Ho intervistato Tommaso per approfondire con lui gli aspetti che un fotografo dovrebbe valutare in un servizio fotografico, anche di tipo personale.
Qualche tempo fa ho fotografato il proprietario di un’azienda vinicola che mi aveva chiesto un ritratto nella sua cantina. Eravamo un po’ stretti, io ero incastrato tra le botti per inquadrarlo sotto l’angolatura migliore e lui aveva in mano un bicchiere che io gli chiedevo di tenere in una certa posizione perché prendesse un certo riflesso di luce. “Piega il bicchiere verso di me…un po’ di più…no troppo! Torna un pochino indietro…di meno, sei tornato troppo indietro! Adesso hai girato la testa, torna com’eri prima. No, non eri così.”
Tra una risata e l’altra cercavamo di sincronizzarci per creare un’immagine che lo ritraesse in un momento di assaggio in cantina. Come al solito, io cercavo di controllare l’impatto generale dell’inquadratura facendo attenzione ai particolari. Quando si lavora in condizioni di luce così limitate e si hanno delle esigenze molto precise per l’immagine che si vuole ottenere, è difficile realizzare “uno scatto rubato”. Senza dirigerlo un po’ probabilmente non avrei ottenuto quel riflesso sul bicchiere, l’inquadratura sarebbe stata meno bilanciata e tanti dettagli sarebbero risultati fuori posto.
Concentrato com’ero nel cercare di comporre un’immagine pulita e d’impatto prima che il mio soggetto si stancasse, non mi ero reso conto che si era formata una piega un po’ troppo marcata sulla manica.
Solo successivamente, scegliendo le immagini, mi sono accorto di quella piega. Accidenti, come avrei voluto che sul set con me ci fosse stato Tommaso! Però si trattava di una piccola produzione e non era prevista la presenza di uno stylist. Avrei dovuto controllare meglio io, ed invece quel dettaglio mi era proprio sfuggito. Ma…chi è Tommaso?
Ci conosciamo da molti anni ed abbiamo condiviso gioie e dolori di diversi servizi fotografici. È uno stylist con una lunga esperienza nella moda, ha lavorato con fotografi come Gian Paolo Barbieri, Oliviero Toscani, Bruce Weber e Richard Avedon e vestito modelli e celebrità come Caetano Veloso, Sergio Rubini, Kevin Bacon, Renzo Arbore, Spike Lee, Brandford Marsalis. In poche parole, ha un’esperienza invidiabile!
Quando ci vediamo, abbiamo sempre un sacco di cose da raccontarci, ci capiamo bene e sul set lavoriamo coordinati e in armonia. Lui intuisce le mie necessità e conosce i miei gusti, io mi fido della sua capacità di migliorare una foto. Insieme siamo un buon team.
Molto spesso, i giovani fotografi non conoscono l’importanza di questa figura professionale. Uno stylist (o una stylist) lavora con il fotografo per contribuire a creare lo stile di una immagine. Nelle foto di moda, ma anche in quelle pubblicitarie, è lui che ricerca e seleziona gli abiti e gli accessori che verranno indossati e, a volte, anche gli oggetti da usare sul set. Se il tema della foto da scattare è, per esempio, “optical”, oppure “i colori dell’estate”, oppure “rigore minimalista”…lo stylist propone gli abbinamenti e durante gli scatti controlla che il risultato sia naturale e gradevole.
Naturalmente non sempre il budget della produzione consente di avere uno stylist. È per questo motivo che un fotografo dovrebbe sempre osservare bene quel lavoro e farne tesoro. Quando scatterà da solo, mentre controlla l’inquadratura e la luce, gli verrà naturale controllare anche dei dettagli come il colletto, il punto vita e le pieghe. E, a volte, qualcosa sfuggirà comunque. Per esempio…una grossa piega su una manica!
Per me è stato molto importante lavorare con i giornali di moda, è lì che ho capito l’importanza del lavoro di styling. Tanti anni fa, il direttore di una importante rivista mi disse che la riuscita delle foto di moda è determinata dal lavoro sinergico tra fotografo, stylist e truccatore / parrucchiere. “Il fotografo – concluse – in fondo conta poco più del 30%.”
