Prova sul campo di Canon EOS R8, Mirrorless Full Frame entry level che sotto la scocca nasconde le potenzialità di una vera fotocamera professionale.
Canon ha da poco presentato la nuova EOS R8 che, a prescidere dalla fuorviante sigla, è una Mirrorless Full Frame altamente professionale rinchiusa in un corpo amatoriale. Sento il bisogno di parlarne e analizzarla per svariati motivi, uno su tutti perché mi pare che in molti l’abbiano criticata gratuitamente puntando il dito più su quello che le manca che per quello che invece ha.
Dubbi che, vi posso assicurare, sono più che legittimi e che ho avuto anche io inizialmente. Quando mi è stata presentata in Canon Italia non l’ho subito apprezzata; di base non sono un grande estimatore delle “vie di mezzo”, mi piacciono i prodotti verticali, mirati su un utilizzo specifico e che non tengono un piede in due scarpe. Ma le prime impressioni a volte sono sbagliate. La prova è utile proprio questo: per poter cambiare idea, se necessario.
Etimologicamente parlando EOS R8 dovrebbe posizionarsi tra EOS R7 ed EOS R10, ovvero essere una Mirrorless APS-C. Invece no, il sensore da 24 Mpxl di cui è equipaggiata è di pieno formato. Perché questo scherzo da parte di Canon? Purtroppo non mi è dato saperlo con certezza ma un’idea, seppur abbozzata, me la sono fatta. A detta dell’azienda EOS R8 nasce con l’intento di essere la sostituta di EOS R (che in effetti verrà tolta dai listini molto presto)..ma credo che questa definizione sia completamente errata. Anche perché altrimenti in Giappone l’avrebbero chiamata EOS R Mark II. Questa, seppur ben fatta, non può competere con l’originale.
EOS R aveva, e ha ancora, un significato particolare e molto importante: è stata la pietra sulla quale Canon ha costruito la sua nuova chiesa Mirrorless Full Frame. “Come ci ricordiamo la presentazione del nostro primo sistema digitale, un giorno, fra molti anni, saremo ancora qui e ci ricorderemo di questo lancio, il primo di una nuova era della fotografia”. Parole non certo dette a caso e che non si rivolgevano solo al corpo macchina, bensì anche al nuovo innesto RF. EOS R aveva poi un tratto distintivo: era una fotocamera che “osava”. Il design, molto ricercato, era una ventata d’aria fresca in un panorama di modelli tutti molto simili per quanto alcune soluzioni non sembravano essere funzionali, come ad esempio la Touch bar posteriore. “Quando abbiamo iniziato a progettare il Sistema EOS R, il nostro primo pensiero non è stata la realizzazione della prima fotocamera mirrorless Canon. La vera forza trainante è stata invece lo sviluppo di obiettivi ad alte prestazioni che avrebbero rivoluzionato il processo della produzione fotografica e cinematografica proiettandola verso il futuro. La fotocamera EOS R sarebbe stata al centro del Sistema.” Queste le parole di Hironori Oishi, Chief Designer Canon Japan, al quale ho posto qualche domanda sul design del sistema R in un’intervista nel 2021 (che vi consiglio di leggere, la trovate qui sotto).
Insomma, un modello così importante avrebbe dovuto avere un’erede non solamente “in linea” con le aspettative ma che addirittura le superasse. EOS R8 non è così, è “solo” un modello eccellente per prestazioni ma che non va ad “osare” come chi l’ha preceduta.
Ma quindi cos’è? EOS R8 è una EOS R6 Mark II strizzata nel corpo di EOS RP, una professionale travestita da entry level, un lupo travestito da agnello. A diversificarsi, corpo macchina a parte, due piccole, grandi, differenze: la mancanza dell’uscita video 6K Raw e dell’IBIS. Quest’ultimo l’aspetto più criticato. Mentirei e sarei molto ipocrita se dicessi che la stabilizzazione a sensore non è necessaria ma, in fin dei conti, a chi serve? Ai professionisti, come ad esempio a chi fa escursionismo, trekking, scalata e sport estremi..insomma, a chi scende da una montagna correndo e scattando foto. A tutti gli altri? Forse no. Ma la domanda più corretta da farsi è un’altra: quanto ci si può fidare del sistema IS delle ottiche Canon RF? Ecco, è questo il punto da analizzare.
