Presentata qualche giorno fa, Sony A1 è il nuovo riferimento delle mirrorless top di gamma dell’azienda. Al vertice della piramide professionale, rappresenta lo stato dell’arte delle Mirrorless moderne.
Sony A1 è il culmine di anni di progressi tecnologici e unisce in sé le migliori caratteristiche di modelli di punta quali A7R, A7S e A9 in un unico prodotto mirrorless. Questa fotocamera non è l’equivalente di quello che sono le reflex EOS-1D X Mark III per Canon e D6 per Nikon, al vertice della gamma di offerta per i fotografi professionisti..quello lo era A9 II. Inevitabilmente, non sarà proprio indirizzata a tutti ma solo ad alcuni di loro. Una nicchia della nicchia insomma. Ma non è forse questo che chiedono i più esigenti? Sì. E va bene così.
Di Sony A1 si sta parlando tanto in questi giorni, un hype creato soprattutto dopo che ne sono state comunicate le caratteristiche. Dati alla mano infatti siamo in presenza di un modello quasi totalitario, l’unione di mondi differenti che vanno a confluire in un prodotto di altissimo livello. Ma chiaramente questa fotocamera va analizzata a fondo e con un occhio diverso dal solito, un punto di vista estremamente professionale; A1 è dedicata ai più esigenti, alle agenzie, alle grandi produzioni multimediali e a chi collabora frequentemente con clienti internazionali.
Non tutti i fotografi e i videomaker si vedranno infatti costretti a cambiare la loro A7R, A7S o A9. Anzi, chi lo farà troverà in A1 un ottimo complemento al suo corredo sia che venga utilizzata come primo che come secondo corpo. In ogni caso è un modello fatto “per durare”. Ultimamente Sony ha fatto sedimentare molto ogni sua fotocamera, aggiornandola solo dopo anni; basti pensare ad A7S III, arrivata cinque anni dopo A7S II, o ad A7 III che ha già tre anni addosso e che ancora non ha una sostituta. A1 sembra non essere da meno, anche perché va ad eliminare alcune problematiche e a spingere al massimo alcune potenzialità dei corpi dai quali prende le caratteristiche di punta, difficile trovare spazio di manovra aggiuntivo per gli ingegneri. Almeno non per ora, non certo nel breve periodo.
Ma veniamo al punto, A1. Si posiziona al vertice di una piramide, un modello versatile: dai professionisti di fotografia sportiva a quelli di reportage, passando ovviamente per ritratto e natura. Ognuno di loro può infatti trovare in questa macchina un po’ del suo mondo, quasi come gli fosse cucita addosso. Ma resta valido il discorso fatto precedentemente: è ideale per tutti i pro ma è il loro flusso di lavoro a renderla per alcuni indispensabile e per altri no. Sony in questo caso non ha solo voluto fare una macchina foto/video top di gamma, ha anche mostrato i muscoli.
Ho trascorso con Sony A1 solo un paio di giorni, uno per studiarla e l’altro per provarla, ma di certo non basta. Sarebbe da avere per molto più tempo perché ha tanto da dare e c’è tanto di cui parlare. Punto cardine sul quale ruota tutto è il doppio processore Bionz XR; una soluzione ereditata dalla recente Sony A7S III e che si è resa necessaria per poter far sì che la macchina riuscisse ad avere queste spiccate prestazioni in analisi dei dati e ridurne la latenza al minimo..come i 30 fps su un sensore da 50 Mpxl o le 120 volte al secondo con cui il sistema AF analizza la scena e i soggetti, giusto per fare due esempi. Partiamo quindi con il vedere nel dettaglio come si comporta. In questa breve review parlerò di quasi tutte le novità che si trovano su Sony A1, caratteristiche che solitamente i professionisti cercano in una macchina fotografica ma che difficilmente ritengono possibili da trovare su una Mirrorless. Tutti gli aspetti toccati vanno a rispondere a due domande. La prima: quali sono le criticità che da sempre un professionista trova nelle Mirrorless e che, alla fine, lo fanno propendere sempre verso il segmento reflex? La seconda: siamo finalmente arrivati ad un equilibrio in termini di affidabilità?
