In pista, a La Pista, nuovamente. Questa volta per provare in anteprima la nuova nata X-H2s, una vera professionale che proietta Fujifilm nel segmento sportivo una volta per tutte. “H” come Hybrid, “S” come Speed.
Durante l’X-Summit di Omiya Fujifilm ha presentato la nuova X-H2s, la seconda generazione di modello ibrido che però non ha nulla, o quasi, a che fare con X-H1. Perché? Semplicemente perché ne espande le potenzialità: è una macchina veramente “pro” sulla quale si può contare in ogni condizione. E, come sapete, la dicitura “professionale” non è per tutti nonostante sia abusata, è solitamente cucita su una macchina se questa riesce a sostenere il carico di lavoro del fotografo sportivo. E X-H2s ci riesce.
Il mio rapporto con La Pista di Arese si sta cominciando a fare intenso. Qualche mese fa provai in condizioni davvero difficili Canon EOS R3 ed EOS R5, recentemente sono tornato per testare Fujifilm X-H2s. Anche qui non è stato facile, soprattutto a causa della temperatura: 35° fuori, almeno 10° in più in pista. La definisco “la prova che non ti aspetti” per varie ragioni. La prima è che finalmente abbattiamo il “mito” per il quale il formato APS-C non sia adatto ad un certo mestiere, cosa quanto mai buona e giusta e sempre da ripetere fino allo sfinimento; la seconda è, e lo ammetto candidamente, avevo sì grandi aspettative ma non mi aspettavo simili prestazioni.
Ma prima di parlarvi della macchina e di come funziona voglio fare una premessa che mi sembra necessaria in questo caso. Magari non tutti saranno d’accordo con me, magari domani Fujifilm mi chiamerà per dirmi “Ma seriamente!?”, però non posso esimermi. Argomento: “il professionista e la nuova X-H2s”.
Come ho scritto poco sopra, recentemente si dice che un po’ tutti i modelli siano professionali per ragioni di risoluzione, tecnologie impiegate, potenzialità video ecc. Ma, in fin dei conti, simile accezione (in campo fotografico) si può valutare solo prendendo come termine di paragone il fotografo sportivo. Non me ne vogliano gli altri ma è lui che solitamente ha bisogno più di tutti di affidabilità, qualità e velocità. Tutte assieme e nello stesso momento. Opera in condizioni limite, i suoi scatti sono irripetibili poiché non c’è mai una seconda chance o una situazione “simile” con la quale poter coprire una foto persa. Inoltre ha bisogno di trasferire immediatamente gli scatti, non può certo fermarsi a fare la postproduzione. Per questi motivi le vere professionali, quelle che ricordiamo del quasi decaduto mondo Reflex, sono sempre state cucite addosso allo sportivo. Ed erano poche. Quelle di oggi invece sono di più: abbracciano una cerchia più ampia di professionisti, d’altronde il mestiere è cambiato molto nel corso degli anni. Ma quello che intendo io per ammiraglia è sempre riferibile ad un ristretto gruppetto di modelli; parlo di Canon EOS R3, Nikon Z9, Sony A1 e A9 II, le uniche che riescono a reggere un determinato flusso di lavoro.
Ma torniamo al mio campo minato, torniamo a Fujifilm. Nella sua storia, ricchissima di modelli iconici e di altissimo profilo, Fujifilm non ha mai avuto una macchina che si potesse definire davvero “ammiraglia”. Certo, a dire il vero fino a ieri potevamo considerare la linea X-T come tale..ma c’erano delle limitazioni abbastanza importanti in determinati contesti, senza nulla togliere alla qualità generale del prodotto e del file immagine sia ben chiaro. Poi ovviamente è uscita GFX, l’unica medio formato digitale che possa fregiarsi di questo nome e che possa uscire da uno studio fotografico. Con questa large format Fujifilm si è un po’ allontanata dall’accezione “street” con la quale gli X-Photographer l’hanno sempre vista, vuoi per la sua storia fatta di fotocamere analogiche e pellicole, vuoi per i suoi modelli digitali vintage con le ghiere, vuoi per le sue Film Simulation, vuoi per i mirini a telemetro. Questo fino a ieri, dato che con X-H2s l’azienda comincia a fare sul serio un altro mestiere.
