfare una crescente domanda di mercato a discapito delle richieste di una nicchia, di optare per un secondo grande sensore da quasi 1″ a discapito dell’apertura variabile meccanica. Non solo, perché in qualche modo va anche a contrastare l’avanzata della concorrenza, leggasi Oppo e vivo, che con i loro ultimi smartphone hanno spinto tantissimo sulle focali tele e super tele pur non disponendo di sensori di queste dimensioni. Va da sé che questa scelta, per quanto possa lasciarmi un po’ di amaro in bocca, si conferma comunque vincente: una buona focale tele si utilizza molto più spesso di un diaframma ottico. A livello personale neanche io l’ho utilizzato sempre, solo in determinati contesti e solo per scatti abbastanza mirati ma, come ho spesso ripetuto sia per Xiaomi 13 Ultra che per Xiaomi 14 Ultra, lo sfocato ottico è sempre stata un’arma in più (soprattutto a 35mm non certo a 23mm)..e, in alcuni casi, addirittura preferibile a quello digitale dato dai filtri Leica. Resta il fatto che Xiaomi 15 Ultra ha un comparto fotocamera con due sensori di dimensioni enormi, una caratteristica altrimenti introvabile nel panorama smartphone di oggi.
L’azienda fa quindi un solco con il passato, abbracciando nuove tecnologie che vanno a migliorare questo flagship: ad esempio oltre alla rinnovata focale super tele, sotto il ring fotocamera ricoperto da un nuovo vetro antiriflesso trova spazio anche un sensore spettrale a 13 canali che va a migliorare la resa del colore. E poi è molto più veloce del precedente, con uno scatto quasi zero lag su tutte le focali. Uno strumento affinato in grado di riprodurre fedelmente ciò che abbiamo di fronte, senza utilizzo di AI per “migliorare” l’immagine; un aspetto questo molto importante anche per Leica, come ha puntualmente ripetuto dal palco della presentazione anche Matthias Harsch, CEO Leica Camera AG: “Puntiamo a regalare all’utente un risultato il più naturale possibile, una fotografia mobile che vuole avvicinarsi sempre più a quella a cui siamo abituati con le fotocamere che utilizziamo ogni giorno per lavoro e per passione”.
Partiamo dal pezzo forte. Come anticipato al momento del lancio, il poker di sensori non è più monopolio di Sony: da quest’anno infatti le si affianca anche Samsung come nuovo produttore. Il sensore principale è sempre custom made, fatto su misura per Xiaomi: un Sony Lyt900 da 1″ con risoluzione da 50 Mpxl con tecnologia pixel binning 4-in-1 e 14 stop di gamma dinamica posto dietro ad un obiettivo grandangolare da 23mm F1.6 equivalenti, composto da 8 microlenti di cui una asferica e stabilizzato OIS. Secondo sensore un Sony IMX858 da 1/2″ e 50 Mpxl con tecnologia pixel binning 4-in-1 con obiettivo tele 3x da 70mm F1.8 equivalenti e, al suo interno, un gruppo flottante che permette di avvicinarsi al soggetto fino a 10 cm, stabilizzato OIS; rispetto ai 3.2x dello scorso anno si perdono quindi 5mm di focale, tutto sommato non una grande differenza. Quelle grosse arrivano ora. La prima è un sensore Samsung Isocell JN5 da 1/2″ e 50 Mpxl con tecnologia pixel binning 4-in-1 dietro ad un obiettivo ultragrandangolare con campo visivo di 115° 14mm F2.2 equivalenti, un po’ più buio di quello visto su 14 Ultra. Chiude il tutto la vera novità: un enorme sensore Samsung Isocell HP9 da 1/1.4″ e 200 Mpxl con tecnologia pixel binning 16-in-1 dietro ad un obiettivo supertele 100mm F2.6 equivalenti con tecnologia periscopica e stabilizzato OIS. Questo nuovo sensore ha una superficie di quasi 1″, va da sé che aveva bisogno di spazio maggiore sotto il ring e che da qualche parte bisognasse recuperarlo. In quest’ottica è stata presa la scelta di togliere il set di lamelle elettromagnetiche che componevano l’apertura variabile meccanica utilizzandone l’alloggiamento rimasto vacante.
