Canon EOS R6 si è dimostrata una tuttofare di estrema qualità. Ma bisogna anche andare a fondo del termine “tuttofare”, che in realtà al giorno d’oggi nasconde molto molto di più.
Si è parlato tanto delle Mirrorless Full Frame Canon, soprattutto recentemente. L’attenzione è stata rivolta perlopiù ad EOS R5 e ai suoi “problemi di surriscaldamento”, che alla fine è venuto fuori che non esistono; tutto dipendeva da un timer interno preimpostato e Canon ne ha allungato la vita operativa. Ma a parte questo credo che non si sia dato abbastanza risalto ad EOS R6, per quanto mi riguarda il modello più interessante e completo dei due. Qualcuno non sarà d’accordo con quest’ultima mia frase, ma spero riuscirò a spiegarmi nel volutamente breve pezzo che segue.
Partiamo dal principio. In questo anno contraddistinto da zone rosse, arancioni e gialle e da lockdown a singhiozzo, le trasferte stampa si sono ovviamente trasformate in appuntamenti virtuali. Presentazioni di prodotto online tramite applicazioni varie come Skype, Meets e Zoom. Prove rigorosamente in solitaria – con le aziende che spediscono il materiale in anticipo rispetto alla sua reale uscita in modo tale che ci sia il tempo per redigerne un’anteprima; un po’ come fanno oltreoceano dove questa è la prassi.
Menzione a parte la trasferta di settembre a Cortona per poter partecipare al Festival Cortona On The Move. In quell’occasione ho scritto alcune mie impressioni sulla nuova vita dell’Associazione On The Move e sono riuscito a fare due belle interviste: una a Davide Bertuccio, fotografo vincitore del Premio Canon Giovani Fotografi con il progetto “Il silenzioso battito delle loro mani”, l’altra a Serena Vittorini sul suo progetto artistico “En Ce Moment”.
Una cosa però l’ho omessa. Non ho raccontato della mia esperienza con Canon EOS R6. Non l’ho fatto non tanto per pigrizia quanto perché la mia non è stata una vera e propria “prova di prodotto”, bensì uno sfizioso e lieto pomeriggio in sua compagnia. Qualche giorno fa mi sono però ricapitate sotto il naso le foto scattate quel giorno e mi sono chiesto: “Ma perché mai non ne ho parlato?”. Cerco quindi di rimediare ora, anche perché EOS R6 voglio inserirla nella mia personale Top 3 dei prodotti su cui ho messo mano in questo funesto 2020.
“Vuori una EOS R, una EOS R5 o una EOS R6?”. Questa frase, che per chi fa il mio mestiere è una delle più dolci del mondo; mi ha fatto subito capire che quel giorno potevo scegliere. Eravamo al Teatro Signorelli di Cortona. La sera avrebbe ospitato la premiazione del Premio Canon Giovani Fotografi e soprattutto la serata conclusiva di Cortona On The Move. Per l’occasione era stato organizzato uno spettacolo; due sole fonti di luce posti ai lati del palco illuminavano la scena che si sarebbe svolta di lì a poco, come ogni pièce teatrale che si rispetti. Solo che qui non si stava per inscenare un dramma, bensì una dimostrazione di danza acrobatica. Insomma, bassissime luci e movimenti veloci: terreno ideale per EOS R6, una macchina che fa della velocità la sua caratteristica principale.
Canon EOS R6 è una incredibile tuttofare. Ma bisogna anche andare a fondo di questo termine, al giorno d’oggi quasi omnicomprensivo ma che in realtà nasconde molto molto di più. Causa un pubblico sempre più esigente, le “tuttofare” che un tempo era fatte per non sfigurare in svariati ambiti sono diventate modelli professionali in tutto e per tutto. Basta dare uno sguardo alle caratteristiche, alcune prese in prestito proprio da quel mostro sacro che è la EOS-1D X Mark III. Sensore Full Frame CMOS da 20 Mpxl, processore Digic X, stabilizzazione interna IBIS, raffica da 20 fps con otturatore elettronico e da 12 fps con otturatore meccanico, gamma ISO compresa tra 100 e 102400, Dual Pixel CMOS AF II con copertura del 100% del sensore, rilevamento AF di -6.5 EV e video 4K a 60 fps. Specifiche che la rendono ideale per la fotografia street, sportiva e notturna.
