La nuova gamma Huawei P40 è stata presentata il 26 marzo 2020 con un evento di lancio in streaming. Dei tre device, Huawei Italia ci ha fornito P40 Pro: tripla fotocamera Leica (il quarto sensore analizza unicamente la profondità di campo), sensore Ultra Vision Wide 1/1.28″ da 50 Mpxl con obiettivo con apertura f/1.9 equivalente ad un 23mm, nuove funzionalità AF e nuove tecnologie di campionamento del colore.
Da anni Huawei presenta smartphone che hanno fatto della fotografia un fiore all’occhiello. Da Huawei P9 in poi, tutti i device dell’azienda cinese non hanno fatto altro che segnare nuovi standard fotografici che la concorrenza deve rincorrere e, in molti casi, accontentarsi di pareggiare. Quella che può sembrare una iniziale sviolinata in realtà è assolutamente confutabile dalle misurazioni di laboratorio eseguite in passato: Huawei P10, Huawei P20 Pro e Huawei P30 Pro hanno dimostrato di poter gestire elevate risoluzioni e livelli di rumore estremamente contenuti, cifre che semplicemente gli altri non raggiungono. Ora però la sfida è diversa, molto più aspra, e andrà combattuta sulla user experience: Huawei P40, pur girando su Android Open Source, è uno dei primi smartphone distribuiti senza i Google Mobile Services. Huawei Technologies Co Ltd è stata infatti inserita da Donald Trump (maggio 2019) in una blacklist commerciale, di fatto è stata estromessa dal fare affari con le aziende americane. Se vi state chiedendo perché Huawei sì e altre aziende come Samsung o Xiaomi no, presto detto: Huawei utilizza processori proprietari sviluppati in Cina (Kirin) mentre tutti gli altri si affidano ad un’azienda americana come Qualcomm.
Ma prima di affrontare il “tema Google”, è bene parlare del motivo per il quale i dispositivi marchiati P si distinguono dagli altri ovvero le qualità fotografiche. A differenza dei precedenti articoli, questo non sarà accompagnato dalle misurazioni di laboratorio. Presentato a fine marzo e consegnatomi i primi di aprile, il device è arrivato sotto “quarantena”: come tutti sono in isolamento da fine febbraio e le mire per il lab test sono in laboratorio, impossibile recarsi in ufficio. Mi concentrerò però sulle immagini e i dati che le accompagnano.
Il sensore principale è il nuovo sensore Ultra Vision Wide da 1/1.28″ e 50 Mpxl, nuovo perché è ancora più grande e definito di quello montato su P30 Pro che era da 1/1.7″ e 40 mpxl: questa densità di pixel ha ovviamente impattato sulla luminosità che ha subito un lieve downgrade ed è passata da f/1.7 di P30 Pro a f/1.9 in maniera inevitabile. La fotocamera secondaria è invece equipaggiata con sensore Ultra Wide Cine da 1/1.54″ e 40 Mpxl e apertura f/1.8 (equivalente ad un 18mm), mentre la terza con un sensore da 12 Mpxl adibito allo zoom 5x con apertura f/3.4 (equivalente ad un 125mm) e tecnologia a periscopio.
Sensore da 50 Mpxl e sensore da 12 Mpxl condividono la struttura RYYB, introdotta con P30 Pro: basata sul disegno Quad Bayer (che raggruppa i pixel a gruppi di quattro) è stato sostituito il filtro verde con il filtro bianco a pigmenti gialli così da migliorare la sensibilità dei fotoricettori. Si sarebbe portati a pensare, io stesso inizialmente pensavo così, che P30 Pro e P40 Pro funzionino in maniera similare..in fin dei conti il sensore principale differisce di 10 Mpxl. In realtà non è così perché il nuovo device esegue svariati procedimenti sull’immagine, non si limita a scattare e tutto ciò si evince guardando gli exif.
