Da pochissimo è diventato Sony Ambassador e questo comporta qualche privilegio, uno dei quali l’aver potuto provare in anteprima, ma soprattutto sul campo, il nuovo 400mm f/2.8 GM.
Alex Farinelli è un fotografo professionista con Permanent Pass per il campionato mondiale di Moto GP, questo vuol dire che per metà anno circa è in giro per il mondo a fotografare i più grandi campioni di questo sport. Da pochissimo è diventato Sony Ambassador e questo comporta qualche privilegio, uno dei quali l’aver potuto provare in anteprima, ma soprattutto sul campo, il nuovo 400mm f/2.8 GM.
Ho avuto l’occasione di incontrarlo grazie a Sony Italia al Misano World Circuit – circuito intestato a Marco Simoncelli – durante la World Ducati Week, una tre giorni organizzata da Ducati Motors che racchiude in un unico luogo appassionati, curiosi, piloti internazionali ufficiali, meccanici e, soprattutto, tante tantissime moto della casa di Borgo Panigale, da quelle storiche a quelle più recenti. Il motivo? Sapere qualcosa in più sulla sua esperienza con il nuovo tele Sony, ma soprattutto sondare se effettivamente c’è spazio per le mirrorless in un settore, quello sportivo, solitamente dominato dalle reflex. Anche perché lui non l’ha utilizzato solo alla World Ducati Week, che comunque è un evento di contorno al motomondiale, bensì l’ha portato anche in pista al Sachsenring (GP di Germania) lo scorso luglio.
Come hai cominciato a fotografare in pista?
Per passione, poi sono riuscito a farlo diventare un vero e proprio lavoro! Ho iniziato con una Canon EOS 5D Mark III e un 600mm di prima generazione: ricordo che era davvero pesantissimo, ma mi trovavo davvero bene.
Poi le cose sono cambiate..
Appena sono entrato nel giro con continuità ho dovuto fare un upgrade e sono passato a EOS 1DX con il nuovo 600mm…ma il passaggio non è stato indolore, preferivo i risultati che mi dava EOS 5D: scatto quasi sempre a massima apertura, in questi casi la messa a fuoco è sempre un punto critico. Nel frattempo ho scritto a Sony dato tutti dicevano che la A9 era una macchina davvero notevole. Volevo provarla ma inizialmente non era disponibile, per cui ho venduto tutto e ho virato su Nikon. Ho preso una D5 (sempre con 600mm) anche perché le macchine Nikon sono le più utilizzate in questo tipo di sport, a bordo pista (a parte gli spagnoli) le hanno tutti.
Come ti trovi con l’attrezzatura Sony?
Da un anno circa ho una Sony A9, tra le altre ed è davvero versatile, soprattutto fuori pista! Grazie al monitor basculante, che sulle reflex non c’è, ti permette di fare inquadrature che altri non fanno e quindi diversificare molto il lavoro. Ad esempio, lo scatto che ho fatto qui a Misano ai piloti sulla griglia di partenza e le frecce tricolori in volo! Utilizzo la Sony A9 principalmente in accoppiata con l’85mm GM, ottica che mi piace davvero parecchio, sia come nitidezza sia come sfocato.
Quali obiettivi utilizzi in pista?
Mi sono sempre mosso con varie configurazioni. Solitamente si utilizza il 600mm per le foto a bordo pista, in certi casi anche il 70-200mm per dare un po’ più di ambientazione. Da quando utilizzo Sony, uso spesso l’85mm f/1.4 GM che ora tengo sempre montato su un secondo corpo macchina. Sia in Repubblica Ceca l’anno scorso che in altre gare ho utilizzato il 100-400mm ma il discorso peso e bilanciamento non sempre mi ha permesso di spingermi oltre, soprattutto a mano libera. Con il 400mm f/2.8 GM le cose sono decisamente cambiate, dal Sachsenring ho cominciato ad utilizzarlo in pista e sinceramente mi trovo molto bene; ok, alcune gare come Silverstone ti mettono davvero alla prova, ma in quasi tutte le altre il 400mm ti aiuta ad ambientare e comporre meglio la foto attraverso le grafiche della pista o il paesaggio che fa da cornice all’evento.
Non è un po’ “corto”?
Utilizzando il moltiplicatore 1.4x (che trasforma il 400mm in un 560mm) diventa più versatile ma soprattutto lo scatto non perde assolutamente di qualità, per cui nel mio caso credo sia un ottimo compromesso. In pista ho potuto apprezzare anche la resa dell’AF ad inseguimento con il punto sul soggetto, che è un aspetto molto critico dato che mi piace scattare alla massima apertura, e mi ha dato ottimi risultati. Insomma, era un’ottica che mancava ma soprattutto è indispensabile per chi fa questo mestiere. Comunque non è solo questione di ottica, anche di macchina: la messa a fuoco a zona perde raramente un colpo. Lo scorso anno a settembre stavo facendo lo shooting della Panigale V4 e nel frattempo c’era Stoner che girava come tester, allora mi sono divertito a provare a scattare a mano libera utilizzando la zona: con il caldo che c’era in pista non pensavo l’avrebbe mai agganciato, e invece.