L’interfaccia fotocamera subisce un restyling per quando riguarda il font, strizzando l’occhio molto a quello che Leica utilizza sulle sue fotocamere. In modalità Pro (manuale), come sempre, si possono utilizzare tutti e quattro i sensori nativi, senza focali intermedie date dai crop, e si possono salvare le immagini sia a 12 Mpxl che a 50 Mpxl che a 200 Mpxl (ma solo sull’obiettivo 4.3x) in formato Jpeg, Raw e Ultra Raw (Raw + HDR). Facendo swipe verso il basso la gestione della misurazione, il rapporto di aspetto, la raffica e l’accesso alle impostazioni; in basso i parametri modificabili come esposizione, tempo, ISO, bilanciamento del bianco e messa a fuoco oltre che una serie di slot nei quali salvare delle “ricette” di scatto per richiamarle rapidamente. In modalità Foto (automatico) si potrà invece impostare anche un sistema AF ad inseguimento, attivare le Live photo ed accedere a tutti i filtri Leica come Vivid, Natural, BW, BW HC, Seppia e Blu; interessante qui è che si può andare a modificare la focale principale e salvarla per gli accessi futuri: 23mm, 28mm e 35mm. Non solo, la barra si può personalizzare aggiungendo o rimuovendo le varie modalità di scatto, che si possono trovare facendo swipe verso l’alto: Ultra HD, Slow Motion, Time-Lapse, Doppio Video, Film, Esposizione prolungata, Panorama, Superluna, Documenti, Video, Ritratto (e le sue simulazioni bokeh Swirly, Soft Focus, Ampio e Bolle) e Scatto rapido.
Quest’ultima modalità ha forse subito le variazioni più significative. Innanzitutto si potrà cambiare colore al pulsante di scatto e le cornici sono molto più marcate e visibili; inoltre scompare la possibilità di scattare a 23mm ma si parte dai 28mm per salire a 35mm, 50mm, 75mm, 90mm e 135mm. La chicca: con il Photography Kit innestato l’interfaccia cambia per diventare simile a quella di una Leica.
Lato software, la AI non gioca un ruolo preponderante in fase di scatto anzi è come sempre esclusa a monte. Le uniche operazioni lasciate all’Intelligenza Artificiale sono due. La prima nella modalità di editing, dove si possono trovare: Migliora HD (per migliorare nitidezza e messa a fuoco), Espandi (funzione di AI generativa con cui allargare l’inquadratura), Elimina (per rimuovere oggetti e persone), Rimuovi riflesso e Cielo. Migliora HD e Rimuovi riflesso non sono però all’altezza del compito: la prima è fondamentalmente inutile, la seconda non è efficace nella maggior parte delle situazioni. La sensazione è che qui si sarebbe potuto osare di più, con una nuova suite di editing rivista e più precisa nelle modifiche. D’altronde questo modello è fatto per scattare in Raw e postprodurre, uno strumento efficace in questo senso è imprescindibile. La seconda operazione AI è in Galleria, dove le immagini riprese dall’obiettivo supertele dai 30x in poi vengono rielaborate artificialmente un po’ come avviene ai 60x su Oppo Find X8 Pro; ma se su quel modello si sfruttava la AI generativa per ricreare un’immagine veritiera artificialmente, qui sembra che i pixel vengano solamente rimappati per migliorare il dettaglio generale della foto senza creare nulla che già non ci sia. In molti casi però, anche su trame geometriche ripetitive come le architetture, la sbavatura si vede.
Il primo dei due sensori principali è sempre lo stesso: un Sony Lyt900 Stacked con una superficie da 1″, 14 stop di gamma dinamica e risoluzione da 50 Mpxl dietro ad una focale equivalente ad un 23mm F1.6 composta da 8 microlenti di cui una asferica. Può scattare nativamente a 50 Mpxl oppure in Pixel binning 4-in-1 per un file finale equivalente ad un 12.5 Mpxl. Rispetto a due anni fa la precisione nella lettura delle linee per millimetro da parte del processore sono notevoli: una maggior risoluzione già a 50 ISO che si mantiene costante fino ai 12800 ISO, con un miglioramento tra i 200 ISO e gli 800 ISO. La gestione del rumore, mai visibile sul file immagine, segue esattamente la stessa curva segno che quel range ISO è quello ottimale a cui scattare.
