A chi possono servire 100 Mpxl? Quale resa offrono? Perché il medio formato piuttosto del Full Frame? Sono le domande che ci siamo posti e a cui rispondiamo in questa prova sul campo con gli obiettivi 23mm, 50mm e 110mm.
L’arrivo della Fujifilm GFX100 in redazione ha destato una particolare curiosità, viste le dimensioni dell’imballo, necessario a proteggere un corpo medio formato che offre 100 milioni di pixel senza bisogno di dorsi digitali o algoritmi di stiching. Aprendo quello che si è rivelato una sorta di scrigno delle meraviglie, ho notato come l’ingombro maggiore non era costituito dal corpo macchina ma dal completo set di ottiche. Dico questo per sottolineare come la GFX 100 sia una fotocamera professionale effettivamente compatta; insomma è una mirrorless medio formato digitale nel corpo di una reflex 35mm, dotata per di più di un corredo ottico in grado di soddisfare un gran numero di ambiti applicativi. Vediamo quindi se l’erede della GFX 50S (ed R) sarà in grado di mantenere tali promesse.
La progettazione segue lo stesso filone pragmatico che ormai da anni caratterizza la filosofia di Fuji. La GFX 100 è insomma un bel parallelepipedo in lega di magnesio che trasmette una sensazione di rigidità e robustezza fin dal primo istante in cui la si prende in mano. Il fatto che le forme siano così geometriche non significa che la manovrabilità ne possa risentire; il corpo macchina offre un’impugnatura pregevole, oltre ad un adeguato spazio alle dita che la devono sorreggere. La sensazione è di avere tra le mani non tanto un corpo macchina di medio formato, quanto una top di gamma formato 135. La forma della GFX 100 è differente rispetto alla precedente GFX 50 S/R e questo dipende da una impugnatura verticale che ne estende la sagoma verso il basso e che all’interno ospita due batterie ricaricabili, il secondo set di comandi per le riprese verticali e, in basso, un monitor secondario Oled monocromatico da 256×64 pixel il quale può assumere una pletora di funzioni, personalizzabili da menù. Un limite di questa pur utile impugnatura verticale è l’assenza del rivestimento gommato, e questo lascia un po’ perplessi nel passare velocemente dalla sicura presa consueta a quella verticale, assai meno confortevole.
Di contro la gestione dello schermo posteriore Touch estraibile da 2.36 Mpxl conferma che siamo davanti a un corpo macchina usabile a mano libera nelle situazioni più diverse. Ma non è chiaramente il solo sistema di controllo disponibile: il mirino elettronico Oled da 0,5” e 5,36 Mpxl, rimovibile poiché inserito sulla slitta porta-accessori della calotta (quella del flash per capirci), è a tutti gli effetti il sistema di controllo che sarà usato prevalentemente dai fotografi. La qualità del controllo “visivo” è quindi all’altezza delle aspettative per un corpo macchina medio formato. Cosa significa questo? Significa che il comfort di visione è adeguato ad un utilizzo che preveda una revisione degli scatti e un controllo dei risultati a monitor decisamente più elevato di quanto non sia la prassi per un corpo macchina destinato alla Street. Grande è la completezza delle informazioni, ben personalizzabili, con una qualità di visione molto buona, sebbene non la migliore in assoluto. Per una medio formato è giusto così.
La prima cosa che sorprende è l’abbondanza dei pulsanti personalizzabili, disposti un po’ ovunque sul dorso, sulla calotta ed anche sul frontale della fotocamera. Tutti sono chiaramente gestibili, come si confà a un corpo macchina professionale, all’interno dei menù e credo che questa possibilità operativa sarà una delle prime che sonderete non appena prenderete in mano la macchina poiché la configurazione iniziale è, diciamolo, abbastanza precaria. D’altra parte Fuij non può avere idea del tipo di fotografo che ne prenderà il controllo.