Questa “tuttofare” è un po’ una macchina dei record per Canon. Grazie a tutto ciò sono riuscito a fare delle ottime foto agli artisti sul palco; movimenti veloci e luci quasi inesistenti non hanno intimorito EOS R6, che non ha perso un colpo in raffica con inseguimento AF. Menzione d’onore poi per la tenuta perfetta fino a 5000 ISO. Con Digital Photo Professional ho infatti controllato l’area di messa a fuoco della macchina e il dettagio dei frame ripresi: praticamente tutti nitidissimi.
In un contesto così buio ammetto che ho sentito la mancanza del display sulla calotta – utile per tenere sotto controllo i parametri con i quali si sta scattando – caratteristica limitata solo ad EOS R ed EOS R5; al suo posto la sempreverde ghiera PASM, che nei modelli appena menzionati è stata sostituita con la più moderna Mode.
Il design quindi non è spiccatamente rivoluzionario ma ancorato al classicismo delle reflex. Non per altro questa macchina sembra una crasi perfetta tra EOS 6D Mark II ed EOS 7D Mark II in chiave mirrorless. Ho utilizzato un obiettivo RF 28-70mm f/2L USM, professionale e non certo compatto..ma quasi sempre la qualità non può sottostare a compromessi di peso e ingombri. Tra l’altro alla massima escursione consente di raggiungere gli 8-stop di stabilizzazione, ideali nel contesto teatrale ma soprattutto quando si è in giro per le strade. Ed è proprio qui che poi mi sono spostato, per avere anche un paragone street di questa EOS R6.
Anche in un contesto meno controllato siamo ad altissimi livelli. Certo, il bundle che avevo in mano composto da un’ottica così ingombrante non è certo il massimo per la fotografia street, ma la macchina è una scheggia; veloce in aggancio del soggetto in AF ma quasi soprendente in stabilizzazione. Gli 8-stop massimi permettono di avere scatti a fuoco anche se si fotografa mentre si sta camminando, pazzesco. Plus da non sottovalutare il display estraibile ed orientabile, molto apprezzato se si vuole cambiare inquadratura.
Credo, e come me lo hanno pensato in molti, che la diretta concorrente di Canon EOS R6 sia Sony A7 III: dimensioni simili, stessa natura di “tuttofare” di qualità. Una però è nuova, l’altra ha già due anni sul groppone. In meno EOS R6 ha giusto quei 4 Mpxl in risoluzione. Per il resto è figlia dei tempi che corrono per cui dispone di qualità “aggiornate” rispetto alla Sony: 20 fps contro 10 fps, video 4K/60p contro video 4K/24p e, soprattutto, sistema AF Dual Pixel II con rilevamento AF fino a -6.5 EV contro i soli -3 EV.
E poi i punti di messa a fuoco. In questo caso EOS R6 può contare su 6072 posizioni AF a punto singolo o 1053 in AF ad inseguimento con riconoscimento del volto; A7 III si ferma a 693 punti (come se fossero pochi) a rilevamento di fase e contrasto. Entrambe si avvantaggiono delle referenze di modelli professionali, nel primo caso di EOS-1D X Mark III, nel secondo di A9. Infine gli ingombri: la Canon misura 138 x 98 x 88mm, leggermente più grandi di A7 III e con un peso di 30 grammi superiore. In ambito street, per questioni di peso generale e reattività, una macchina come A7 III è forse ancora preferibile. Ma se pensiamo alla fotografia sportiva e a quella nottura, EOS R6 ha davvero una marcia in più.
Che dire, è stato un pomeriggio breve ma intenso. EOS R6 non è un modello da sottovalutare o da considerare solo come “tuttofare” perché nelle mani del giusto fotografo è una professionale a tutti gli effetti. È un modello completo sotto ogni punto di vista; la stabilizzazione è incredibile e le sue capacità AF in condizioni di luce “molto più che scarsa” sono sorprendenti. Rispetto alla concorrenza, non solo Sony A7 III ma anche contando Nikon Z6 II e Panasonic Lumix S1, ha 4 Mpxl in meno a sensore. Ma è importante? Direi proprio di no.