“Vivo il mio lavoro come un’opportunità fortunata, guadagnarmi da vivere con questo grande gioco visuale non è cosa da poco.”
La passione per la fotografia ha portato Sara Munari a esperienze diverse: viaggi, l’ideazione di progetti fotografici, la creazione di una scuola, la curatela di mostre, la pubblicazione di libri. I suoi suggerimenti per affrontare il reportage e la Street.
La tua esperienza in ambito fotografico è più che amplia. Da dove cominciamo?
Il mio rapporto con la fotografia nasce quasi per caso; in quel periodo facevo la stagione estiva in un villaggio turistico in Veneto e, dato che d’inverno ero molto libera, decisi di fare la scuola di restauro di Venezia; Purtroppo quell’anno i posti erano finiti e cercando un’alternativa che non fosse troppo lontana da Treviso, la città dove all’epoca vivevo, trovai una scuola di fotografia a Padova, Isfav; non immaginavo che questa decisione avrebbe cambiato la mia vita. Terminati i corsi, ho avuto l’opportunità di fare esperienza nel settore commerciale, dopodiché sono tornata a Lecco per aprire la mia attività. Ho cominciato con dei corsi di fotografia di base per poi ampliarli al linguaggio fotografico. Nello stesso tempo portavo avanti il mio percorso autoriale sviluppando progetti con cui partecipare a premi nazionali e internazionali; negli ultimi vent’anni ho ottenuto numerosi riconoscimenti.
Ho avuto molte opportunità espositive e sono soddisfatta del mio percorso, per altro ancora in crescita, anche se mi ha richiesto un impegno enorme. Ho anche scritto alcuni manuali sul tema del linguaggio fotografico in tutte le sue variazioni, libri editi dalla casa editrice Emuse diretta da Grazia Dell’Oro che mi ha sempre appoggiata; ultimamente è uscito un saggio sull’impatto della fotografia nel mondo contemporaneo, fotografico e non. Nel 2019 ho deciso di aprire la mia scuola: Musa Fotografia, che propone corsi sia in aula che online. Amo la fotografia come mezzo di comunicazione e amo la possibilità di sperimentare i nuovi media, cosa che sto facendo coi miei ultimi progetti. Oggi il mio cammino è ormai definito, ma non è assolutamente finito.
Il Reportage e la Street Photography sono lavori di infinita cura del mondo, concordi?
La Street Photography si focalizza sui fatti dell’uomo e il suo vissuto, anche senza bisogno della presenza (umana) nelle fotografie. Mi piace questo genere perché mi dà l’opportunità di osservare l’umanità, le sue caratteristiche, le abitudini, le meraviglie e le diversità. Tutto questo mi ha sempre intrigata. Amo esplorare l’umanità dell’uomo, scusate il gioco di parole. Mi piace viaggiare e ho dedicato ai viaggi gran parte della mia vita; nella mia fotografia di viaggio non ho un approccio documentario, preferisco la spontaneità della vita vissuta per strada e i i miei libri e i miei progetti sono nati raccontando le strade del mondo.
Le vicende, le persone che ti hanno dato di più?
Ho avuto l’opportunità di conoscere persone meravigliose sia durante i miei viaggi che nel mio percorso autoriale perché mi sono confrontata con ottimi professionisti. Tra le persone che mi hanno regalato soddisfazioni e sorprese ci sono alcuni allievi della mia scuola che hanno superato di gran lunga le aspettative che avevo in termini fotografici: dare indicazioni, suggerimenti e scoprire che possono far nascere progetti originali è una grande soddisfazione.
Vorrei che ci parlassi del tuo lavoro sulla Cina, quello su Pechino per intenderci; ma andiamo per gradi, innanzitutto ti chiedo se c´è un motivo per cui hai scelto di rappresentare la città di Pechino e i suoi abitanti.
Il lavoro su Pechino nasce dalla voglia che avevo di rappresentare le città della via della seta; molte delle città lungo questo percorso le ho visitate e fotografate, da Venezia all’Asia. Istanbul è la mia prossima tappa ma ho già fotografato Cina, Armenia, Georgia e Azerbaijan, Mongolia, Uzbekistan, Turchia. Per assurdo mi manca Venezia, ma provvederò al più presto. Pechino è solo una tappa di questo progetto che sicuramente mi vedrà impegnata nei prossimi anni. Contemporaneamente sto creando altri progetti di impianto più sperimentale e concettuale, come già mi è capitato negli ultimi anni, progetti coi quali sto ottenendo ottimi risultati in termini autoriali, sia in Italia che all’estero.
In che modo ti sei preparata per affrontare questo lavoro?