Partiamo da un presupposto: i 30 frame per secondo in Hi+ sono raggiungibili solo in formato Raw compresso. Non in Jpeg, non in Raw e non in Raw Losless. Il Raw compresso è circa il 50% più leggero del file nativo, nonostante questo le informazioni che contiene non sono da meno e possono bastare in tante situazioni: molti professionisti usano questa dimensione di file poiché permette di stampare in grandi dimensioni senza rinunciare al dettaglio. Tutti gli altri formati si fermano quindi ai 20 fps, per intenderci un parametro identico a quello offerto da Sony A9 II..solo che qui la risoluzione è di circa il doppio. Tutti coloro che sono spaventati dal peso del file sappiano che potranno sempre fare un downgrade di risoluzione e scattare a 21 Mpxl. Ma in fin dei conti, con queste prestazioni, perché farlo? Sempre in tema frame rate, altra caratteristica discussa nei giorni scorsi è quella legata alla compatibilità con gli obiettivi: quasi tutti i G Master e i più recenti Sony G supportano i 30 fps tranne FE 85mm f/1.4 GM, FE 50mm f/1.8 ed f/2.8 Macro che si fermano ai 20 fps. Il seme della discordia è dato dalle ottiche di terze parti come Sigma e Tamron che si fermano a soli 15 fps.
Perché questa scelta? Pensavo fosse legata al doppio processore Bionz XR e ai pin di cui sono dotati gli obiettivi che magari facevano da collo di bottiglia per le informazioni. Mi sbagliavo. Per cui, come d’obbligo in questi casi, sono andato alla fonte e ho chiesto direttamente a Sony. Il “problema” è legato agli attuatori dei motori AF all’interno dei barilotti..alla tecnologia insomma. Mi spiego. Tutte le ottiche G Master sono dotate di motori singoli o doppi lineari. Tutte tranne FE 85mm f/1.4 GM che è dotato di un motore passo passo, non chiedetemi il perché di questa scelta perché non saprei rispondere. Lo stesso discorso è valido sulle ottiche di terze parti: sulla quasi totalità dei prodotti Sigma e Tamron (sono i due marchi che ho controllato in maniera approfondita) vengono utilizzati motori passo passo, in alcuni casi Ring Type Ultrasonic. Ecco, solo i Linear Motor riescono a reggere il connubio tra alta risoluzione e spiccata velocità, quindi possono supportare i 30 fps sui 50 Mpxl; Stepper e Ring Type invece non sarebbero così performanti per cui vengono limitati a 15 fps quando riconosciuti dal corpo macchina. Questa soluzione sicuramente scontenterà molti possessori di ottiche di altre marche, ma si è resa necessaria per salvaguardare la qualità generale del file. Ricordiamoci sempre però che, su una macchina da un prezzo di partenza di € 7300, difficilmente verranno utilizzate ottiche f/1.8, f/2 e via dicendo ma prodotti di estrema qualità. Quindi il problema, per quanto mi riguarda, è relativo. Scollinate queste due premesse, andiamo al punto: il tracking AF è pressoché infallibile..e la cosa stupisce, dato l’affolamento di punti sul sensore.
Sony ha fatto del suo sistema AF un fiore all’occhiello, sempre preciso in ogni situazione. Il Real Time Tracking è stato costantemente sviluppato per essere un punto fermo e ormai non stupisce quasi più che un corpo A7 o A9 di qualunque tipo abbia oltre 600 punti..quasi non è più una notizia. Resta il fatto che una risposta come quella su A1 è di gran lunga superiore a quella che si trova su A7R IV, macchina che dobbiamo prendere a paragone a quasi parità di sensore, e porta l’affidabilità ad un livello successivo. Front focus e Back focus quasi mai pervenuti, aggancio al soggetto preciso sia in foto che in video. Teniamo sempre presente che Sony A7R IV non era certo parca di caratteristiche ma A1 può contare su un doppio processore Bionz XR che analizza la scena 120 volte al secondo (Bionz X più chip LSI su A7R IV) e circa 200 punti AF in più (579 su A7R IV). Possiamo poi azzardare anche un confronto anche con A9 II per questioni di flessibilità. Su A1 troviamo infatti tre nuove feautures del sistema, quali Pause Tracking, Area Frame ON/OFF e Area Frame Shift, tutte basate sui suggerimenti dei fotografi sportivi professionisti, ideali sul campo soprattutto se sulla scena compaiono più atleti che si sovrappongono. Ad ora non è dato sapere se un aggiornamento firmware le porterà anche su A9 II data la differenza di processore (Bionz X più chip LSI) e di punti AF (693) ereditati dalla prima versione A9 datata ormai 2017. Ma, molto sinceramente, non credo sarà possibile.