Dopo averci “giocato” per una settimana posso garantirvi che la risposta è affermativa. Per fare questa prova ho scelto lo sport (sarebbe stato troppo facile testare un IS con la street), per inciso il motocross. Sono stato a bordo pista, tra fango e acqua, con EOS R8 ed RF 70-200mm F4 L IS USM: mai una foto mossa, se non per demeriti miei. Questo perché le serie L, tipiche professionali, hanno ben tre livelli di stabilizzazione selezionabili e direi che questa soluzione basta e avanza per portare a casa questo genere di lavori. Ma il mio è stato un caso limite, capiamoci meglio. EOS R8 è nata per essere un secondo corpo per il professionista, a fianco di EOS R3 ad esempio, e come primo corpo per chi proviene da APS-C e vuole cominciare a fare le cose in modo più consapevole. È una fotocamera “da tutti i giorni” che all’occorrenza sa, e può, fare la professionale: ideale per la street e il viaggio ma anche per gli eventi, le cerimonie e, appunto, lo sport.
Ovviamente il professionista che copre ogni giorno questi mestieri ricercherà una macchina dalla miglior ergonomia ma per l’appassionato esigentissimo, quello che alterna la passione al lavoro e che non vuole rinunciare a nulla, questo è il modello giusto. E lui, vi assicuro, dell’IBIS potrà benissimo farne a meno.
Come anticipato EOS R8 è per caratteristiche quasi del tutto identica ad EOS R6 Mark II: sensore Full Frame CMOS da 24 Mpxl, processore Digic X di ultima generazione, Dual Pixel CMOS AF II con algoritmi di Deep Learning (in comune anche con Canon EOS R3) in grado di riconoscere persone, animali (cani, gatti, volatili e cavalli) e veicoli (auto e moto da corsa, treni e aerei), raffica fino a 40 fps con otturatore elettronico, Burst Raw, video con registrazione interna 4K/60p senza ritaglio 4:2:2 10 bit con C-Log e Full HD fino a 180 fps.
— | Canon EOS R | — | Canon EOS R8 | — | Canon EOS R6 II | |
Sensore | Full Frame | Full Frame | Full Frame | |||
Risoluzione | 30 Mpxl | 24 Mpxl | 24 Mpxl | |||
Processore | Digic X | Digic X | Digic X | |||
AF | Dual Pixel CMOS AF | Dual Pixel CMOS AF II | Dual Pixel CMOS AF II | |||
Raffica | 8 fps | 40 fps | 40 fps | |||
Stabilizzazione | – | – | IBIS | |||
Video | 4K/30p | 4K/60p | 4K/60p | |||
EVF | 3.69 Mpxl | 2.36 Mpxl | 3.69 Mpxl |
A parte la mancanza della stabilizzazione a sensore e dell’uscita video 6K Raw, ci sono altre due differenze. La prima è la risoluzione del mirino EVF, un pannello Oled che su entrambi i modelli è dotato di una simulazione OVF ma che su EOS R8 si ferma a soli 2.36 milioni di punti (lo stesso di EOS RP) contro i 3.69 milioni. La seconda è il funzionamento dell’otturatore meccanico, che sul nuovo modello è misto con una prima tendina elettronica, una seconda tendina meccanica e una raffica che si ferma a 6 fps.
Se prendessimo una EOS RP e la ponessimo a fianco di EOS R8 di primo acchito non si distinguerebbero. Il retro è identico: sopra il display a sinistra il tasto Menù mentre a destra quelli AF-On, blocco dell’esposizione, selezione area AF e subito sotto Info, Play e Cestino a circondare la ghiera di selezione.