Come ho spiegato, è un progetto che percorre una via ideale da Venezia a Pechino. In generale nei miei lavori il tempo che dedico allo studio è molto maggiore rispetto a quello dello scatto, soprattutto negli ultimi che si basano su concetti articolati e l’utilizzo di più media (video, disegno, realizzazione di pezzi unici fatti a mano…). Per quanto riguarda invece la mia produzione di Street Photography mi preparo studiando il lavoro di altri autori che hanno prodotto fotografie nelle stesse zone. Detto questo, è importante sapere come ci si deve comportare in un paese straniero: conoscere le abitudini, le regole e le usanze del paese che ci ospita permette di capire quando si può scattare, e quando è meglio evitarlo, dove è possibile riprendere e dove è proibito. Noi viviamo in un paese dove non ci sono particolari restrizioni, ma altrove le regole sono ben più rigide ed è fondamentale conoscerle; da donna ho avuto, e non in rare occasioni, alcuni problemi per l’abbigliamento e la possibilità di frequentare alcune zone. Se conosci il luogo, eviti comportamenti che potrebbero farti restare con l’amaro in bocca senza capire bene il perché. “Conoscere” fa sempre la differenza.
Una volta giunta a Pechino, come hai organizzato il tuo tempo lavorativo? Avevi un piano giornaliero, un metodo di lavoro?
A Pechino conducevo anche un workshop di fotografia con otto partecipanti e gli orari erano cadenzati sulla base delle riunioni e delle lezioni teoriche e pratiche. Se invece viaggio da sola mi impongo regole abbastanza ferree: a seconda dal tipo di fotografia che intendo produrre, scatto dalle 4 alle 6 ore al giorno. La mattina esco presto e rientro dopo pranzo; se il paese è molto caldo prevedo una sessione di scatto successiva, dalle 16,30 in avanti. Considera che la mia media di scatto è di è 20/30 foto al giorno; mantenere la concentrazione tutto il giorno non è semplice per strada e se scatto poco riesco a essere sempre allerta. Cerco di evitare le foto superflue e raramente scatto due foto allo stesso soggetto. Se perdo una foto non è importante, senza le mie fotografie non muore nessuno. Vivo il mio lavoro come un’opportunità fortunata, guadagnarmi da vivere con questo grande gioco visuale non è cosa da poco; per ora riesco a giocare la mia partita, vedremo se vinco o se, come nel gioco del Monopoli, mi fermo in prigione, o peggio se devo tornare al Via. Ma sono talmente ostinata che anche da lì ripartirei.
Ti sono capitati momenti pericolosi o divertenti?
Uno divertente. Ero in Russia, credo a Volgograd, e avevo chiesto a un ragazzo informazioni per trovare il mio albergo; stava salendo su un tram e mentre mi indicava con la mano la direzione dell’albergo il suo braccio rimase intrappolato dalla porta. Cercai di avvisare l’autista che però non fece una piega e lasciò il ragazzo imprigionato per un paio di km. Al momento mi sono spaventata, avevo paura per il suo braccio, ma braccio e ragazzo arrivarono sani e salvi alla fermata successiva. A ripensarci, è stata una scena divertente. Di momenti pericolosi me ne sono capitati diversi, situazioni nelle quali sono scappata rifugiandomi in qualche luogo pubblico, una volta sono anche entrata in un albergo. A Bombay mi hanno chiusa in un taxi per derubarmi, a Mostar in Bosnia mi hanno puntato un coltello alla gola, a Fez in Marocco mi hanno seguita e sono dovuta scappare per le strette stradine, a Sarajevo mi hanno rincorsa, a Amasra in Turchia mi hanno picchiata, a Città del Messico mi hanno derubata. Viaggiando sono cose che possono capitare, i delinquenti sono presenti in ogni parte del mondo; per questo è importante conoscere il paese che attraversi.
Prova a fare un bilancio della tua professione, hai avuto più soddisfazioni sotto l’aspetto umano o come autrice?
Sara Munari persona e Sara Munari autrice sono la stessa cosa, sono sempre io l’artefice di quello che faccio. Se parli di soddisfazioni personali, Sara autrice è sempre contenta fino a che un progetto non viene esposto; la fase creativa mi coinvolge e rapisce, mentre mostrare la creazione mi fa sentire nuda e insicura; che sia una mostra o un libro in quel momento mi sorgono dubbi e frustrazioni perchè sono consapevole delle imperfezioni e di quanto io sia evoluta nel frattempo. Se parli di soddisfazioni economiche, posso dirti che non so quanto ho in banca, non uso il bancomat (mai fatto prelievi), la carta di credito (che odio) l’ho usata solo quando non avevo altra scelta. Ci pensa mio marito a farmi trovare i soldi nel portafogli (fa lui il prelievo). Comunque guadagno a sufficienza per mangiare, vestirmi, viaggiare tanto e passare del tempo coi miei cari. Il resto è un di più, viva il baratto!
Sono convinto che nel Reportage e nella Street Photography le donne abbiamo una marcia in più; il tuo lavoro lo trovo ammaliante, cattura come una sirena, con semplicità. Svela il tuo segreto ai giovani che desiderano apprendere.
Se vuoi lavorare nelle strade, devi:
Un aggettivo per definire Sara Munari?
Umana.