Ho un cane abbastanza matto e divertente, diciamo pure esuberante! Fatto sta che mi sono detto “Perché non scattargli una raffica mentre si asciuga? Voglio proprio vedere quante immagini a fuoco riesce a prendere questo telefono”. Stavo provando P40 Pro ma non avevo ancora messo la sim, per cui niente connessione; l’unico modo possibile per trasferire tutto sul mio P30 Pro era quindi attraverso la connessione NFC. Quando l’immagine arriva sul mio vecchio telefono noto che il file ha una dimensione troppo ridotta, do quindi colpa alle impostazioni del Bluethooth e non ci penso più: anche in questo piccolo formato però sembrano davvero ottime e con dettagli pazzeschi e, dato che non voglio perdere tempo a rifare il procedimento, me le faccio andare bene. La sera mi decido quindi a modificare le impostazioni di condivisione per poter trasferire il file originale e non quello ridotto da un device all’altro..e con mia grande perplessità ho notato che era già così. A questo punto le domande sono sorte spontanee: “Cosa sto sbagliando? Perché il mio file è solo da 4096×3072 e pesa 3.50 MB?”. Domande legittime, visto che una foto scatatta con il mio P30 Pro misura 7296×5472 e pesa circa 10 MB nonostante il sensore abbia 10 Mpxl in meno. Pensavo stessi sbagliando io (spoiler: non era così). Ho cominciato quindi a scattare foto in qualsiasi modalità: Auto, Ritratto, Apertura..pensino in Manuale, ma il file era sempre ridotto e con le medesime dimensioni. Huawei P40 Pro o non stava utilizzando tutto il sensore o ridimensionava e ottimizzava le immagini di default. L’unico modo per avere un’immagine che sfruttasse interamente il sensore da 50 Mpxl è stato fotografare in Alta Risoluzione, modalità che produce un file che misura 8192×6144 e pesa poco meno di 13 MB. Tra l’altro High Res è l’unica che permette di avere un’immagine con la focale equivalente dichiarata da 23mm, in tutte le altre foto gli exif parlano di 27mm.
Ho quindi deciso di rivolgere alcune domande direttamente a Huawei, come ad esempio perché il file avesse dimensioni e peso così piccoli o perché la focale dichiarata fosse diversa da quella utilizzata, ma le risposte non mi sono state di grande aiuto ad essere sincero: incollo qui i virgolettati.
“I sensori più grandi richiedono obiettivi fisicamente più grandi. Per incorporare il nuovo sensore 1 / 1.28 UltraVision con tutti gli ovvi miglioramenti della qualità nella nuova serie P40, che misura appena sotto lo spessore di 9 mm, HUAWEI ha optato per un obiettivo da 23 mm. Allo stesso tempo, 27 mm, essendo una lunghezza focale più comune e comoda per le fotocamere alle quali le persone si sono abituate, viene utilizzata come impostazione predefinita per quanto riguarda il campo visivo. Questo FoV predefinito non è tuttavia direttamente collegato alle informazioni utilizzate per creare l’immagine. – Quando i professionisti scelgono di scattare in RAW, cercano le informazioni di immagine / sensore pure che sviluppano l’immagine in post elaborazione. L’immagine RAW in opposizione al normale output jpg in modalità Foto fornisce quindi solo il singolo sensore in uscita senza ulteriori miglioramenti.”
In poche parole dato un sensore così grande, per mantenere contenute le dimensioni della scocca si è dovuta cambiare la focale. Ma dato che 23mm è una forse troppo grandangolare e il pubblico è abituato ad una focale da 27mm (lo standard su ogni smartphone moderno), hanno deciso di restringere il campo visivo. In sostanza quindi quando si scatta con Huawei P40 Pro in qualsiasi modalità che non sia High Res si utilizza sì il sensore principale da 50 Mpxl ma l’immagine viene ritagliata per fornire una focale equivalente ad un 27mm.
Non è chiaro qui se sia solo un mero ritaglio, e quindi dei 50 Mpxl ne vengano utilizzati solo 40 (e saremmo di fronte quindi alla stessa foto fatta con un P30 Pro) oppure se venga utilizzata tutta l’area del sensore e venga fatto un downscaling, Detto questo il file finale pesa circa 3 MB e misura 4096×3072: l’immagine quindi non viene solo ristretta ma anche ridotta. Come mai? La parola ancora a Huawei.
“La risoluzione standard di 12.5 Mpxl è un valore deciso in base a diversi fattori che il team di ingegneri ha dovuto prendere in considerazione nella configurazione generale dell’intero sistema di telecamere; non solo guardando i sensori, ma anche gli algoritmi e l’elaborazione.”
