Ho potuto intervistare Donald Weber, importante autore di reportage di fama internazionale, vincitore della categoria “Portraits – First Prize Stories” del World Press Photo 2012 con il lavoro Interrogations.
Domenica 16 luglio si sono concluse le quattro giornate di anteprima del Cortona On The Move. In questi giorni le possibilità di arricchire la visita al festival sono state molteplici: esposizioni, letture portfolio one-to-one, visite guidate con gli autori, conferenze stampa ed interventi aperti al pubblico.
Durante questi 7 anni Cortona On The Move è decisamente evoluto, affermandosi come una realtà importante nel mondo della fotografia italiana e internazionale. Grandi firme e la presenza di photo editor affermati hanno dato ai progetti un valore aggiunto. Il cambiamento però non è totale rispetto al passato, ma rimane ben saldo il desiderio di offrire ai visitatori qualcosa di nuovo e di fare cultura “nel modo giusto”. E questo è un aspetto da sottolineare, viste le altalenanti fortune dei festival nostrani. Questa passione si percepisce ovunque, in ogni angolo della cittadina e in ogni cortonese. Da non sottovalutare, anche la promozione del territorio e della splendida cornice della città di Cortona.
Grazie al team On The Move (organizzatore e promotore del festival) e a Canon Italia (main sponsor dell’evento, che si è occupata di organizzare workshop e stampare le opere degli autori in mostra) ho potuto intervistare Donald Weber, importante autore di reportage di fama internazionale, vincitore della categoria “Portraits – First Prize Stories” del World Press Photo 2012 con il lavoro Interrogations. Weber si è presentato a Cortona con il suo ultimo progetto War Sand, completamente diverso dai precedenti, così ho cercato di saperne di più.
War Sand – Il progetto
Il 6 giugno del 1944 è una data che in molti ricordano come il D-Day, lo sbarco in Normandia. 70 anni più tardi di quel fatidico giorno, sembra non esserci più nulla su quelle spiagge. Ma la realtà è differente: una grandissima percentuale di quella sabbia è costituita da schegge, microscopici frammenti modellati dal mare, dal sale e dal sole che possono raccontarci come si sono svolti i fatti.
Partendo da un campione di sabbia ed esaminandone la composizione chimica Donald Weber ha cercato di raccontare l’epicità della guerra, aiutato dalle tecniche di indagine forense, da un drone e da una medio formato.
Come parte l’idea di un progetto simile e come lo collochi rispetto ai lavori precedenti?
Avevo bisogno di un break dal lavoro precedente (Interrogations) così sono partito senza macchina fotografica e con un solo obiettivo: raccogliere tracce. Quello che mi ha colpito maggiormente è stato realizzare che tutto ciò che si vede a occhio nudo -di fatto tutto quello che abbiamo visto sulla WW2- riesce solo a dare idea di quello che è stato. Non ci sono reperti, le cose non si cristallizzano nel tempo. E’ davvero destabilizzante. Perciò la mia ricerca è partita dal microscopio: la possibilità di raccogliere porzioni di territorio, tracce fisiche, e di potervi trovare qualcosa di non visibile in grado di raccontare una storia…è stato quello il momento in cui ho capito che era il progetto giusto.
Un approccio diverso alla fotografia, com’è nata l’idea di una prospettiva simile?
Interrogations è stato un lavoro molto complesso, durante il quale mi sono interrogato molto come fotografo, realizzando che non mi interessava più il classico lavoro di fotogiornalista, per come funziona oggi. Così sono andato alla ricerca di altro. E’ stato più un lavoro su di me, dove mi sono interrogato sul mio ruolo di fotogiornalista e documentarista, distanziandomi un attimo da quel mondo. Ho cominciato a raccogliere info e fare collegamenti fino a trovare un articolo sul D-Day dove si parlava di micro archeologia e quella è stata la scintilla che ha fatto scaturire un’idea: mi sono detto “lo posso fare, è un approccio che posso seguire”.
Può considerarsi quindi un metodo alternativo per approcciarsi al documentary?
E’ un concetto che racconto ai miei studenti: non si sa come si evolverà una storia, è la storia a dirci come raccontarla a seconda dei pezzi che mettiamo assieme.
Quanto tempo è durato questo progetto?
Dei 7 viaggi verso la Normandia per la realizzazione di War Sand, il primo è stato nel 2013 solo per prendere la sabbia. Sono tornato in ottobre 2013 per 10 giorni e poi ogni anno per due volte. Ho scelto di andare in aprile, maggio e ottobre evitando i mesi estivi a causa dell’affollamento di turisti e soprattutto per non avere il cielo azzurro nelle fotografie perché non si prestava al progetto. Non lo volevo nemmeno troppo scuro…in quei mesi il cielo si prestava alla perfezione per l’atmosfera che volevo catturare.
Perché proprio il medio formato?
Fa parte del mio corredo fotografico. E’ una macchina che mi consente di coniugare l’aspetto professionale e quello artistico. Quando ho cominciato facevo fotografie di architettura e quindi questo tipo di fotocamera si presta alla perfezione, ma ho continuato a usare la mia medio formato digitale per i lavori successivi più artistici e anche per Interrogations. E’ più lenta, ma cattura molte più informazioni rispetto alle altre fotocamere. Non mi importa che sia grossa e pesante, io amo la mia macchina. Probabilmente un giorno mi annoierò e cambierò, per ora è il mezzo perfetto per me.
Qual è il significato della fotografia?
Ho cominciato a interessarmi alla fotografia quando ho scoperto il suo potere di raccontare storie. Mi sentivo come un artigiano che costruiva qualcosa. Sono più interessato al concetto di fotografia, quindi anche a quella fatta con i droni per me ha importanza.
Quale consiglio può dare a chi si avvicina alla professione?
Parti da una storia, da qualcosa che ti ha affascinato o colpito particolarmente, scopri di più e raccontalo con le foto.
La mostra War Sand di Donald Weber si potrà visitare a Cortona durante il festival Cortona On The Move fino al giorno 1 ottobre.
War Sand è anche un libro fotografico di 398 pagine acquistabile sul sito di Donald Weber a questo link.