La produzione bellica deve marciare spedita ma mancano gli uomini: a milioni sono reclutati nell’esercito. Le donne entrano nelle catene di montaggio.
La produzione bellica deve marciare spedita se l’America vuole vincere la guerra. Il problema è che manca la materia prima umana: gli operai maschi. Milioni di uomini sono infatti reclutati nell’esercito in virtù delle nuove leggi sulla coscrizione obbligatoria. Non restano che le donne da mettere dietro alle catene di montaggio. Ma è più facile a dirsi che a farsi anche per una società così culturalmente evoluta come quella americana.
Nell’America anteguerra, infatti, le donne lavoratrici sono già un’abitudine. Ma a uscire fuori di casa è difficile che siano le madri, soprattutto se hanno figli piccoli. La Casa Bianca ha però bisogno di tutte, con prole infante o senza. Viene perciò incontro alle esigenze di chi ha pargoli fornendo per la prima volta nidi e asili gratuiti statali. Resta il problema che è molto poco chic fare le operaie. In genere infatti le donne americane, quando lavorano, preferiscono trovare impiego nei servizi o nel terziario.
La macchina della propaganda è messa perciò in moto per convincere le americane che è più eroico e patriottico entrare nelle fabbriche e nei cantieri navali. Sintesi riuscita dell’immaginario narrativo sviluppato dal governo e adottato dalla società è la figura femminile concepita da J. Howard Miller nel 1942 per un manifesto della società elettrica Westinghouse. È la sorridente e risoluta “Rosy la Rivettatrice”: ha in testa un fazzoletto rosso a pois e mostra un braccio muscoloso su cui è arrotolata la tuta da operaia. Sotto di lei lo slogan “We Can Do It” (possiamo farcela) rende chiaro a tutte le donne che cosa ci si aspetta da loro.
Il personaggio di Miller, per quanto riuscito e suggestivo, non è però la più famosa rappresentazione di donna operaio dell’epoca in America, anche se nel dopoguerra diventerà il simbolo dei movimenti femministi. Un anno dopo, infatti, l’artista Norman Rockwell propone la sua versione di Rosy destinata a diventare popolarissima negli U.S.A. perché utilizzata dal governo per promuovere l’acquisto dei buoni del tesoro che sostengono le spese di guerra.
Il contributo delle donne allo sforzo bellico non si esaurisce però nell’industria militare. Le organizzazioni civili Wing Scouts e W.A.S.P. – Women Airforce Service Pilots reclutano donne pilota o aspiranti tali con il compito di collaudare gli aerei che escono dalle fabbriche e portarli alle portaerei sulla costa occidentale o agli aeroporti sulla costa orientale, punti di transito per le loro destinazioni finali nel Pacifico, Nord-Africa ed Europa.
Sono poi 150.000 le donne che si arruolano nei corpi ausiliari dell’esercito con compiti amministrativi, organizzativi e logistici. In 60.000 vanno anche volontarie nei corpi infermieri che accompagnano le forze armate su tutti i fronti. Infine, 4.500 si arruolano nei servizi segreti anche con compiti operativi.
Le più famose sul campo sono Claire Phillips e Virginia Hall. La prima lavora sotto copertura in un cabaret di Manila nelle Filippine occupate dai giapponesi. La seconda fa la mungitrice in Francia ed è considerata dalla Gestapo, la polizia politica nazista, la più pericolosa spia alleata sul continente europeo.
L’articolo è tratto dal libro di Zoom Archives: gli 80 anni del D-Day.
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