Quindi ecco svelato un ulteriore mistero. L’immagine subisce quindi un vero e proprio downscaling arrivando ad avere una qualità equivalente ad un 12.5 Mpxl. Il sensore Quad Bayer supporta quindi il pixel binning 4 in 1: tutte le immagini scattate con Huawei P40 Pro, ad eccezione di quelle in formato Raw della modalità Pro e quelle in Alta Risoluzione, sono da 12.5 Mpxl. Sia chiaro la qualità non sembra risentirne dato che i pixel così grandi consentono di incamerare molta più luce e prometto di eseguire, appena possibile, le misurazioni di laboratorio: sarà interessante mettere a confronto i file normali con quelli della modalità Alta Risoluzione. Detto questo, anche il sensore Ultra Wide Cine da 40 Mpxl si comporta allo stesso modo: una volta scattata una foto utragrandangolare, il file risultante pesa poco meno di 3 MB e misura 3840×2592. Anche su questo sensore vale quindi la regola del pixel binning e il file risultante sarà equivalente ad un 10 Mpxl.
Huawei P40 Pro è rifinito davvero bene, ma in quanto a design ricalca molto il P30 Pro. Le uniche differenze ben visibili sono tre: la curvatura del display su tutti e quattro i lati (su P30 Pro solo lateralmente), l’alloggiamento della fotocamera posteriore e il doppio sensore frontale. Lo schermo è un Amoled Full HD+ 1200 x 2640 da 6.58″ con una densità di pixel di 441ppi e rapporto d’immagine 19:9, certificazione DCI-P3 e supporto HDR10. I display curvi non sono il massimo per la fruizione di contenuti video ed immagini ma è anche vero che questa discreta bombatura non è troppo invasiva: il plus rispetto a P30 Pro, dove era solamente un vezzo estetico, è che su questo modello serve come scorciatoia per accedere alle app. Facendo swipe con il dito dal bordo verso il centro del display si aprirà infatti una tendina che contiene alcune app (modificabili a piacimento): una volta selezionata quella prescelta, toccando l’icona si potrà aprire in anteprima (ovvero come una finestra dalle dimensioni ridotte che non occupa tutto il pannello) oppure si potrà posizionare in alto o in basso per accedere alla modalità schermo diviso. La visione dei contenuti, soprattutto video e game, è molto più fluida che in passato: P40 Pro ha un refresh rate di 90 Hz mentre P30 Pro si fermava a 60 Hz.
Sul retro l’alloggiamento del comparto fotocamera è diventato più “importante” e meno discreto (rispetto a Huawei P30 Pro), molto probabilmente un passo obbligato a causa delle dimensioni del binomio sensore/ottiche utilizzate..fatto sta che risulta molto simile a quello anticipato da Samsung Galaxy S20, non esteticamente il massimo. Huawei P40 guadagna poi nuove colorazioni: il modello che mi è arrivato è il “Silver Frost” e devo ammettere che non è affato male – e lo dico da fan sfegatato del nero, meglio se opaco. Fondo e lati del telefono sono ripresi in toto dal modello precedente: sotto si trova quindi la porta USB-C, la griglia dello speaker e l’alloggiamento sim/SD mentre sul lato destro i tasti volume e quello di accensione/spegnimento.
Come detto inizialmente, non potendo eseguire le misurazioni di laboratorio è molto difficile capire come mettere alla corda Huawei P40 Pro. Mi sono ripromesso di eseguirle in un secondo momento, per ora però ci sono alcune considerazioni che si possono fare. Anche se nominalmente può spaventare l’idea di scattare a 12.5 Mpxl e non ai nominali 50 Mpxl, il file non ne risente assolutamente anzi sembra molto pulito e dai dettagli precisi: vero, P30 Pro scattava a 40 Mpxl nominali, ma il modello nuovo non esce sconfitto da questo paragone. Ovviamente il Pixel binning, fondendo quattro pixel in uno, fa si che il risultante fotoricettore abbia una superficie maggiore (2.44μm) per assorbire la luce; se a questo aggiungiamo un sensore molto più grande da 1/1.7″ è facile comprendere come il nuovo Ultra Vision sia sotto molti aspetti una soluzione migliore e più qualitativa rispetto al precedente Super Spectrum.