Lì per lì il ero rimasto interdetto, era come se mi avesse detto che, dopotutto, il mio lavoro non era così importante. Ora però considero quelle parole in modo diverso. Il direttore mi stava facendo notare come nella moda le luci e le inquadrature fossero solo una parte delle esigenze di quel tipo di fotografia.
Col tempo ho capito che la stessa osservazione può essere valida non solo per le foto di moda. Anche nei ritratti, per esempio, tanti elementi concorrono all’equilibrio di un’immagine e non prenderli in considerazione sarebbe un peccato. Con questo non voglio dire che per ogni foto è necessario un lavoro di styling accurato, ma solo che quando si è abituati a osservare bene quei dettagli, poi viene più facile apportare dei miglioramenti. Un cappello indossato un pochino più indietro, o un pochino più avanti, può fare una importante differenza. E lo stesso una manica arricciata in un modo o in un altro.
Sono piccoli dettagli apparentemente insignificanti, ma che fanno una grande differenza quando si osserva una foto perché trasmettono, in modo subliminale, informazioni diverse. Ecco perché è importante che un fotografo, anche quando scatta da solo, impari a controllare quello che controllerebbe uno stylist: come sono gli abiti, le pieghe, gli accostamenti…
In un ritratto vogliamo rivelare la persona e gli abiti, anche se non sono i protagonisti come nelle foto di moda, hanno comunque un peso importante. Possono valorizzare o meno il soggetto (anche a seconda del fisico), dargli importanza, possono sottolineare un aspetto del suo carattere ma anche distrarre lo spettatore. Imparare ad essere consapevoli di questi dettagli è molto importante per un fotografo.
Ho intervistato Tommaso per approfondire con lui gli aspetti che un fotografo dovrebbe valutare in un servizio fotografico, anche di tipo personale.
Da quanto tempo fai lo stylist e come hai cominciato?
Per puro caso nel 1979. Studiavo ingegneria, con scarsa voglia. E poco dopo le vacanze estive accettai di fare il pony per il piccolo brand di moda di una mia amica. Mi chiesero di portare un pacco negli studi di Vogue. Non c’ero mai stato. Entrato, mi trovai in mezzo ad un set tra i flash! Il fotografo aveva dei baffi alla tartara; mi disse di mettermi un giubbotto, mi voleva fotografare. Era simpatico e, sorpreso, accettai. Il fotografo era Oliviero Toscani che poi mi fotografò ancora parecchie volte. Dopo un paio di mesi mi chiamò Flavio Lucchini, direttore dell’Uomo Vogue, e mi chiese se volevo cominciare a lavorare in redazione moda come assistente. Doppia sorpresa, e accettai di nuovo.
Qual è l’aspetto più difficile di lavorare con un fotografo?
È un rapporto complicato perché per funzionare deve essere di grande complicità e sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda. A volte il tuo senso dell’eleganza non è lo stesso del fotografo, ma è lui che scatta e quindi se come stylist provi a dare dei suggerimenti, alla fine devi cedere qualcosa. Oppure le foto se le fa lo stylist stesso! Così mi disse Lance Staedler, un fotografo americano bravissimo che in India non era d’accordo con l’interpretazione che volevo dare alle immagini. “Scatta tu!” mi disse, ma senza arroganza. “Ti metto a disposizione le mie macchine e il mio assistente”. E così ho scattato il servizio come lo avevo pensato. Il più delle volte però il fotografo aggiunge la sua visione, il suo stile.
La persona che più ti ha colpito?
Parecchi anni fa, insieme a Toscani, abbiamo fatto un intero numero dell’Uomo Vogue dedicato al futuro. Andammo negli USA ed io mi portai dietro 14 valigioni (!) pieni di completi da far indossare a premi Nobel, scienziati, professori ecc. ecc. Non fecero una piega … come, e meglio, di modelli professionisti!
Quale stile ti ispira particolarmente?
Mi piace lo stile “non esibito”. Quando capisci che è espressione della personalità. Quando i vestiti sembrano appartenere da sempre a chi li indossa. Bruce Weber tanti anni fa pretese di lavare tutti i capi di un servizio per Denim senza stirarli perché apparissero con una specie di “patina”, come se fossero stati usati più volte e non appena usciti da uno showroom.