Quando Fujifilm presentò X-H1 balzò subito in cima alla mia lista delle preferenze; un modello ibrido in grado di fare un po’ tutto, sia foto che video, ad un livello leggermente superiore a quello che offriva il parco del tempo. Ma era troppo simile ad una X-T, anche se aveva uno spiccato orientamento cine; questo probabilmente il motivo per il quale non ebbe il successo sperato. X-H2s è un mondo a parte: una vera ammiraglia fatta per il fotografo da bordo pista che collabora con le agenzie stampa. Anche con una X-T si poteva fare questo mestiere? Sì, ma bisognava rinunciare alla raffica della concorrenza (a 30 fps c’è un leggero crop) e imparare a gestire un sistema AF che, seppur buono, poteva sbavare. E poi le ghiere vintage non sono certo intuitive per un determinato mestiere. Problemi risolti. Ora si può contare su un sistema di controllo remoto che permette l’utilizzo simultaneo fino a quattro corpi macchina, un sistema AF davvero predittivo in grado di riconoscere auto e moto da corsa che non sbaglia un fotogramma, una raffica da 40 fps pazzesca, una porta Lan con cui spedire le immagini ad un FTP o in agenzia, una porta USB-C con cui fare il tethering cablato sfruttando il 5G di un device, una ghiera PASM con sette personalizzazioni C. Si poteva fare prima? Purtroppo no. O non in maniera così affidabile e completa. E poi le nuove ottiche, una su tutte XF 150-600mm, focale lunghissima che prima non esisteva a listino; bisognava “accontentarsi” di XF 200mm accoppiato ad un moltiplicatore di focale, ottimo come qualità ma non certo la stessa cosa. Inoltre abbastanza corto per lo sport, dove solitamente si utilizzano i 600mm e gli 800mm. Per quanto mi riguarda X-H2s, grazie anche a questa offerta ottica, è paragonabile ad una Canon EOS R3 o ad una Sony A9 II. E a settembre arriverà anche X-H2 da 40 Mpxl e, se tanto mi dà tanto, forse la potremo paragonare ad una Nikon Z9 o ad una Sony A1.
Se siete arrivati a questo punto e ancora non mi state odiando per quanto ho scritto, possiamo andare avanti. Ora vi posso parlare a cuor leggero di questa macchina e delle mie prime, seppur brevissime, impressioni sul campo.
Ne ho parlato nei giorni scorsi dopo l’X-Summit di Omiya ma occorre rimarcare un po’ tutto; gli sforzi fatti dagli ingegneri sono stati enormi, non solo a livello software ma anche a livello hardware. La sua caratteristica principale è senza dubbio il sensore, un X-Trans CMOS 5 HS Stacked da 26 Mpxl: H sta per Hybrid, S sta per Speed. La velocità di lettura della luce è infatti garantita dal posizionamento della circuiteria sotto lo strato sensibile, una soluzione che molti utilizzano da anni ma che per la prima volta vediamo su Fujifilm. E attenzione, non sarà questo il prossimo standard: non vedrete mai una X-T o una X-Pro con un sensore impilato, è destinato solo a questo modello per ovvie ragioni ed esigenze. Tanto per fare un esempio, la prossima X-H2 avrà un sensore X-Trans CMOS 5 HR (quella R sta per Resolution) da 40 Mpxl, non stacked quindi. Il cuore pulsante è però il nuovo X-Processor 5, quinta generazione di processore che, tanto per fare un altro esempio, è circa 30 volte più veloce in elaborazione dei dati di quello che 4 anni orsono era montato su X-H1. Il perché di questa accoppiata è più semplice di quanto si pensi: X-H2s ha una raffica da 40 fps con otturatore elettronico (184 Jpeg/175 Raw) e di 15 fps con otturatore meccanico (1000 Jpeg/400 Raw). La mole di dati che arriva dal sensore va gestita, e soprattutto processata, senza lag e tentennamenti.
Essendo Hybrid, il processore migliora anche tutto il comparto video rispetto ad X-Processor 4. X-H2 registra internamente su schede CFexpress Type B in formato 6K/30p, 4K/120p, Full HD/240p in 4:2:2 10 bit; ai codec H.264/H.265 sono stati aggiunti ProRes 422/ProRes HQ/ProRes LT/ProRes Proxy. Grazie alla presenza di una porta HDMI finalmente grande si potrà poi uscire anche in ProRes Raw 6K/30p e 5K/60p 12 bit.
