Canon presenta a Las Vegas la nuova reflex profesionale EOS-1D X Mark III: sensore CMOS da 20 Mpxl, sistema AF da 191 punti di cui 155 a croce, raffica da 16 fps e gamma ISO 100-102400, ma le migliorie legate a questo prodotto sono circa 100 in tutto e vanno ad impattare su molti altri importanti aspetti.
Gli ingegneri Canon hanno lavorato a lungo su questo progetto e sono riusciti ad unire i pregi del segmento reflex a quelli del segmento mirrorless lavorando a stretto contatto con i fotografi professionisti – i veri destinatari di EOS-1DX Mark III – e con i loro consigli sono riusciti a costruire un prodotto completo, moderno, estremamente professionale e pressoché infallibile in qualunque ambito, sia foto che video.
In compagnia di quattro Canon Ambassador – Marina Cano, Wanda Martin, Alexander Hassenstein e Frits van Eldik – a dicembre 2019 ci siamo recati alla preview europea di EOS-1D X Mark III sulla Ascari Race Track, poco fuori Marbella, per poter capire meglio in cosa questa macchina avrebbe aiutato il professionista sul campo. Quale posto migliore per provare le potenzialità di una macchina pensata e concepita per la fotografia sportiva?
Ci sono dei validi motivi per i quali per la fotografia è ancora preferibile una reflex..e uno di questi, ancora una volta, è il mirino. Non a caso è stato il primo argomento trattato durante la conferenza, prima ancora del nuovissimo sistema di messa a fuoco, prima ancora del sensore..prima di tutto insomma. Non dobbiamo infatti dimenticare che EOS-1D X Mark III è stata sviluppata proprio sui suggerimenti dei fotografi sportivi e che saranno proprio loro la grande maggioranza di chi acquisterà questo nuovo modello. Nonostante quello che si dice solitamente, ovvero che i mirini elettronici siano ormai allo stesso livello dei mirini ottici, ci sono ancora piccole problematiche da superare – “un giorno il mirino EVF sarà la soluzione ottimale per tutti, ma ad ora ci sono ancora pro e contro”: sicuramente la possibilità di vedere già come sarà lo scatto finale è un pro non da poco, così come la possibilità di controllare colori ed esposizione è un vantaggio in tantissimi settori della fotografia; ma la fotografia sportiva ha bisogno di più rapidità e quella è data solo dalla velocità della luce che rimbalza su uno specchio. In un EVF invece la luce passa attraverso circuiteria, processori e solo alla fine giunge al display del mirino. Certo, il lag ad ora è quasi impercettibile..ma quel “quasi” nella fotografia sportiva fa una grossa differenza. Quanto grossa? Mediamente un EVF ha un refresh rate di circa 110 millisecondi: bene, in 110 millisecondi ci sono circa due/tre fotogrammi. Cosa vuol dire? “If you shooting with a mirrorless and the guy with the slr is shooting next to you, he can take two or three images before you even seen the action”.
Qualcuno obietterà che con una mirrorless si può cominciare a scattare prima o che due fotogrammi in più aumentano il lavoro di selezione delle immagini..ma spesso sono proprio quei due fotogrammi in più a permetterti di portare a casa il risultato, che per il fotografo professionista è tutto. Ci sono poi aspetti secondari di cui spesso non teniamo conto ma che sono cruciali per alcuni fotografi. Ci sono fotografi che scattano tenendo entrambi gli occhi aperti, uno nel mirino e uno sull’azione in modo tale da sapere quando e come il soggetto entrerà nell’inquadratura e con un mirino elettronico le due immagini non saranno mai le medesime: quella nel mirino EVF avrà un lag percettibile, avrà una cromia, una luminosità e un contrasto differente rendendo poco piacevole il lavoro, soprattutto nel lungo periodo. Chiariamoci, sono tutti aspetti che in mestieri diversi dallo sport sono pienamente accettabili – e molto spesso addirittura convenienti – ma non quando si ha a che fare con la velocità. “The viewfinder is the soul of the camera”, è quello che vedi e come lo vedi, è a tua interfaccia su quello che accadrà. “The SLR is still the weapon to choose.”
Questa lunga digressione sul mirino è funzionale anche per introdurre una nuova miglioria su EOS-1DX Mark III: per raggiungere i 16 fps (14 fps su Mark II) è stato infatti ridisegnato completamente il meccanismo di rilascio per guadagnare quei 2 fps in più. Ora viene utilizzato un solenoide che alza e abbassa gli specchi contemporaneamente e ciò consente una maggior precisione, minor vibrazioni date dall’oscillazione e, nella pratica, un autofocus molto più accurato.