Il secondo dei due sensori principali è invece un Samsung Isocell HP9 con una superficie da 1/1.4″ e risoluzione da 200 Mpxl dietro ad una focale equivalente ad un 100mm F2.6 con struttura interna periscopica a 7 microlenti. Può scattare nativamente a 200 Mpxl oppure in Pixel binning 4-in-1 a 50 Mpxl oppure in Pixel binning 16-in-1 scendendo a 12.5 Mpxl. Questa nuova aggiunta di grandi dimensioni fa passare la focale supertele da “oggetto misterioso” ad un qualcosa di davvero utilizzabile. Innanzitutto è l’unico sul mercato a spingersi fino ai 25600 ISO dove altri produttori si fermano ai 3200 ISO. Anche qui la soglia in cui rimanere per ottenere gli scatti migliori si conferma tra i 200 ISO e gli 800 ISO e la curva risoluzione/rumore segue le orme di quella mostrata precedentemente. La risoluzione è per forza di cose leggermente più bassa ma lo è anche il rumore, leggermente visibile nell’immagine al massimo valore di 25600 ISO ma mai disturbante. Un record.
Il sensore che sullo scorso modello era “il migliore dei rimanenti” ne esce invece sconfitto. È lo stesso Sony IMX858 da 1/2″ con una risoluzione di 50 Mpxl dietro ad una focale equivalente ad un 70mm F1.8 con struttura interna flottante per permettere lo scatto ravvicinato. Questi 5mm di focale che si vanno a perdere contengono un po’ i difetti, qui però la soglia massima oltra la quale non spingersi si fissa agli 800 ISO valore dopo il quale il rumore diventa abbastanza fuori controllo. Un massimo di 6400 ISO è decisamente troppo, forse sarebbe stato meglio fermarsi ai 3200 ISO nativi.
Il progetto Xiaomi è incisivo perché per la prima volta porta un doppio sensore di grandi dimensioni su uno smartphone ed i risultati si vedono.
Esternamente il design ha subito qualche piccola rifinitura rispetto al modello dello scorso anno, pur mantenendo praticamente le stesse dimensioni: il ring fotocamera è giusto 1mm più spesso, questo per poter accogliere il nuovo sensore Samsung Isocell HP9. Il pannello (All Around Liquid Display) è un AMOLED ricoperto da un vetro con tecnologia Shield Glass 2.0 che misura 6.73″ (1440 x 3200 pixel) con una risoluzione WQHD+ da 522 ppi, supporto per Dolby Vision e HDR10+, luminosità di picco fino a 3200 nits e una frequenza di aggiornamento adattiva (LTPO) che cambia automaticamente tra 1 Hz e 120 Hz. Attorno a lui il telaio è stato ulteriormente rinforzato (Guardian Structure 2.0) su tutti e quattro i lati (prima solo sui due più lunghi) per evitare rotture in caso di caduta. Sotto la scocca batte un chip Qualcomm Snapdragon 8 Elite che comporta un aumento delle prestazioni della CPU del 45% (con una riduzione del 52% del consumo energetico) ed un contestuale aumento delle prestazioni della GPU del 44% (con una riduzione del consumo energetico del 46%) rispetto alle generazioni precedenti; è dotato di 16 GB di Ram e tagli da 512 GB o 1 TB di memoria interna. Al suo fianco un chip AISP demandato all’elaborazione delle immagini chiamato Fusion 2.0 che si occupa direttamente di algoritmi specifici come Fusion, Portrait, Color e Tone. Per questo motivo al suo interno c’è un rinnovato sistema di dissipazione del calore a doppia camera indipendente Dual Channel IceLoop System che ora vede una struttura con pattern 3D per un più efficace raffreddamento. Come lo scorso anno la resistenza a polvere e schizzi è certificata IP68, non male ma sicuramente un passo indietro rispetto ad altri flagship dotati di un più moderno IP69 e quindi possibili di immersioni in acqua dolce fino ad 1.5 metri e per un massimo di 30 minuti.