Il sistema AF a rilevamento di fase è passato da Dual PD a Octa PD, prima grandissima novità tecnica (anzi seconda, dopo le dimensioni del sensore). Spieghiamoci meglio. Il sistema è sempre un Dual PDAF (ogni pixel contiene e fotodiodi) ma, a differenza che su P30 Pro, sfrutta la tecnologia Pixel binning per un rilevamento di fase pià accurato che si basa sugli 8 fotodiodi del pixel più grande (2 fotodiodi per ogni pixel x i 4 pixel raggruppati dal Pixel binning). Nella pratica durante la messa a fuoco sul display appaiono i punti di messa a fuoco e sembrano effettivamente precisi sui soggetti più vicini: anche durante una raffica P40 Pro raramente perde uno scatto, soprattutto in modalità Ritratto..una cosa davvero notevole considerando la mole di dati che il processore deve analizzare, il chip Kirin 990 è una vera e propria scheggia.
Altra grande novità è il sensore dedicato al rilevamento dello spettro colore che, arricchito con un algoritmo di analisi del bilanciamento del bianco, è ora in grado di analizzare 8 canali colore al posto che 3: in modalità ritratto è in grado di riprodurre la tonalità della pelle anche in condizioni limite e di regalare maggiore tridimensionalità. Tutto vero, ma proprio in virtù di questo passo avanti il mio consiglio è di togliere tutti gli altri effetti “bellezza” a meno che non vogliate avere un risultato falsato; stesso discorso per gli effetti “aspetto” che vanno a modificare il background: il bokeh prodotto di default è più che buono. Questo anche perché è prodotto grazie alla tecnologia proprietaria XD Fusion: le immagini provenienti dai due sensori principali vengono scomposte in scenari, informazioni biologiche, maschere per il corpo, maschere per la pelle e analisi del viso, quindi inviate all’NPU per l’elaborazione. I vantaggi della tecnologia Pixel binning si fanno sentire per quanto riguarda luminosità dell’immagine e struttura. In condizioni di luce scarsa e in ombra P40 Pro è imbattibile, un netto miglioramento rispetto al passato: il primo piano è estremamete dettagliato e ricco di sfumature di colore mentre il secondo piano riesce a mantenere una struttura uniforme senza perdere nemmeno i particolari più piccoli. Nell’immagine qui sotto si può notare come la rete sul fondo sia ancora leggibile nonostante la sfocatura, cosa che non si può dire nell’immagine con P30 Pro. Ma c’è un “ma”. I colori sono molto più intensi e saturi, grazie anche al sensore di rilevamento del colore, ma a volte tendono ad essere lontani dalla realtà soprattutto in giornate con luce abbondante: ad esempio il blu tende a trasformarsi in viola.
Questa inaccuratezza del color rendering credo sia dovuta all’accoppiata AI + Pixel binning anche perché in modalità High Res (che non beneficia né di AI né del Pixel binning) questo problema non si presenta assolutamente. Di notte, in determinate condizioni, stesso discorso.
Due aspetti che invece ne escono migliorati sono sicuramente la fotocamera con ottica ultrawide e quella zoom. La prima ha dietro un sensore da 40 Mpxl Ultra Wide Cine che non è davvero “ultra” ma solo “molto wide”: 18mm su P40 Pro contro i 16mm su P30 Pro. L’angolo di campo quindi non è esageratamente ampio, ciò non vuol dire che sia un male anzi molto probabilmente saranno in tanti ad utilizzare spesso questo tipo di focale al posto della principale in quanto difficilmente fornisce linee cadenti ai lati. La seconda è stata migliorata tecnicamente: dietro lo zoom a periscopio non c’è più un sensore da 8 Mpxl ma da ben 12 Mpxl RYYB, per cui con la stessa struttura a doppio pixel giallo come sul sensore principale. L’escursione è sempre da 125mm equivalenti, ovvero è un 5x. Rispetto al modello precedente è indubbiamente più prestante: a 5x l’immagine è molto più notida, più luminosa e ricca di dettagli – cosa apprezzabile se si va a croppare ulteriormente. Attenzione però a come si utilizza. Rispetto al passato finalemnte anche Huawei ha deciso di fornire una soluzione di continuità durante l’utilizzo della fotocamera: su P30 Pro per cambiare focale si doveva andare nel menù impostazione e cambiare la risoluzione, su P40 Pro per fortuna non più grazie agli algoritmi AI Fusion.