Importante quindi è la personalizzazione di display e comandi. Già, perchè i display disponibili sulla GFX 100 sono ben tre! Senza contare il mirino elettronico. Sulla calotta abbiamo infatti un ulteriore Lcd monocromatico (fondo bianco o fondo nero a scelta) da 303×230 pixel il quale serve essenzialmente a tenere traccia della regolazione esposimetrica (in forma numerica o con una simulazione delle ghiere dei corpi macchina che però vi sconsiglio di usare per la sua macchinosità). Un’indicazione numerica va benissimo.
Torniamo ai controlli. Pregevole per mettere a proprio agio il fotografo è il fatto che già a prima vista saltino subito all’occhio il pulsante Drive ( a sinistra in alto, per la selezione della cadenza di scatto), il selettore per la messa a fuoco Manuale, Singola o Continua (accanto al mirino elettronico), il pulsante Q per il Quick Menù, a portata di pollice. Se a ciò aggiungiamo la ghiera per il controllo del diaframma presente su tutti gli obiettivi, indipendentemente dal fatto che poi si preferisca usare la modalità automatica A o il controllo dell’apertura tramite le ghiere (posizionando il diaframma su C), l’impostazione d’uso è subito chiara.
A dire il vero, in prima battuta sono finito su un’impostazione “ostile” che per essere disattivata mi ha richiesto non poco impegno! Ovvero: tenendo premuto il pulsante funzione superiore a destra, quello grosso dietro il pulsante di scatto, si entra in modalità S.S.Lock, ovvero il blocco dei tempi di scatto: questo è utile non tanto per la priorità dei tempi (basta impostare il diaframma su A, auto) ma per ogni situazione in cui si preferisca non correre il rischio di una variazione non voluta del tempo di scatto (pensiamo all’uso dei flash da studio). Mi ci sono voluti dieci minuti per capire che sarebbe stato sufficiente tenere premuto il già citato pulsante per uscirne! Questa mia esperienza magari potrà tornare utile a chi si trovasse nella mia situazione.
Restiamo sui controlli. Impostando A sulla ghiera dei diaframmi opererete a priorità dei tempi. Impostando i tempi in automatico con il citato pulsante (pressione breve però!) avrete la priorità di diaframma. Fate lo stesso sia con i tempi sia con i diaframmi e lavorerete in Program. Chi è avvezzo alle moderne fotocamere digitali si troverà bene con questo metodo di lavoro. Sempre in tema di controlli: le due ghiere, anteriore e posteriore, così come i joystick posteriori sulle impugnature verticale ed orizzontale, sono “cliccabili. Il click ha solitamente la funzione di conferma delle regolazioni impostate tramite il selettore, ma anche, nel caso dei joystick, di attivazione della selezione dei punti AF.
Fujifilm GFX 100 dimostra di saper sfruttare al meglio le potenzialità di un sistema mirrorless che dispone di 425 punti AF sparsi praticamente sull’intero campo inquadrato; punti che possono essere scelti tramite il rapido e ben dimensionato joystick posteriore. E’ appuntito, non troppo sporgente, di grande feeling tattile per le dita anche al freddo e il click è sicuro e ben percettibile. Insomma si tratta di un’ottima realizzazione, sebbene lo spostamento tra i punti non sia velocissimo.
Tutto l’opposto di quanto riguarda le ghiere. Passi per quella anteriore, già più accessibile per la sua collocazione, ma quella posteriore al freddo è assolutamente impercettibile: troppo poco sporgente, grip inesistente (non si capisce se la si sta ruotando o meno), frequenti clic involontari. Perché dico questo? Perché Fuji, come al solito, affida al Quick menu un gran numero di regolazioni della fotocamera, ma la gestione con la ghiera mi ha causato una serie infinita di frustrazioni quando, soprattutto al freddo, ho provato differenti livelli di pressione per riuscire a farla muovere, finendo però con il cliccare. In generale sono ghiere adatte ad una mirrorless di piccola taglia, per un uso saltuario, non certo per una professionale medio formato la quale vorrebbe dedicare grande attenzione al suo controllo. Anche il monitor posteriore risulta un po’ complicato da estrarre quando il freddo toglie sensibilità alle dita, ma in generale è meglio un monitor robusto e stabile rispetto ad uno che quando si impiglia nella borsa resta lì dopo aver estratto la fotocamera..