Se il mirino è l’anima di una macchina, il sensore ne è il cuore. Canon sorprende un po’ tutti annunciando su EOS-1DX Mark III un sensore da 20 Mpxl, ma diverso rispetto a quello montato su Mark II: la motivazione è cercare di soddisfare richieste quali una maggior gamma dinamica e una migliore performance ISO. Ma per far sì che le immagini prodotte da questo modello siano addirittura migliori di quelle del modello precedente gli ingegneri Canon hanno “applicato la matematica” e hanno ridisegnato il filtro passa basso posto davanti al sensore, ora non più dual layer ma quad layer.
Lo scopo del filtro è generalmente quello di ridurre l’effetto moirè e garantire una maggior fedeltà del colore delle immagini bloccando le alte frequenze: la luce passa attraverso il filtro che la divide in quattro e va ad impattare il sensore. Questo tipo di passaggio ha però, almeno solitamente, una controindicazione: tende a “sbiadire” leggermente l’immagine. Per questo motivo, più i sensori sono capacitivi e meno hanno bisogno di un filtro low pass (avendo un numero di pixel maggiori e un pixel pitch più ridotto: in poche parole, una trama dei pixel molto fitta non va a creare moirè). Averlo ridisegnato permette, grazie al sistema quad layer, di far impattare sui pixel un numero maggiore di fotoni e fornire un segnale ottico molto più pulito al sensore: questo significa aumentarne di molto le prestazioni grazie ad un maggiore dettaglio, una maggiore nitidezza e un file estremamente tridimensionale nonostante, appunto, i megapixel siano 20. Nella pratica sembra quasi che EOS-1D X Mark III riesca a sfruttare il filtro AA per aumentare le prestazioni del sensore, cosa che solitamente non accade – i file portati a casa sono infatti estremamente nitidi, dal centro ai bordi del fotogramma.
Il sistema autofocus è chiaramente la vera grande novità. EOS-1D X Mark III ha un sensore dedicato alla messa a fuoco con 3869 punti che coprono circa il 90% del sensore: come è stato spiegato in conferenza, non è stato utilizzato il medesimo sensore di EOS R per una mera questione di risoluzione (1DX è da “soli” 20 Mpxl). Completamente ridisegnato, utilizzando il mirino ottico dispone di 191 punti AF di cui 155 a croce (un incredibile passo avanti rispetto ai 61 punti di cui 41 a croce di Mark II, ora sono il triplo) e fino a 525 in Live View (con raffica fino a 20 fps): ciò si traduce in una maggiore sensibilità e, soprattutto, migliori performance in tracking. Proprio questo aspetto è stato messo alla sbarra dagli ingegneri, essendo la macchina pensata per la fotografia sportiva (in vista soprattutto di Tokyo 2020), che hanno deciso di intraprendere una “strada nuova” e programmare 1D X con algoritmi di Deep Learning: grazie a loro il sensore demandato alla messa a fuoco (iTR AFX) riconosce i soggetti e valuta situazioni in maniera autonoma. Ad esempio il Face Detection è stato migliorato e ora riconosce i volti dei soggetti anche se questi sono di lato, voltati o indossano il casco partendo dall’analisi del corpo: attraverso l’apprendimento di milioni di immagini, il processore identifica il corpo dei soggetti e ricostruisce in maniera autonoma la figura umana (che vuole la testa sopra le spalle). Stesso discorso per l’Eye Detection, utilizzabile però sono in Live View (dove i punti AF sono 525). Ma come mai due processori per il tracking dei soggetti? Presto detto: Digic 8 è lavora sul mirino ottico con il sensore di misurazione della profondità e consente funzioni quali Head Detection e Face Detecion, mentre Digic X lavora in Live View su tutto il sensore dell’immagine permettendo anche l’Eye Detecion.
Ma non solo riconoscimento di soggetti e scene: EOS-1D X Mark III è stata dotata di una modalità Auto in grado di adattarsi autonomamente alla velocità e ai movimenti del soggetto inquadrato valutandone accelerazione e decelerazione. Le modalità Servo AF sono quindi ora ben cinque. Inutile dire che questa nuova modalità è stata quella che ho utilizzato per gli scatti qui proposti: da destra a sinistra, dal secondo piano al primo piano, il sistema AF non ha mai sbagliato un colpo ma soprattutto ha sempre tenuto agganciato il soggetto anche se tra lui e l’obiettivo si presentavano ostacoli vari.
Ciò che lega tutto e che permette performance elevatissime è l’accoppiata Digic X + Digic 8: una velocità tre volte superiore nell’elaborazione dell’immagine e di 80 v0lte in risposta AF rispetto alla Mark II. Tra l’altro una velocità simile consente di utilizzare il Digital Lens Optimizer (DLO) senza cali di performance e quindi di ottenere immagini ancora più nitide. Ovviamente un miglior processore come Digic X consente di avere una miglior escursione ISO (100-102400 base e 50-819200 estesa) e una miglior gamma dinamica – entrambi i parametri aumentati di uno stop rispetto a Mark II. Ma riguardo alla gamma dinamica c’è di più. Ha senso avere una gamma dinamica estesa e un formato “leggero” che non la supporta appieno? Probabilmente no ed è per questo che su Mark III, accanto al classico jpeg, è stato implementato anche il formato HEIF basato sul codec H264 10-bit, un plus rispetto al jpeg (8-bit) che ha un’eccessiva compressione a parità di peso del file: HEIF è quattro volte più efficiente e produce meno artefatti.