Nonostante il software cambi ottica in maniera molto veloce, bisogna avere un po’ di accortezza nel cambio focale: se si passa velocemente da 1x ad 8x è possibile che si scatti una foto con il sensore principale (e quindi si ottenga un crop), ma se si lascia un po’ di tempo al sistema verrà utilizzato l’obiettivo adibito allo zoom. Questo “po’ di tempo” è comunque fulmineo, non si parla certo di secondi ma di attimi: tra l’altro se si sta attenti all’inquadratura, il cambio di ottica si percepisce a display anche ad occhio.
Come anticipato, Huawei è stata inserita in una blacklist commerciale da Donald Trump per cui è stata tagliata fuori da tantissime aziende americane che producono servizi..una su tutti Google. Questo vuol dire che Huawei P40 Pro non possiede i Google Mobile Services: è basato sulla versione Open Source di Android ma non ha accesso a tutti i servizi che siamo soliti utilizzare sui nostri telefoni, uno su tutti il Play Store con tutte le sue app. Se pensate di poter vivere senza Google, come me inizialmente, purtroppo siete in errore. Rinunciare ad app come Gmail o Maps o Youtube è davvero facile: sono tutte accessibili via browser, inoltre Gmail si può impostare nell’aggregatore “Posta” presente in P40 Pro per cui non si rimane davvero senza. Ma la comodità dei GMS non sono le app di Google, sono le API (Application Programming Interfaces) che vengono fornite agli sviluppatori. Qualche esempio: ogni app di delivery è basata sulle API di Maps per mostrare la posizione o tracciare il percorso di consegna, quasi ogni gioco su Play Store permette di salvare i progressi su Play Giochi, il backup delle chat di Whatsapp viene salvato su G Drive e quasi la totalità delle app ha la login di Google. E che dire degli abbonamenti a Google One, Drive e Foto? E di quelli a riviste e giornali preferiti? Funziona tutto con acquisti in app, con le credenziali di Big G in moltissimi casi. A tutto questo si dovrà rinunciare, proprio a causa della mancanza delle API. Sempre in tema Google chiaramente Home non è utilizzabile, così come Chromecast e quasi tutti i prodotti legati alla Smart home che abbiamo acquistato nel corso degli anni. Idem per l’home banking dato che le app funzionano secondo i protocolli di sicurezza di Play Protect. È qui che viene fuori il quanto la nostra vita sia ormai legata a doppio filo alle sorti di Google: quasi senza accorgercene, per questioni di comodità e sicurezza, abbiamo dato tutto a Big G. Non è un male, anzi ci ha semplificato notevolmente l’esistenza ma questo fa capire come questa situazione abbia generato una sorta di monopolio..e in fin dei conti, forse non è così un bene.
Ma ci sono alternative? Si. Bisogna dar atto a Huawei che in pochi mesi è riuscita a sviluppare un servizio proprietario come App Gallery: non c’è tutto, è ancora molto acerbo, ma sicuramente nel corso del tempo diventerà molto più grande e funzionale..d’altronde Google si è creata questa posizione in circa 20 anni, non certo da ieri. Su App Gallery c’è l’alternativa a Maps che si chiama Maps.Me, Huawei Video e Huawei Music che vogliono essere le alternative alle omonime di Google, qualche gioco interessante e, sinceramente, poco altro: ad esempio l’unica app importante per la condivisione delle proprie fotografie è 500px. Meglio affidarsi ad Amazon che con il suo Appstore sopperisce a tutto quello che non si trova in App Gallery e contiene tante applicazioni in più, oltre a quelle proprietarie come Shopping, Prime e Prime Video: i vari social media ad esempio, come Instagram e Twitter (Facebook si trova anche su App Gallery). Ma anche questi due Store non contengono poi tutto: si dovrà rinunciare a quasi tutte le app di notizie (Repubblica è solo su Amazon Appstore mentre Corriere, New York Times o il Guardian in nessuno dei due) e ci si dovrà affidare a degli aggregatori nella migliore delle ipotesi (anche se Flipboard, uno dei migliori, non c’è in nessuno dei due). Stesso discorso per le app di editing e condivisione come EyeEm, VSCO e tutta la suite Adobe, da Acrobat a Photoshop e Lightroom. Ma c’è un ma, anzi due. Per sopperire a queste importanti lacune due vie si parano davanti all’utente. La prima è Phone Clone e facilita notevolmente il passaggio dal vecchio telefono al nuovo. Se si è in possesso di un device Huawei è già installata, altrimenti basterà scaricarla da Play Store: con essa tutto il contenuto del vecchio telefono, compresa la disposizione delle cartelle sulla Home, verrà trasferito su quello nuovo – contatti, file e persino le app. Attenzione: con Phone Clone si crea un clone, una mera copia per cui le app scaricate non si potranno più aggiornare (per cui si potrebbero generare problemi di sicurezza).