Queste non sono le uniche novità, perché su Sony A1 al riconoscimento dell’occhio umano e animale “generico” (leggasi cani, gatti e scoiattoli) si è aggiunto il Bird Eye AF con grande piacere dei fotografi che prediligono l’avifauna e dei naturalisti in generale. A margine di quanto letto nei giorni scorsi vi assicuro che questo sistema è invece abbastanza preciso. Occorre però rispettare due accortezze: avere la giusta focale e riempire buona parte del fotogramma. Pettirossi e canarini sono soggetti molto piccoli, per cui l’Eye AF farà un po’ di fatica a meno che non vi avviciniate parecchio (quindi con un 400-600mm); stesso discorso se il piumaggio si va a mimetizzare molto con il contesto dello sfondo. Nessun problema invece su volatili dalle dimensioni più grandi, dai Cavalieri d’Italia in su, o da quelli con colori molto accesi come i pappagalli.
La rivisitazione del design interno parte dal gruppo otturatore. Il sistema Anti Distorsion lavora effettivamente meglio, cosa magari scontata se prendiamo a paragone A7R IV ma non del tutto ovvia nei confronti di A9 II. Anche qui la velocità di elaborazione la fa da padrona: in panning a 1/80s o 1/40s le immagini non soffrono di alcun tipo di “piegamento” laterale e non vi è traccia di distorsione, neanche minima. Fino a qui probabilmente non farebbe notizia, ma è quando si sale con le cifre dell’otturatore elettronico che se ne apprezzano le potenzialità: a 1/16000 ancora nulla.
Altra grande novità è il sistema Hi-Frequency Anti Flicker che però ahimè non sono riuscito a mettere alla corda data la chiusura dei palazzetti sportivi e l’impossibilità di lavorare in un ambiente con grandi pannelli. Rispetto ad un classico sistema qui alla luce fluorescente si aggiunge la soppressione del disturbo dato dalle frequenze della luce LED per cui con valori superiori ai 120 Hz. Sulla carta un grande passo avanti anche rispetto ad A9 II, che ricordo soffrisse un po’ di questi disturbi al chiuso. La velocità dell’otturatore è anche apprezzabile sotto un altro aspetto: su A1 il synchro flash è garantito con otturatore meccanico fino ad 1/400s e per la prima volta con otturatore elettronico fino ad 1/200s in Full Frame e 1/250s in APS. Infine una chicca nascosta nel menù e “copiata” dall’esperienza Canon: una voce consente di abbassare la tendina sul sensore quando si spegne la fotocamera, permettendo il cambio di ottica in tutta sicurezza. Sarebbe questa una pratica consigliabile su ogni mirrorless, dato il rischio elevato che il sensore a vista si sporchi rispetto ad una reflex.
E ora, il mirino: un pannello Oled da 9.44 milioni di punti con un refresh rate di 240 fps. Identico a quello di A7S III in quanto a risoluzione ma con il doppio della frequenza di aggiornamento (120 fps su A7S III). Rispetto a quello montato su A9 II, purtroppo, non ci sono paragoni: 3.7 milioni di punti e 120 fps. Su Sony A1 questi valori garantiscono il Blackout Free, ovvero un mirino che offre una continuità di visione in raffica del soggetto inquadrato; è il primo del suo genere ed effettivamente a occhio non si percepiscono discontinuità. Questo aspetto è molto importante soprattutto per il fotografo sportivo, che ha sempre fatto del blackout la grande discriminante per preferire una reflex. Inoltre, grazie all’elevato refresh rate, questo EVF è Lag-free, ovvero non fa percepire alcuno stacco quando il soggetto entra nell’inquadratura. Sia chiaro, le differenze con il mirino ottico permangono dato che l’EVF mostra la scena così come verrà scattata e non così com’è nella realtà, ma in alcuni casi può essere anche un vantaggio. Si pensi ad esempio agli ambienti estremamente soleggiati o a quelli dove la luce invece quasi non c’è, poter vedere la scena e capire quando il soggetto entrerà nell’inquadratura può essere determinante per la riuscita o la perdita dello scatto. In ogni caso, con questo mirino si può lavorare con entrambi gli occhi aperti e portare a casa il lavoro in tutta sicurezza. Questo non è un particolare da prendere sotto gamba: fino a ieri il mirino ottico era una delle principali motivazioni per le quali un professionista sceglieva un sistema reflex, da oggi non lo sarà più.