HEIF è quindi lo standard del futuro e per essere totalmente a prova di futuro bisogna avere anche dei supporti innovativi: EOS-1D X abbandona quindi il formato CFast per un ancora più rapido CFexpress – le schede da noi utilizzate per la prova hanno infatti una velocità di scrittura di 1400 Mbps e di lettura di 1700 Mbps. La scelta di abbandonare CFast è stata una questione di prestazioni, andando a rimarcare le vocazioni estremamente professionali di questo modello, basti pensare che in Raw e in Raw + jpeg si potranno eseguire più di 1000 scatti (170 in Raw e 81 in Raw + Jpeg su CFast).
Chi lamentava a Canon una sorta di immobilismo in ambito video dovrà ricredersi, EOS-1D X Mark III ha dalla sua caratteristiche di prim’ordine a livello del segmento Cinema EOS dal quale prende anche la tecnologia di stabilizzazione digitale IS a 5 assi. Permette di riprendere in formato 4K Full frame con registrazione Raw 12 bit interno in downsampling da file CRM 5.5K 12 bit. Grazie alla capacità delle schede CFexpress si potrà anche eseguire la registrazione simultanea Full frame: su una scheda file CRM Raw 5.5K DCI 12 bit (2600 Mbps/60p senza AF e 1800 Mbps/30 con AF) e sull’altra file MP4 4K DCI con Canon Log 4:2:2 a 10 bit (340 Mpbs/60p senza AF e 170 Mbps con AF) o senza Canon Log a 8 bit (230 Mbps senza AF e 120 Mbps/30p con AF).
EOS-1D X Mark III è in lega di magnesio, con finiture sigillate che la rendono a prova di intemperie: da 0° a 45° e con fino all’85% di umidità. I comandi sono tutti dove erano su Mark II ma ora, con due differenze: la prima, si illuminano al buio per consentire l’utilizzo della macchina in condizioni di scarsa luminosità; la seconda, il nuovo smart controller AF-on. Funziona come un mouse ottico, utilizzabile sia in foto che in video: è molto più reattivo del classico joystick, difatti la sua sensibilità può essere regolata dal menù delle impostazioni, e funziona anche se si indossano i guanti – cosa molto comoda quando si coprono sport di montagna. Con questa specie di trackpad si possono quindi variare le aree di messa a fuoco a display e devo dire che nella prova pratica si è rivelato davvero utilissimo. La batteria consente 2850 scatti da standard CIPA, ma nell’utilizzo pratico si è rivelata molto più longeva: prima di doverla cambiare sono riuscito a fare quasi 4000 scatti.
Ma una macchina destinata al professionista deve permettergli di poter trasferire alle agenzie le immagini in maniera rapida e per questo motivo, oltre ovviamente alle porte fisiche Gigabit Ethernet poste sul lato del corpo. Nuovo il supporto HTTPS che consente alle agenzie l’accesso e il download rermoto ai file immagine e video anche mentre il fotografo sta ancora scattando. EOS-1D X Mark III è anche la prima fotocamera della serie 1 ad avere Wi-Fi e Bluethooth integrati. Mediante poi l’utilizzo del trasmettitore WTF-E9 la velocità del Wi-Fi passa dai 2.4 GHz ai 5 GHz (con un raggio di ben 150 metri) e diventa possibile il trasferimento su differenti piattaforme contemporaneamente.
Siamo di fronte al “mostro sacro” delle professionali, il modello più utilizzato a bordo pista e la prima scelta della maggior parte dei fotografi professionisti; sono stati loro a lavorare a stretto contatto con gli ingegneri Canon per permettergli di sviluppare EOS-1D X Mark III. Un modello attesissimo, soprattutto in vista di Tokyo 2020. Fiore all’occhiello è indubbiamente il sistema AF: uno sforzo progettuale davvero notevole sia per gli algoritmi di Deep Learning implementati (basati su migliaia e migliaia di immagini) sia, soprattutto, per quei 191 punti selezionabili a mirino – il triplo rispetto a Mark II – e quei 525 in Live View. Ma in realtà l’autofocus è solo uno dei tantissimi aspetti di cui un professionista potrà avvantaggiarsi: nuovo sensore, nuovo otturatore, nuovo processore, buffer pressoché infinito e la possibilità di lavorare in mobilità ancora più rapidamente. Canon EOS-1D X Mark III è una vera e propria macchina “ibrida” che unisce i pregi del mondo reflex a quelli del mondo mirrorless.