La seconda è TrovApp (scaricabile da App Galley), una buona scorciatoia per, appunto, trovare tutte le app disponibili su Play Store e scaricarle su P40 Pro tramite apk: funziona bene, c’è praticamente tutto e permette anche ai meno esperti di “moddare” il telefono senza patemi. Il metodo è semplice: una volta individuata l’app su TrovApp si verrà rimandati ad una pagina con il file apk da scaricare. I più sicuri sono quelli di ApkPure (sono anche la qausi totalità di quelli proposti) ma non tutti funzionano senza aver scaricato anche il relativo store: per cui il passaggio che consiglio è quello di scaricare anche APKPure Downloader per Android in modo da far funzionare tutto correttamente. In sostanza, il mio e il vostro P40 Pro dovrà avere tre App Store per funzionare al meglio come un qualsiasi Android con GMS: Huawei App Gallery, Amazon App Store e APKPure. Nonostante ciò vale lo stesso discorso fatto per Phone Clone: se la prima non consente aggiornamenti importanti, APKPure non li può garantire con la stessa validità di una multinazionale come Google. In poche parole, non si sa nulla riguardo gli standard di sicurezza e la possibile vulnerabilità dei propri dati con l’installazione di file apk, il rischio è tutto in mano a chi deciderà di avvalersi di questo tipo di servizio. In ogni caso le app apk sono il modo migliore per rendere P40 Pro un telefono Android a quasi tutti gli effetti..e anche io mi ci sono affidato ad essere sincero.
Huawei P40 Pro sembra l’ennesimo ottimo device fotografico dell’azienda cinese. Nonostante il sistema Pixel binning sia un po’ incerto in condizioni di luce abbondante e il sensore Multi Spectrum di analisi del colore fornisca un Color Rendering non sempre affidabile, Huawei ha fatto un ulteriore passo avanti tecnologico non solo in termini di harware – un sensore principale Ultra Vision enorme da 50 Mpxl, un sensore Ultra Wide Cine da 40 Mpxl, un sensore RYYB per lo zoom – ma anche di software – tutti i sistemi AI Fusion, il Dual PDAF su 8 fotodiodi. È un device utilizzabile senza GMS? Nì, App Galley ad ora non è fornitissima di servizi anche se l’utilizzo si sitemi alternativi è possibile (Phone Clone, Amazon App Store e TrovApp), ma l’utilizzo di apk non è altro che un palliativo e non mi sento di considerare questa soluzione davvero funzionale – soprattutto in termini di sicurezza: Huawei è stata sicuramente azzoppata dall’amministrazione americana, ma di sicuro con il tempo (credo molto poco) saprà rendere quello odierno un vero e proprio ecosistema funzionale al pari di altri. Conlcudo dicendo una cosa importante e da non sottovalutare: Huawei P30 Pro, nonostante abbia spento la prima candelina e per il mercato sia ormai “datato”, in realtà è tuttora uno degli smartphone migliori che si possa acquistare..e possiede tutti i servizi Google.
Nei prossimi mesi spero di tornare in possesso del mio laboratorio per poter eseguire il Lab test sui sensori di Huawei P40 Pro. Questo è solo un arrivederci. Qui sotto le due galley: nella prima qualche foto eseguita con P40 Pro, nella seconda un rapido confronto tra P40 Pro e P30 Pro sulla resa cromatica.