I menù implementati sulla GFX100 sono quelli classici di Fujifilm: pragmatici, grigi, oggettivamente ordinati. Non belli ma ben organizzati: quello che serve su un corpo macchina come questo. I display contribuiscono alla funzionalità della macchina, una volta che si è rinunciato alla grafica simil-ghiere su quello secondario superiore; io mi sono trovato davvero bene a dedicare il display posteriore in basso, di tipo Oled, all’istogramma. Per ciò che riguarda gli istogrammi vorrei dare un suggerimento a Fuji: occorre “pesare” meglio le luci puntiformi su tali curve, data la loro importanza nella valutazione dell’immagine. Molto spesso, in presenza di aree piccole di elevata luminosità, la loro percezione si perde sul grafico; eppure sappiamo che queste zone sono quelle che il fotografo osserva per prime all’interno del grafico delle luminosità. A livello percettivo mirino elettronico e monitor posteriore sono discretamente affidabili per la verifica, sebbene la lettura del secondo dipenda dall’intensità della luce ambiente. L’immagine nel mirino elettronico appare leggermente più luminosa rispetto al reale, ma tanto useremo il grafico. Buona l’organizzazione delle informazioni nel mirino; quella che preferisco è la versione contratta, che lascia il massimo respiro alla scena, ma è disponibile anche una versione espansa.
La GFX 100 dispone di un provvidenziale doppio slot SD, importante dato che i file Jpeg in qualità SuperFine hanno una dimensione da 40 MB o 60 MB; personalmente suggerisco al fotografo di usare il secondo slot per il salvataggio in backup, o per la ripartizione tra Raw e Jpeg la quale offre un margine di sicurezza in più della mera grande capacità di due schede. E se perdi i Raw in una scheda? Userai i Jpeg, ovvio! Sempre meglio che dover rifare gli scatti. In ogni caso, la modalità che suggerisco per il secondo slot è quella di backup, dati i costi ridotti delle memorie odierne di grande capacità. Il salvataggio Raw+Jpeg (SuperFine) non è proprio immediato, ma direi che dato il tipo di fotocamera non è un problema.
Per la regolazione della modalità AF si usa la solita voce di menù che permette di scegliere se lavorare con maggiore reattività o privilegiando la precisione; ognuno sceglierà il metodo preferito in base al proprio modo di fotografare. Io ho scelto la modalità Multi Intento anche perché ho fotografato soggetti praticamente immobili, e solo in qualche caso dei ritratti. A questo riguardo, Fujifilm GFX 100 integra il riconoscimento del volto e degli occhi del soggetto, attivabile tramite un pulsante funzione durante le normali fasi di scatto. L’immediatezza di tale funzione è eccellente e devo ammettere che l’algoritmo riconosce bene il soggetto; occorre però che ci sia luce sufficiente, perché in ambienti scarsamente illuminati e con soggetti a basso contrasto occorre dargli una mano, facendo orientare il soggetto in modo che offra al sistema AF appigli per il riconoscimento. Detto questo, devo dire che l’impressione che ne ho avuto è positiva; non siamo ai livelli di rapidità di una mirrorless di ultima generazione (che tra l’altro può usare ottiche che pesano la metà), ma il sistema di riconoscimento si fa usare volentieri e, soprattutto, potete stare certi che l’occhio è davvero a fuoco, anche a tutta apertura. In studio vi suggerisco di non tenere al minimo le lampade pilota, tanto oggi sono a LED che non scaldano. Ampliando il discorso dell’autofocus, in generale la GFX 100 non è una fotocamera da Street; è assurdo pensare che le prestazioni in termini di rapidità di questo corpo (ed ottiche) possano competere con quelle di una 35mm. Tuttavia l’AF della GFX 100 è di certo un passo avanti rispetto al mondo medio formato digitale, soprattutto come gestibilità (punti, scelte delle modalità, riconoscimento di volto e occhi, rapidità nei cambi di impostazione). E sulla precisione non si discute.