Il sistema di messa a fuoco ne guadagna sotto ogni aspetto. Grazie ad algoritmi AI ora è in grado di riconoscere umani, animali, uccelli, auto, moto e aerei e tenere il tracking in maniera affidabile. Anche qui è necessario fare una parentesi doverosa. L’AF è lo stesso di X-T4: 425 punti a rilevamento di fase e contrasto che coprono circa il 100% della superficie sensibile. Ma su quel modello non era così affidabile e prestante, la sbavatura in condizioni limite rimaneva una possibilità e, ad esempio, lo stacco tra il riconoscimento tra volto e occhi del soggetto non era così veloce come ora. Il processore è nettamente più affidabile. Inoltre l’aggancio ai soggetti in movimento è fulmineo e su tutta la superficie sensibile, non solo quando questo (le auto nel mio caso) entra nell’area di interesse selezionata. In sostanza, è 3 volte più veloce. Anche il mirino è ovviamente più prestazionale. Un pannello Oled da 5.76 milioni di punti con refresh rate da 120 fps, ingrandimento 0.8x e un lag di soli 0.005 sec; la tecnologia non è Live come su Nikon Z9, è più simile a quella di A1: il lag e il blackout non sono mai pervenuti.
Anche la costruzione esterna cambia radicalmente rispetto ad X-H1, segno che il target di riferimento è stato pienamente centrato. Le ghiere hanno il loro fascino, a me sono sempre piaciute tantissimo, ma su un modello simile non sono la scelta giusta (ricordate X-H1?). Da due (una per i tempi a destra e una per gli ISO a sinistra) sono diventate una: la classica PASM posizionata sulla calotta a sinistra. Estremamente completa, ha ben 7 posizioni C possibili oltre alla modalità video e a quella che richiama i filtri immagine. Sulla destra invece rimane il display e-ink che permette il monitoraggio dei parametri di scatto o video selezionati per la ripresa.
Altra novità è la disposizione dei tasti superiori: ora ISO, WB e un più piccolo tasto anch’esso personalizzabile sono in linea, molto più facili da trovare con il dito senza staccare l’occhio dal mirino. Sull’impugnatura il REC e il pulsante di scatto con coassiale lo slider ON/OFF. Fermiamoci un attimo su questo punto: gli ingegneri hanno inserito una nuova molla a balestra per una corsa più lunga tra la metà e la piena pressione dello shutter. Durante la giornata purtroppo, e non è capitato solo a me, alla pressione completa la fotocamera è passata automaticamente alla modalità video facendomi perdere un paio di raffiche; unica motivazione plausibile di questo comportamento è da additare al firmware non ancora definitivo, almeno spero.
Sul retro in alto, da sinistra a destra, i pulsanti Drive e Play, il joystick AF (forse un po’ piccolo, lo avrei fatto con una superficie maggiore), il tasto AF-On e una ghiera di supporto. Subito sotto il blocco dell’esposizione, il Q, il selettore con all’interno il Menù e Disp. Tutto ciò fa da cornice ad un display LCD da 1.62 milioni di punti estraibile ed orientabile. Ed è qui che avviene una sorta di magia, un’intuizione a mio parere abbastanza geniale: una volta estratto, nello spazio rimanente e lasciato vuoto si potrà montare una piccola ventola per aumentare la dissipazione del calore. Comunica con il corpo macchina attraverso cinque piccoli pin: dalle impostazioni si potranno poi settare la velocità e la rumorosità, facendola partire in automatico.
Perché questa scelta? Il corpo di X-H2s è ricavato da un singolo blocco di lega di magnesio spesso 1.5mm in grado di raffreddare la macchina già da sé ma ci sono condizioni limite nelle quali potrebbe non bastare. Con temperature standard, diciamo fino ai 25°, l’autonomia in registrazione è di circa 240 minuti ininterrotti alla massima risoluzione video; ma quando si sfiorano i 40° il solo corpo macchina garantisce una registrazione continua di 20 minuti mentre con la ventola opzionale si sale a 50 minuti. Piccola e leggera, si potrà portare nella borsa o in una tasca e montarla solo all’occorrenza.
Altro accessorio fondamentale è il battery grip opzionale. Il costo è importante, si parla di circa € 1300, ma è fondamentale si si vuole lavorare sul campo. Oltre alla doppia batteria aggiuntiva, che aumenta il totale a tre, porta in dote altre due porte: la prima è una Lan per il trasferimento veloce ad un FTP, la seconda è una ulteriore USB-C. A differenza di quella posta sul corpo che serve unicamente alla ricarica, questa permette il tethering cablato con uno smartphone per sfruttare la connessione 5G.