Per essere un prodotto ideale per il lavoro del professionista sul campo e per rispettare il target di riferimento, ovvero chi collabora costantemente con le agenzie, buffer e trasferimento file devono essere rapidissimi. Nel primo caso, il buffer, un risultato che possa essere il migliore possibile passa obligatoriamente attraverso le nuove schede CFexpress di tipo A con una velocità di scrittura e lettura di 800 MB/s e 700 MB/s rispettivamente, fermo restando che la macchina funziona anche con le SDXC UHS II (meglio se V60 o V90) proprio come A7S III – difatti furono presentate contemporaneamente. Indicativamente Sony A1 è in grado di registrare un flusso di 250 scatti in Jpeg + Raw (compresso) in circa 15 secondi: contando che un file Jpeg ha un peso di 10/20 MB e un file Raw compresso di 50/60 MB è davvero un ottimo risultato. Ah, mentre la macchina salva i file potrete entrare nel menù e armeggiare con i setting. Nel secondo caso, il trasferimento, le possibilità sono invece molteplici: tramite connessione wired e wireless Lan oppure in tethering via USB-C (Android e iOS). Con cavo Lan la potenzialità di trasferimento è identica a quella di A9 II perché la porta è la medesima, quindi supporta i 1000 Mb/s, ma il doppio processore Bionz XR (Bionz X su A9) fa la differenza aumentando la velocità di 1.2x.
Via wireless Lan il risultato è ancora migliore perché il Wi-Fi 802.11ac è anche 2×2 MIMO (Multiple Input, Multiple Output), quindi gestito con due antenne e due distinti flussi che lavorano in contemporanea per la comunicazione dei dati: connessione più stabile, sicura e 3.5 volte più veloce. Questo valore è importantissimo: pensate a chi lavora a bordo pista, a bordo campo e nella moda, condizioni in cui la condivisione istantanea è una necessità di base. Resta poi quella via tether USB-C ma i valori dipendono dallo smartphone utilizzato come ponte verso l’FTP. In questo discorso occorre tener presente un’altra cosa: questa macchina è ottimizzata per lavorare in coppia con Xperia 1 II Pro, unico smartphone al momento in grado di essere un vero e proprio accessorio per il fotografo e di “trasformarsi” tramite HDMI in un vero e proprio monitor esterno tipo Atomos Ninja, oltre che garantire una maggiore velocità di trasferimento 5G..peccato sia solo destinato ai mercati americano e giapponese. Altra pecca in questo caso è che le applicazioni in grado di massimizzare l’esperienza di un professionista, come Transfer & Tagging e Visual Story seguano la medesima e quantomai incomprensibile scelta di posizionamento: con la prima app si possono sfruttare fino a 20 canali FTP ma soprattutto applicare Voice Tag alle immagini e trasformarle in file di testo da allegare, per cui è necessaria al fotografo per poter inviare un pacchetto composto da foto e dida che il collaboratore al desk dovrà solo occuparsi di pubblicare; nel secondo caso invece viene messo a disposizione del matrimonialista una sorta di book online su cloud che lui potrà mostrare ai clienti e modificare live applicando varie color correction precaricate.