Premessa: se volete avere un’idea di ciò che i 100 Megapixel della GFX sono in grado di fare, anche in Jpeg, iniziate e portare a -4 la riduzione del rumore e a 0 la nitidezza. Scegliete inoltre il salvataggio SuperFine e una modalità colore neutra. Quale? Fuji ha la passione di portare nel mondo digitale le denominazioni delle proprie storiche pellicole, il che va benissimo ma, personalmente, preferisco termini più diretti. Detto questo, preferisco le simulazioni definite come Astia o Pro Neg Soft. Non siamo a livelli super-flat, anche perché queste modalità incidono su tono e contrasto più che su nitidezza, saturazione ed altro, ma in linea di massima, volendo gestire l’immagine Jpeg, possono essere prese in considerazione al pari dei parametri classici. Non ho ancora parlato del range dinamico (DR, Dynamic Range) proposto da Fuji fin dalle sue prime fotocamere X..ma lo ammetto: a me piace! Mi rendo conto che fidarsi di una regolazione delle curve di contrasto su un corpo macchina come questo potrebbe apparire sconsiderato ma, se non si vuole scattare un Raw praticamente nero per non perdere le luci, ammetto che l’aumento artificioso della gamma dinamica è utile per portare a casa un Jpeg SuperFine già pronto all’uso. Questo recupero del contrasto e delle luci è ben implementato e difficilmente produce artefatti; è però una scelta personale. Sempre in termini di scelte, le modalità di otturazione sono ben cinque: meccanica (1/4000s di tempo minimo), elettronica (1/16000s modalità silenziosa), con la prima tendina elettronica (fino a 1/1250s, oltre subentra l’otturatore meccanico), ibrida (meccanica fino a 1/4000s, poi elettronica), con la prima tendina elettronica e poi ibrida (elettronica fino a 1/1250s, meccanica fino a 1/4000s, poi elettronica). Un suggerimento: non diventate matti e scegliete l’otturatore meccanico nel caso in cui usate un flash, e quello elettronico negli altri casi, a meno che (come me) non apprezziate il fruscio dell’otturatore. Se doveste avere problemi con soggetti molto rapidi valutate le opzioni ibride o l’otturatore meccanico.
La qualità d’immagine riveste grande importanza, ma vi è anche una questione “quantitativa”; 100 Megapixel sono tanti. Troppi per la fotografia sportiva o di reportage, ma sono adeguati per lo still-life, l’architettura ed il paesaggio. Tra l’impatto di un proiettile e una natura morta in light painting c’è più o meno tutto quello che si può decidere di fotografare, ma il punto è scegliere la fotocamera più sensata in base al soggetto. La GFX 100 su treppiede fa faville. In studio coi flash anche, sebbene qui a prevalere si la risoluzione rispetto all’aspetto tecnologico poiché coi flash manuali si può usare senza remore anche una medio formato a pellicola di 50 anni.
Ho usato Fujifilm GFX 100 soprattutto in esterni, nel paesaggio e per qualche scatto di architettura, e i risultati sono ottimi. Certo l’editing di un file da 100 Megapixel non è proprio agevole su un elaboratore che non sia esagerato quando si iniziano ad usare livelli e maschere a 48 bit; d’altra parte quando si fa editing i bit servono. I 100 milioni di punti rendono possibile, con ottiche idonee, la cattura di dettagli finissimi che rimandono anche dopo una eventuale (non eccessiva) interpolazione verso il basso e che garantiscono la resa dei soggetti in cui il dettaglio fine è importante. Come appunto nel paesaggio, nell’architettura, nello still-life. Vi sono ambiti nei quali vi è ancora oggi la necessità della stampa; la moda è uno di questi, oltre a qualche nicchia di ritratto alla Fine Art. Ovviamente la Street no, il fotogiornalismo neanche, lo sport meno che mai. Provate a proporre più di 24 Mpxl a un fotografo sportivo e lo vedrete scappare inorridito. I pixel non servono nemmeno per il crop. Il crop è lecito, ma non è questo il motivo per spendere 20.000 euro tra corpo ed ottiche. Conviene puntare semmai su una focale più lunga e imparare a comporre meglio. Volendo stringere il cerchio, la GFX 100 è una fotocamera medio formato orientata alla qualità, garantita da un buon sensore, da ottime ottiche e dalla flessibilità del sistema. Il pregio di poterla usare anche a mano libera come fosse una reflex o mirrorless è davvero grande in generi come il ritratto o la moda, con o senza flash. Peso e dimensioni sono contenuti per una medio formato, la GFX 100 resta un bel blocco di metallo da portarsi dietro insieme ai vetri! Le ottiche infatti, per esempio il 110mm che ho provato, non sono leggere sebbene con questo medio tele Fuji abbia fatto miracoli. Anche il nuovo 50mm colpisce per la sua compattezza, oltre che per una rapidità e silenziosità che me lo fa preferire al 63mm che suggerisco di evitare.