O meglio in pista, La Pista. La giornata è torrida, come questo periodo purtroppo vuole. Ad aspettarci è una conferenza stampa con Kai Fukuzawa – Presidente Fujifilm Italia e Guglielmo Allogisi – GM Imaging Solution Division, un piacere poter vedere così tante persone nello stesso luogo tutte assieme. Sul “pulpito” anche due fotografi professionisti, lo sportivo Marco Campelli e il paesaggista Luciano Gaudenzio. Quest’ultimo ho avuto il piacere di incontrarlo anni fa a Trento per la mostra “Cent’anni dopo, ricordi di guerra, sguardi di pace”, un excursus fotografico di circa 4000 km sui sentieri della Grande Guerra. I discorsi durano giusto il tempo di farci venire una voglia matta di mettere mano ad X-H2s. I gruppi sono fatti, le postazioni di prova sono pronte. Due su tutte: una video indoor, con un veloce cambio gomme organizzato per l’occasione, e una fotografica outdoor per saggiare raffica e sistema AF. Inutile dire su cosa mi sono concentrato!
La Pista è dura, per le condizioni climatiche e la luce di mezzogiorno. Il caldo è asfissiante ma la macchina non ha mai dato segni di cedimento nonostante l’abbia utilizzata continuativamente per una buona mezzora e l’impugnatura fosse abbastanza rovente.
Purtroppo la prova di X-H2s è stata abbastanza breve: ho avuto a disposizione solo 5 giri di pista. Troppo poco per metterla alla corda, abbastanza per un primo veloce feedback. Il sistema di riconoscimento AF con AI è fulmineo: l’auto, una volta agganciata, non viene più persa. Neanche quando questa passa dietro agli ostacoli! Inoltre avviene su tutta la superficie del sensore, a prescindere da quale zona sia impostata; in sostanza, anche con rilevamento centrale, il soggetto viene tracciato appena entra ai bordi del fotogramma. Il “rettangolino verde” si modifica a seconda di quanto l’auto sia vicina al fotografo, quindi si adatta alla scena in tempo reale.
Sinceramente, e lo sapete che le ho provate tutte da A9 II a EOS R3 a Z9, sono rimasto spiazzato: non immaginavo un simile passo avanti di Fujifilm e un tale allineamento alle potenzialità del Full Frame. Il paragone con X-T4 non credo neanche sia giusto farlo, l’accoppiata sensore/processore di X-H2s è davvero un mondo a parte.
Tale precisione in riconoscimento sorride chiaramente alla raffica da 40 fps. Se già coi 30 fps bisognava stare attenti a non farsi prendere la mano, qui le cose si complicano notevolmente. In aiuto però arriva il pulsante di scatto: la mezza corsa è più lunga, quindi si può azionare l’AF con maggior sicurezza prima di scattare. Purtroppo come ho scritto poco sopra, nonostante fossi in C1 (raffica + ISO Auto) per tre volte alla completa pressione si è stranamente azionato il video. Una cosa talmente inspiegabile che sono sicuro sia dovuta al firmware non definitivo del modello, quindi niente panico. In ogni caso su 40 fotogrammi trovarne uno fuori fuoco è difficile.
Le ottiche che ho utilizzato sono state due: il nuovissimo XF 150-600mm e XF 50-140mm. Il primo è davvero l’ottica che mancava: equivalente ad un 225-900mm è in grado di corpire la pista praticamente ovunque e sarà un’arma eccezionale per sportivi e naturalisti. Probabilmente non rimarrà l’unica opzione “lunga” nel parco ottiche Fujifilm ancora per molto, spero e credo ci saranno altre novità in futuro. In ogni caso, il fatto che sia zoom non deve spaventare: ormai le prestazioni sono molto vicine a quelle delle focali fisse. Date però le nostre postazioni dietro i guard rail, molto “sul tracciato”, maggior parte del tempo l’ho trascorsa con il 50-140mm.
Nota a margine sulla stabilizzazione. Il corpo macchina compensa 5 stop, di concerto con ottiche stabilizzate si arriva a 7 stop ma a dire il vero non mi è sembrata molto precisa. Anche qui probabilmente colpa del firmware non definitivo.
Un cambio epocale? Sì, per varie ragioni. A livello di design Fujifilm si è proiettata nel futuro: ha abbandonato le ghiere vintage, tanto belle quanto scomode in determinati contesti di scatto, per una più comoda PASM e ha introdotto un sistema di aerazione aggiuntivo molto intelligente. Inoltre la gabbia in lega di magnesio sembra solidissima e resistente anche al caldo più torrido. Ma sono le prestazioni che mi hanno stupito davvero, davvero, tanto. Siamo di fronte ad una APS-C che fa il lavoro di una Full Frame; è precisa in aggancio ed inseguimento AF, arriva ad un massimo di 40 fps e, soprattutto, il file immagine è ricchissimo di dettaglio e dai colori ben bilanciati. Insomma, molto più di quanto mi aspettavo. Entra a pieno titolo nel concetto più classico di ammiraglia? Sì, i fotografi sportivi potranno dormire sonni tranquilli.