Sul retro domina come sempre il comparto fotocamera, un ring con perimetro zigrinato (che richiama molto la fattura delle ghiere dei classici obiettivi) con un diametro leggermente più ampio; novità qui è la sua copertura, un vetro antiriflesso sviluppato assieme a Leica che dovrebbe contrastare i bagliori dati dalle fonti di luce diretta senza inficiare così le proprietà delle già presenti lenti AR delle ottiche sottostanti. Il modello in mio possesso è quello più “fotografico”: per i 3/4 in pelle vegana (plastica trattata) con una leggera texture antiscivolo e per il restante 1/4 in grigio alluminio, scelta bicolore che ricorda molto, non a caso, la livrea delle fotocamere più classiche Leica serie M. In un angolo il logo “ultra” preso direttamente in prestito dalla nuova auto elettrica da record SU7 Ultra.
Il logo si staglia anche sul rinnovato Photography Kit. Si chiama Legend Edition e quest’anno presenta rifiniture e dettagli rosso fuoco: insomma, dentro il rosso Leica, fuori l’arancione Xiaomi. La cover è sempre la stessa, indispensabile per innestare tutti gli accessori, e come sempre presenta un comodo tasto di aggancio/sgancio: un sistema di sicurezza in più contro l’usura data dalla frizione tra la filettatura in plastica della cover e quella metallica delle ghiere opzionali. Sono in tutto tre: due “di bellezza”, una portafiltri da 67mm. Lo step evolutivo lo fa l’impugnatura: comunica con lo smartphone tramite USB-C ed al suo interno cela una batteria aggiuntiva (che funziona anche da power bank) da 2000 mAh che si somma a quella da 5410 mAh del device.
Dispone di un pulsante Rec dedicato per i video, di una ghiera personalizzabile per cambiare valore ISO, EV o velocità dell’otturatore e una ghiera coassiale al pulsante di scatto per attivare lo zoom e passare attraverso le focali sia in modalità Auto, che in Pro che in Scatto rapido. Quest’ultimo presenta però anche una nuova filettatura sulla quale si potrà avvitare un cap removibile (nella confezione ce ne sono due, uno rosso e uno nero), molto comodo per aumentare lo spazio della mezza corsa e attivare così il rilevamento automatico della messa a fuoco sui soggetti. Infine, altra novità, un supporto removibile per il pollice che aumenta la presa quando si scatta in orizzontale. Il tutto, certificato IP54.
Chiariamoci subito: come sempre Xiaomi è riuscita a fare il solco con gli inseguitori. Il progetto generale, partendo dagli albori di quello che già di per sé era un modello meraviglioso come 13 Ultra, si rivela come sempre vincente. L’idea di poter fornire ad un appassionato una piccola fotocamera che, tra le altre, sappia anche telefonare è pienamente raggiunta. Anzi, su questo 15 Ultra si spinge ancora un po’ più in là. Non è un modello per chi scatta in automatico, mi preme ripeterlo, ma uno smartphone che si sfrutta appieno solo scattando in Raw. La color science di quest’anno infatti è ancora più “veritiera”, l’immagine restituita è sempre più come quella che vediamo senza filtri, proprio come farebbe una macchina fotografica: i colori sono meno saturi e più naturali, i contrasti meno spiccati e c’è maggiore dettaglio. Non solo a livello di file bensì anche di calibrazione di fabbrica del display, una filosofia portata avanti nel tempo che a molti appassionati di fotografia piacerà tantissimo ma che probabilmente non soddisferà appieno chi è abituato alle immagini “cariche” da social media. In ogni caso, aspetto da notare, l’alternanza di due produttori di sensori fa sì che le cromie non sia esattamente identiche tra una fotocamera e l’altra e ce ne si può facilmente accorgere scorrendo tutta la lunghezza focale in modalità Automatica. È una cosa del tutto normale, d’altronde Sony e Samsung utilizzano tecnologie differenti.