Le differenze sono sulla calotta: lo switch On/Off che su EOS RP era sul lato sinistro ora è coassiale alla ghiera personalizzabile sul lato destro. Al suo posto su EOS R8 compare lo switch Foto/Video, sicuramente una soluzione migliore sotto ogni punto di vista. Per il resto sono davvero identiche: sulla destra ghiera PASM e pulsante Rec (che diventa personalizzabile in modalità Foto), sull’impugnatura seconda ghiera personalizzabile e minuscolo tasto Fn subito sotto il pulsante di scatto.
Sul fondello troviamo il vano batteria che contiene il single slot SD: è la stessa “piccola” dei modelli Mirrorless APS-C EOS RF ed EOS M. Le dimensioni del corpo, costruito in policarbonato, sono di 132.5 x 86.1 x 70mm e il peso si ferma a 460 grammi: è la Mirrorless Canon Full Frame più leggera a listino (e forse non solo del listino Canon).
Cercare di capire se e quanto fidarsi della stabilizzazione delle ottiche Canon sarebbe stato molto facile attraverso la streetphotography, ma anche molto banale. Per cui ho deciso di sporcarmi le mani e andare a bordo pista, precisamente al Motoclub Cremona una pista di motocross molto frequentata a livello internazionale appena fuori dalla città. E qui voglio fare un ringraziamento davvero speciale al Vice Presidente Claudio Cabrini (che tra l’altro è un fotografo professionista, per giunta canonista! Lo trovate anche su Instagram): senza di lui questa prova non sarebbe stata mai realizzata.
Assieme a me un RF 70-200mm F4 L IS USM, ottica zoom molto compatta e, ovviamente, stabilizzata su tre livelli tutti selezionabili dal barilotto a seconda delle condizioni di scatto. Vero, su pista molto spesso si seleziona un’area AF e poi si aspetta che il soggetto ci passi per far partire la raffica; ma altrettanto spesso quel soggetto bisogna inseguirlo ed è lì che la stabilizzazione comincia a servire. EOS R8 non è una professionale sportiva, forse non vuole neanche esserlo ma può decisamente farlo. Non è solo merito dei 40 fps, dei quali dovreste avere una gran paura, bensì di tutte le specifiche di cui è dotata come il sopracitato sistema Dual Pixel CMOS AF II. Il riconoscimento e l’aggancio del soggetto, nel mio caso dei veicoli e delle persone, è stato sempre perfetto; è davvero una strana sensazione utilizzare una “entry level” in questo modo, non mi era mai accaduto..anche perché non esiste una fotocamera amatoriale con queste potenzialità. Detto questo, il secondo giorno a bordopista ho dovuto abbassare la capacità della raffica per uscirne vivo!
Ma torniamo un attimo al sistema IS delle ottiche. A differenza di altri produttori che si appoggiano ai corpi macchina con IBIS e tolgono la stabilizzazione dagli obiettivi per avere barilotti più compatti e leggeri, Canon fa il contrario. Delle oltre 30 ottiche RF a listino solo 4 ne sono sprovviste: il 16mm F2.8, il 50mm e l’85mm F1.2 e il 28-70mm F2. Per cui è molto semplice, se non si è dei super professionisti, poter rinunciare all’IBIS e farsi bastare l’IS. Come nel caso di EOS R8, che è pensata sì per un pubblico molto esigente ma che non fa della professione il suo ambito principale. Foto mosse o con del micromosso evidente io non ne ho portate a casa, a parte qualcuna..ma l’errore in quel caso è stato mio, non del sistema in sé.
Credo che questo modello sia ideale quindi per coprire più esigenze, come detto anche professionali. Ovviamente però il corpo non è da pro, bensì da fotoamatore: non ha di certo le guarnizioni di una EOS R6 Mark II. Nonostante questo mi sento di consigliarla anche per le situazioni difficili: nel mio caso la temperatura oscillava tra i 4° e i 12°, tra polvere, fango e umidità del quasi 90%. La macchina non ne ha minimamente risentito, senza mai andare in blocco. Inoltre anche la piccola batteria, che di solito si trova sulle APS-C EOS M ed EOS R, ha dimostrato un’autonomia degna di un “modello superiore”: ogni mia sessione è durata circa 2/3 ore con macchina sempre accesa e raffica pronta. A fine giornata sono sempre tornato a casa senza neanche consumarne una tacca.