Fujifilm GFX 100 è flessibile, l’ho già detto, ma non una scheggia, anche all’accensione e nel salvataggio multi-formato. L’AF è preciso, ma non immediato. Il colore offerto da Fuj è da sempre tra i miei preferiti: è ben neutro, appena freddo, e senza quei rossi e gialli che altri marchi enfatizzano. Nel ritratto vi richiederà un poco di impegno in post-produzione, mentre per il paesaggio e l’architettura è perfetto. Il fatto che l’obiettivo 110mm non abbia un attacco per il treppiede potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma posso tranquillizzarvi: l’innesto G è uno dei più robusti sul mercato. Inoltre Fuji non ha nulla da imparare per quello che riguarda la solidità costruttiva delle fotocamere. Questa premessa per arrivare alla conclusione che ben pochi useranno la GFX 100 alla sensibilità massima di 12.800 ISO. Considerando che il corpo integra un valido sistema di stabilizzazione a sensore su 5 assi in grado di assorbire ben 3 stop di mosso con il medio tele (Fuji dichiara 5.5, ma con il 63mm e in condizioni standard, che non sono quelle in cui lo stabilizzatore serve), ebbene anche nell’uso a mano libera difficilmente sentirete l’esigenza di salire oltre gli 800 ISO. Sappiate che a 1600 ISO, in un ritratto a figura intera a tutta apertura non solo conterete le ciglia della modella, ma le potrete addirittura editare anche se ai bordi del fotogramma.
Sì, certo, ma non inficia la leggibilità dei particolari fini. Piuttosto, sarebbe accettabile uno scatto con questo livello di rumore su una rivista di moda? Probabilmente no, ma perché non è questo l’ambito in cui alzare gli ISO. I 100 ISO della GFX (scatto di prova da 40 MB) sono oltremodo puliti. Forse anche perché, nonostante la disattivazione della riduzione rumore, qualche intervento di pulizia del Jpeg viene fatto. Passando ai 200 ISO (43.5 MB) sulle superfici uniformi spunta una sorta di velo, dato dal rumore, che poi si “concretizza” a 400 ISO (48.5 MB). A 800 ISO (51.2 MB) il rumore è più forte, ma sulle aree uniformi. I dettagli iniziano a essere intaccati a 1600 ISO (52.7 MB), pur restando leggibili (le famose ciglia). A 3200 ISO (62.5 MB) si nota un deciso intervento sulla saturazione, poi a 6400 ISO e a 12800 ISO il peso del file inizia a decrescere (rispettivamente 61.5 MB e 59.8 MB): è il segno che il dettaglio se ne sta definitivamente andando. Dovendo privilegiare la pulizia dell’immagine conviene scattare a 100 ISO, salendo a 400 ISO (aiutati dallo stabilizzatore e dall’otturatore elettronico) con un soggetto dinamico.
In generale sappiate che con queste risoluzioni il modo di valutare il rumore cambia considerevolmente rispetto ai 10 Mpxl o 20 Mpxl del passato. Oggi il rumore torna ad essere una componente dell’immagine. Rifletteteci.