A parte questa color correction rivista non credo ci sia molto da aggiungere a quello che è uno dei sensori migliori sul mercato. Il file che si ottiene dalla focale principale è sempre di un livello superiore per risoluzione, dettaglio, nitidezza e tridimensionalità; sfruttando il Raw si accede ad un editing molto preciso con cui aprire le ombre, gestire le alte luci e applicare i vari profili colore sia personali che marchiati Adobe. Come detto, non è uno smartphone con cui fermarsi al Jpeg. La mancanza dell’apertura variabile si fa sentire in determinate occasioni, poter gestire i tempi di scatto con il diaframma era un valore aggiunto e dava a 13 Ultra e 14 Ultra un’aura tutta loro.
A tenere banco è sicuramente la fotocamera supertele grazie ad un sensore da quasi 1″. Samsung non l’ha utilizzato sui nuovi Galaxy S25 Ultra per questioni di dimensioni dato che avrebbe fatto aumentare la scocca ed il peso del dispositivo, un aspetto che non avrebbe di certo aumentato le vendite; discorso invece diverso per Xiaomi che non ha una “linea” di difendere e che l’ha scelto proprio puntando sul miglioramento del comparto fotografico. E ha fatto bene, molto bene: la qualità del file è eccellente, dalla gestione del contrasto alla nitidezza.
Ma soprattutto è il dettaglio a stupire, anche andando a notare la riproduzione delle trame più fitte. Per questo motivo si fa usare tantissimo, molto più della focale da 70mm che, a conti fatti, diventa forse quella meno utilizzata di tutto il gruppo fotocamera. Di più, si fa preferire anche nei confronti della modalità Ritratto dato che lo sfocato è più piacevole.
Non perfetta è secondo me la gestione dell’esposizione: questo dispositivo sovraespone leggermente. Più volte mi sono ritrovato, sia in ambienti chiusi con basse luci sia all’aperto con luce mista, a dover sottoesporre fino ad uno stop.
A migliorare non è solo l’immagine. Anche le prestazioni sono aumentate rispetto al modello scorso e la cosa si nota moltissimo non solo in modalità Fast shot ma anche in Automatico o Pro: la risposta del pulsante di scatto è fulminea, siamo vicino allo zero lag. Nonostante siamo in modalità street il consiglio è di attivare l’AF ad inseguimento; se si vogliono fotografare soggetti in movimento basterà aspettarli all’interno dell’inquadratura e, una volta agganciati, il riquadro cambierà colore. Questa è una sicurezza in più, contando che purtroppo non si può agganciare e tenere un soggetto in altro modo: l’AF va a ricercare sempre e solo i volti, per cui se nuovi soggetti entrano nell’inquadratura e vengono rilevati la messa a fuoco andrà su di loro perdendo quello principale. Direi una cosa del tutto normale visto che, è bene ricordarlo, in fin dei conti si parla di uno smartphone.
Nessun miglioramento evidente invece la fotografia ravvicinata fatta con la focale da 70mm. Per quanto mi riguarda sia la resa cromatica che la gestione dello sfocato sono di buon livello.
Dopo circa un mese, dopo averlo provato in quasi ogni condizione, posso dirlo: siamo di fronte all’ennesimo Ultra da battere. Ci sono sicuramente degli aspetti da migliorare lato software, come un editor immagini poco preciso o come una AI generativa che sbava le trame in modalità “superzoom”; se però guardiamo la pura e semplice immagine è un modello a cui si ha ben poco da criticare, forse solo una leggera sovraesposizione in determinate ore della giornata. Il file Raw è eccellente, la riproduzione cromatica è naturale, il photography kit massimizza l’esperienza. Inoltre è il primo del suo genere: rinunciando all’apertura variabile meccanica si hanno in cambio non una ma ben due fotocamere principali: una da 23/28/35mm e una da 100mm equivalenti. È il re dei punta e scatta, pur non essendo adatto a che fa della fotografia mordi e fuggi uno stile di vita.