Non posso non dedicare una parentesi al segmento video, dato che A1 ad ora è una delle due mirrorless (assieme a Canon EOS R5) in grado di raggiungere il formato 8K/30p con campionamento 4:2:0 10-bit (H.265). Rispetto ad EOS R5, prendendo in considerazione la registrazione interna, qui abbiamo un file XAVC-HS UHD 7680 x 4320 Long-GOP ad un bitrate massimo di 400Mbps (8K Raw 9182 x 4320 o DCI 8192 x 4320 o UHD 7680 x 4320 fino a 29.97 fps in Canon Log 4:2:2 10 bit su EOS R5).
Ma sul comparto video il paragone devo farlo con A7S III..e incredibilmente il paragone è quasi impossibile da fare in quanto tutti, tutti, i formati supportati dalla Mirrorless per videomaker, compresi gli upgrade rispetto ad A7S II e i nuovi formati di registrazione ridotto – XAVC-S HS 4K (Long GOP) H.265 fino a 100 fps in 4:2:2 10 bit a 280 Mbps – e professionale – XAVC-S I 4K (All-Intra) H.265 fino a 50 fps in 4:2:2 10 bit a 600 Mbps, si ritrovano anche su Sony A1. Tutti, con in più il profilo S-Cinetone ereditato dai modelli della cinema line come FX6, FX9 e Venice e la garanzia di avere il Fast Hybrid AF anche in 8K. Sostanzialmente con il nuovo modello avrete tra le mani “quasi” una A7S III con S-Cinetone che in più arriva al formato 8K, ovviamente senza limiti di registrazione. Se è vero che il formato 8K non è ancora in cima alle richieste, pensate che con un file così grande si può accedere al reframing (e quindi utilizzare un solo corpo per avere due punti di vista i qualità 4K, tipo le interviste) o potrete estrarre dal girato file di alta qualità dal peso di circa 15 MB. Inoltre il profilo S-Cinetone permette di utilizzare A1 come corpo di copertura nelle grandi produzioni video e pubblicitarie, dove solitamente sono richieste le FX. Argomento da affrontare è poi la durata generale in quanto, in rete, si era puntato il dito nelle prime “early review” (che non vogliono mai dire tanto ma fanno molte visualizzioni) sul fatto che A1 desse segni di surriscaldamento dopo circa 15/30 minuti: beh, mi pare falso. Ho fatto una prova al chiuso, quindi in un ambiente che ha una media di una 20ina di gradi circa, sul lungo periodo: la macchina ha registrato per circa 1 ora e 20 minuti ininterrottamente salvo poi spegnersi..ma non a causa del surriscaldamento (mai pervenuto) quanto per la fine vita della batteria. La cosa è quanto mai sorprendente, soprattutto contando che la scocca e la dissipazione del calore è la medesima che troviamo su A7S III, ricordiamo senza l’utilizzo di alcuna ventola come invece adotta Panasonic Lumix S1H. Qualora non bastasse la mia parola, c’è quella di chi l’ha sfruttata in condizioni estreme come ad esempio un set in montagna a -11°: anche qui, Sony A1 non si è mai fermata.
E di questa postilla ed esperienza diretta ringrazio Amedeo Novelli che con Visual Crew ha registrato il video, ed il backstage, del filmato promozionale presentato al momento del lancio.
Spero di essere stato esaustivo sui pregi di questo modello ma soprattutto sul perché deve essere considerato, giustamente, il vertice piramidabile dell’offerta Mirrorless Full Frame di casa Sony. Ho provato Sony A1 per molto poco, una mezza giornata molto intensa su una pista di trail a Brescia, inserita fino a qualche anno fa nel circuito World Trail, assieme al collega Michael Minelli (fotografo di sport e automotive nonché recente collaboratore della Redazione) e al team E-Bikers Camuni (li trovate su Facebook e Instagram), un gruppo di ragazzi della Val Camonica specialisti in E-Bike MTB che mi preme ringraziare per la loro incredibile disponibilità: il tracciato era particolarmente impegnativo e pieno di fango, condizioni davvero limite e nelle quali si rischia anche di farsi male.