Altra limitazione di questo corpo è la mancanza del joystick, che però è bypassabile attraverso il pulsante Area AF posto lato destro e la ghiera sull’impugnatura; azionandoli assieme è possibile muovere la zona interessata orizzontalmente mentre per tutte le altre posizioni, per esempio a bordo dell’inquadratura, è necessario utilizzare il display touch. Inizialmente non è una soluzione comodissima ma ci si prende la mano facilmente, sicuramente meglio di un funzionamento full touch. Il joystick resta però un mio pallino e obiettivamente tutta la superficie libera sul retro della macchina è occupata dal pollice: non c’è proprio lo spazio fisico per metterne uno. E poi, ricordiamocelo sempre, è una entry level. Per il resto il feeling in mano è già buono così, anche in condizioni difficili come la mia: per i più esigenti c’è la possibilità di montare un piccolo grip sul fondello che aggiunge poco più di un centimetro al corpo macchina.
Due considerazioni importanti, una pecca ed un accorgimento necessario. La grande pecca di questo modello è non avere un dual slot. Capisco che non sia proposta come un modello professionale ma in fin dei conti, per le sue caratteristiche, quasi lo è. Essendo adatta non solo all’appassionato della domenica ma anche a coprire eventi, cerimonie e sport in modo professionale, un dual slot sarebbe stato necessario; non solo per fare backup, anche per poter dividere un flusso di lavoro in jpeg/raw (6 MB/ 26 MB) o foto video (e sapete un flusso 4K quanto possa pesare).
L’accorgimento si basa invece solo su una mia sensazione. EOS R8 non ha un otturatore meccanico ma “misto”, con la prima tendina elettronica e la seconda meccanica. Lo scatto è davvero molto secco e si sente anche in termini di vibrazioni. Se venisse utilizzata con un’ottica non stabilizzata (magari di terze parti) probabilmente il micromosso sarebbe più che una semplice possibilità.
Nota a margine. La funzione A+ di EOS R8 nasconde una novità che si chiama Creative Assist, un assistente digitale in grado di applicare filtri digitali in modo sì automatico ma dal grado invasivo scelto dall’utente. Cerco di spiegarmi meglio. Una volta selezionata A+ (Automatic +) comparirà sul display in basso a destra l’icona Creative Assist; cliccandoci sopra si accede ad una serie di filtri, da quelli standard allo sfocato, dalla tonalità al bianconero, modificabili in intensità attraverso uno slider. La novità, ad esempio nella gestione dello sfocato, è che il filtro applicato non segue l’apertura nativa dell’ottica: per cui se state scattando con un obiettivo F4, il bokeh potrà comunque essere equivalente ad un F2.8. Credo, ma anche questa è solo una mia sensazione, che il processore utilizzi gli algoritmi di Deep Learning non solo per il sistema AF ma anche per la modalità Automatica. Se così fosse, dato che è la prima volta che vedo questo tipo di funzionamento, sarebbe una soluzione davvero interessante soprattutto per gli sviluppi futuri: in questa modalità la fotocamera fuziona in maniera del tutto identica ad uno smartphone.
Positive. Anzi, di più. Non è facile trovare un modello proposto come amatoriale ma in tutto e per tutto, o quasi, professionale: sensore, raffica e soprattutto sistema AF da prima della classe. Rinunciare alla classica ergonomia dei modelli superiori per un corpo più piccolo e leggero ha il vantaggio di renderla una fotocamera “da tutti i giorni”, portabile ovunque ma che all’occorrenza può fare di più, trasformandosi in una fedele compagna per eventi, cerimonie e sport. Bisogna solo avere l’accortezza di non farsi prendere la mano o avere sempre una SD di riserva nella borsa.