Tolto il dente delle valutazioni quantitative, possiamo ora passare alle impressioni relative alla resa dell’immagine.
Il vero motivo per puntare su una medio formato è il sensore, ma non tanto per la risoluzione, quanto per la sua dimensione. Se infatti cercate una resa plastica e tridimensionale che vada oltre l’estetica del “piccolo” formato provate a passare a un sensore più ampio. Chi usa il banco ottico lo sa. Ovviamente se il vostro genere di ripresa richiede una grande profondità di campo questa non è proprio la soluzione migliore, ma nel ritratto, nel paesaggio o nell’architettura, anche a discreta distanza, la medio formato consente di separare i piani della scena in modo estremamente materico. In particolare vi suggerisco di puntare su focali medie, come il GF 110mm f/2 R LM WR, un obiettivo veramente stupendo per dimensioni, peso, luminosità, focale e resa.
Anche il GF 50mm f/3.5 R LM WR consente, grazie al formato più ampio, di ottenere un notevole effetto plastico, ma non scordate che nel medio formato questa è una focale grandangolare. A tutta apertura, o quasi (f/4), la qualità è eccellente e la pastosità dello sfocato stupenda.
Voglio anche ricordare come, grazie alle dimensioni maggiori delle ottiche per medio formato, sia possibile chiudere il diaframma a valori che su un’ottica destinata a corpi APS-C sarebbero impraticabili. Ovvero f/16, e anche oltre.
Ho provato anche una focale più corta, il GF 23mm f/4 R LM WR, un grandangolare che equivale a 18mm sul formato 35mm. Ma devo dire che questa è l’ottica che ho trovato meno interessante; in esterni il 18mm è una focale oggettivamente esasperata. Per il paesaggio è preferibile una focale equivalente a 24mm, a meno di non avere esigenze particolari.
Le note negative non sono molte, ma è giusto citarle. In primo luogo direi la realizzazione delle ghiere, quella anteriore e soprattutto quella posteriore, che non offrono un adeguato feeling tattile in particolare alle basse temperature.
In secondo luogo posso dire che le due batterie all’interno dell’impugnatura mi hanno letteralmente “mollato” dopo le prime due ore di riprese. E’ vero che ho scattato a basse temperature, ma non giudicherei glaciale una temperatura di 8 gradi. Per carità, nulla di grave, ma considerate che non ho lasciato sempre attivo lo stabilizzatore, limitandomi alla fase di scatto, ho disabilitato ogni forma di connessione wireless, ho impostato lo spegnimento automatico dopo 1 minuto e di certo non sono uno che scatta a raffica: eppure dopo due ore non ero più in grado di scattare.
Per quanto riguarda le dimensioni del corpo macchina, posso notare come le GFX 50 S/R sono sensibilmente più piccole.
Per tirare le somme posso dire che Fujifillm GFX 100 si trova sicuramente a proprio agio laddove vi siano le condizioni per spremere i 100 Megapixel del sensore. Ovvero quando la scena sia controllabile in un qualche modo, e non per forza in interni. Non per forza su treppiede. Potete anche farci della Street, ma se ve le comprerete espressamente per la Street, per il viaggio o per il reportage, a mio parere avete sbagliato mira visto che il plus di questo corpo macchina (e delle sue ottiche) è il grande dettaglio ed è questo che dovete sfruttare.
L’AF, come detto, vi supporterà adeguatamente, ma non pensiate di avere tra le mani una top di gamma sportiva, anche perché la reattività degli obiettivi non è quella di un 70-200mm f/4.
Il controllo della fotocamera tramite menu e display/mirino elettronico è ottimo e basta poco per prendere confidenza coi comandi: di certo potrete apprezzarne la pratica essenzialità, tipica di Fuji.
In fin dei conti, se come ho detto, a fare la differenza nei confronti del mondo 35mm sono la dimensione del sensore e la sua risoluzione, perché non noleggiarla per un giorno e provarla direttamente?
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