Il concetto di “patina” per me è molto importante. Per “patina” intendo il cambiamento che il passare del tempo produce su qualsiasi oggetto e quindi anche su un capo di abbigliamento: un colletto stropicciato, una manica rivoltata casualmente, le pieghe sui pantaloni dopo averli indossati per un po’.
Ricordo che molti anni fa Giorgio Armani fece una collezione uomo tenendo presente questi dettagli ed i pantaloni erano un po’ sformati sulle ginocchia, come succede quando li si indossa per tanto tempo e diventano più vissuti.
L’errore di styling che vedi fare più frequentemente?
L’iperstilismo, cioè voler creare a tutti i costi una foto, ma senza classe. Quindi, modelle conciate come alberi di Natale. Un po’ come quelle poveracce che tutti fotografano alle sfilate. Tempo fa, non mi ricordo chi, uscì di casa indossando volutamente oggetti di casa come il mocio Vileda, un tubo di gomma … e fu iper-fotografato!
Il problema più difficile che hai dovuto affrontare su un set?
Inseguire un fotografo assolutamente pazzo che si gettava a guadare i fiumi o correva dietro ad un cavallo in corsa, e io dietro con i vestiti da far indossare alla modella!
Un suggerimento che vuoi dare ai giovani fotografi
La fotografia deve esprimere dei sentimenti. Deve sembrare credibile, reale. Anche le foto di moda devono raccontare la realtà. Magari interpretata con fantasia. Come faceva Fellini: la sua fantasia raccontava la realtà.
Le foto di moda che sono rimaste nella storia non documentavano solo l’ultima creazione di uno stilista, ma un attitudine, un modo di vivere, un tipo di vita. La moda è sempre lo specchio della società contemporanea. Anzi a volte i segni della moda anticipano i tempi e prefigurano i cambiamenti sociali. Esempi? I primi punk o la Summer of Love di Haight-Ashbury a San Francisco negli anni Sessanta.
I consigli di Tommaso Basilio
• Un servizio di moda è una forma di story telling. Quando scegli i capi immagina di dover mettere in scena un film e quindi pensa agli aspetti narrativi: rifletti su quale tipo di donna è la modella (o il modello), su quale aspetto della sua personalità mostrerà nelle foto …
• Se gli abiti da indossare sono stretti c’è ben poco da fare. Dovrai decidere di tagliare molto l’inquadratura e prediligere le espressioni del viso. Se sono larghi, sistema il tutto con spilli e mollette e molta pazienza.
• Porta tutto quello che puoi e osa mettere accessori come cappelli, occhiali, guanti … poi però comincia a togliere. A volte basta un solo elemento a caratterizzare il soggetto, evita di caricarlo di accessori.
• In un servizio di moda deve sembrare che il soggetto indossi i suoi stessi abiti, deve stare bene in quei panni. Anche in un ritratto il soggetto deve sentirsi a suo agio, sia con i propri abiti, sia con quelli che gli hai fornito tu.
• Cerca di capire al volo da quale parte l’abito è più fotogenico e suggeriscilo al fotografo
• Non farti ossessionare dalle pieghe. Le pieghe possono anche essere fotogeniche e rendono il capo meno “ingessato”. Ovviamente ci sono pieghe e pieghe.
• Se fai lo stylist, ricordati che sei anche tu responsabile del risultato finale dell’immagine. Puoi dare consigli, suggerimenti, idee al fotografo e devi avere un tuo punto di vista sulla fotografia e quindi sulla storia. Ma in ogni caso non rendere il fotografo un semplice esecutore delle tue idee. Una fotografia è un lavoro di squadra.
• Trova un compromesso tra il tuo desiderio di mostrare nella foto tutto il tuo lavoro di styling (scarpe, calze, cappelli ecc) e la necessità di realizzare una foto efficace, ben costruita e attraente.
Testo: Enzo Dal Verme
Enzo Dal Verme terrà un workshop sullo styling fotografico con Tommaso Basilio sabato 8 e domenica 9 febbraio. E’ un workshop che si rivolge sia a fotografi che a fotoamatori e aspiranti stylist, attraverso lezioni sia teoriche che pratiche, l’occasione per incontrare un fotografo e uno stylist che condivideranno con gli studenti i segreti del mestiere. Per iscriversi al workshop basterà seguire questo link.