Mi par di capire che non ti faccia molti scrupoli su mirrorless o reflex..
Assolutamente, io prendo in mano la macchina e la uso. Ognuno la vede a modo suo, personalmente mi baso sulla foto finita per dare un giudizio. Poi la mirrorless è flessibile: metto il puntatore dove mi pare e il lavoro di crop lo posso fare subito in macchina, è un modo diverso di lavorare. Lo specchio in situazioni critiche riesci a compensarlo con l’esperienza, ma in un lavoro come questo dove non puoi permetterti di fare molte prove è utile avere l’elettronica dalla tua parte. Prima di provare Sony A9 in prima persona davvero non credevo che fosse così performante.
Lavori da solo o in gruppo?
Collaboro con un maestro del settore, Gigi Soldano. Solitamente siamo un gruppo di lavoro di cinque fotografi, copriamo praticamente tutta la pista: ci diamo delle zone e poi a seconda delle prove del venerdì e del sabato studiamo i punti migliori, quelli dove ci saranno i sorpassi o le incertezze o dove puoi avere begli scorci con il pubblico dietro.
Vi dividete i piloti?
Non proprio. Considera che tra i miei clienti e i clienti dell’agenzia con cui collaboro scattiamo praticamente a tutti: factory, sponsor ecc. Per esempio ci sono team di cui magari ci interessano i particolari come la tutta del secondo pilota o lo sponsor che ha sulla mentoniera del casco. Insomma, te li devi andare a cercare e portare a casa un mix che sia interessante dal punto di vista sportivo e utilizzabile per gli sponsor.
Come selezionate le foto?
La selezione viene fatta da una persona per Moto 3 e Moto 2 mentre per la Moto GP ognuno cura le proprie immagini. Uno di noi che prende le schede di tutti delle categorie minori ed inizia a smistare il lavoro mentre gli altri coprono la Moto GP. Dopo le prove facciamo il punto della situazione su quello che abbiamo e quello che dobbiamo ancora fare per gli sponsor. Poi c’è il lavoro per i social, ci sono team che chiedono i ritratti, altri i particolari dei meccanici…il lavoro cambia a seconda delle richieste, anche all’ultimo minuto.
L’editing è una parte importante del tuo lavoro?
Personalmente sì, mi piace parecchio. Non credo di essere superbo se dico che sono stato uno dei primi a farlo, all’inizio era per causa di forza maggiore perché non avevo l’attrezzatura che avevano gli altri. Adesso lo faccio per passione..che poi un conto è l’editing, un altro è la manipolazione. Il mercato è cambiato, soprattutto negli ultimi anni è più importante l’esaltazione di uno scatto, anche perché poi dai al cliente un prodotto finito e da utilizzare.
Foto più bella?
Non riesco a sceglierne una, me ne piacciono tante..poi personalmente è molto difficile scegliere solo una. Ci sono immagini che lì per lì sembrano bellissime, poi però nella gara dopo ne fai altre e quelle di prima perdono di interesse. Cerchi sempre qualcosa che ti dia un po’ di motivazione personale.
Com’è il pubblico?
Fino al fattaccio con Marquez il pubblico era dalla parte dello spagnolo perché ci vedeva l’erede di Rossi. Dopo, dalla Malaysia alla Spagna, il pubblico è quasi tutto con Valentino. Per carità gli spagnoli hanno tantissimo seguito, ma Rossi è un’altra cosa. Malaysia e Thailandia sono casa sua, il pubblico al 90% è per lui. Rossi è uno che è sempre riuscito a raggiungere tutti fin dall’inizio ma, soprattutto, lui è così perché è un perfezionista e il pubblico lo sa, lo sente. Chi crede lo faccia per soldi sbaglia tutto.
Hai un buon rapporto coi piloti?
Danilo (Petrucci) lo considero davvero un amico, con lui ci siamo proprio trovati. E la cosa assurda è che, nonostante in Italia ci separino pochi km e proveniamo da due città che non si “amano” storicamente, ci siamo conosciuti dall’altra parte del mondo! Anche con Valentino ho un ottimo rapporto, ho avuto modo di conoscerlo meglio quando sono stato chiamato a fare foto al Ranch e lì c’è stata “una scintilla”. Ha sempre cercato di mettermi a mio agio durante il lavoro ai box, mi ha sempre aiutato. Ma soprattutto mi ha insegnato a buttare giù quel muro di “sudditanza” che viene quasi automaticamente quando sei di fronte a campioni di questo calibro.