Ho stressato parecchio la macchina, tra fango e raffiche infinite e mai un tentennamento: è stata quasi sempre accesa e in una mezza giornata ho portato a casa circa 1500 scatti (Raw + Jpeg) con ancora un’autonomia del 70%. Alcune immagini poco sopra penso che siano la miglior risposta a qualsiasi perplessità sulle potenzialità della raffica o del sistema di Real Time Tracking: reattivo e preciso, a volte addirittura mi è andato a trovare il fuoco sull’occhio anche quando i volti erano coperti dalle visiere. È una macchina davvero in grado di lavorare come una A9 II, forse addirittura meglio perché dalla sua può contare su un sensore CMOS BSI Exmor RS da 50 Mpxl, un miglior AF e un mirino pazzesco senza lag e senza blackout. In questo senso, per un fotografo sportivo che utilizza una macchina Mirrorless potrebbe essere una sorta di Graal. Ma anche i pro che utilizzano una Reflex dovrebbero guardare attentamente questo modello poiché, nella pratica, tutte le perplessità che fino a ieri li avrebbero portati ad escludere una Mirrorless nella scelta di un corpo ora sono cadute definitivamente.
Non dobbiamo dimenticare che A1 è una sorta di A7R IV e quindi fa della qualità del file un punto di forza: l’immagine si può quindi croppare anche pesantemente senza che sopraggiungano mai evidenti problemi di dettaglio.
Ottima anche l’affidabilità. La giornata era “fresca” e poteva anche diventare più complicata di quello che è stato, le premesse c’erano tutte: 4° sul tracciato di trail, almeno 85% di umidità, fango, polvere e sporco. D’altronde eravamo persi nei boschi. Sony A1 non si è mai fermata, non ha mai esitato..e io non sono uno di quelli che stanno molto attenti durante l’utilizzo, non cerco di salvare e proteggere troppo il prodotto solo perché mi è stato mandato in prova ma lo uso come se fosse mio (tolgo dall’equazione il costo vivo del mezzo, lo ammetto).
Difatti ho postato sui social anche un paio di foto (le vedete sopra) abbastanza emblematiche di quello che stavo facendo e anziché guadagnare consensi ho solo generato un po’ di apprensione..ma fa tutto parte del gioco. In questo senso le guarnizioni sono state migliorate notevolmente anche se, almeno alla vista, non si vede. Questo è un punto critico per molti professionisti che spesso fanno il parallelismo corpo di grandi dimensioni/tenuta stagna: è sempre stato così ma questa macchina si dimostra una piacevole eccezione. Nonostante l’esterno sia il “classico” al quale ci ha abituato Sony (come lo definisco io “tagliato con l’acccetta”), molto “piccolo” se paragonato ad una EOS-1DX Mark III, la resistenza è da macchina da reportage. Per cui diciamo che, dopo quello sul mirino, anche il mito che le Mirrorless non siano macchine affidabili possiamo sfatarlo, la tecnologia al giorno d’oggi ha fatto passi da gigante.
Che dire? “Ce lo dovrai dire tu” risponderete voi..e avete anche ragione. Purtroppo però mi sarebbe piaciuto tenerla di più per provare altre peculiarità quali il sistema anti-flicker, il synchro flash, la reattività con un 600mm. Ma non posso certo piangermi addosso anzi, sono stato molto fortunato ad essere uno dei primi a poterci mettere sopra le mani. “Sì ok ma quindi?” Quindi: Sony A1 è assieme una A7R IV, una A9 II e una A7S III e, se prendiamo alla lettera gli aspetti prima evidenziati, sembrerebbe anche migliore in tutto. A livello personale credo che in ambito video, pur non essendo un esperto, A7S III sia ancora da considerarsi più flessibile anche perché raggiunge sensibilità da record; mette invece seriamente in difficoltà A7R IV e A9 II. Ma la cosa più importante di tutte è che Sony A1 colma un gap evidente: è forse la prima Mirrorless su cui un professionista può pensare di contare davvero in tutti gli ambiti, per mirino, affidabilità, resistenza, velocità e risoluzione. Con Sony A1, Reflex e Mirrorless ora giocano davvero alla pari sul gradino più elevato del professionismo e, da ora in poi, la scelta se propendere verso uno o l’altro sistema sarà sempre più personale e non più dettata dall’esigenza di schivare le criticità dell’elettronica.
Tutte le immagini sono state scattate con Sony A1 con FE 24-70mm f/2.8 GM ed FE 70-200mm f/2.8 GM OSS.