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Fotografare la danza - Dati di scatto: 1/200s, f/2,8, ISO 2500 alla focale di 54mm

Come fotografare la danza

Nella danza contemporanea si possono trovare le più ostiche combinazioni tra scarsa illuminazione, luci variabili e movimento rapido. Come fotografare al meglio in queste condizioni?

Dario Bonazza | 16 Novembre 2022

Come fotografo di scena, mi trovo a seguire da parecchi anni la danza, la musica e il teatro della mia zona, soprattutto in occasione di festival. Per darvi l’idea, nel momento in cui scrivo sono appena uscito da un festival di danza contemporanea dove avevo da fotografare trentaquattro eventi in dieci giorni!

Qui parlerò più che altro di fotografare la danza, sia perché è il mio principale ambito di attività sia perché se tecnicamente ve la cavate con la danza contemporanea, poi tutto il resto vi sembrerà uno scherzo. Ed in effetti lo sarà, visto che nella danza contemporanea si possono trovare le più ostiche combinazioni tra scarsa illuminazione, luci variabili per intensità e colore e movimento rapido dei soggetti. Non mi viene in mente nessun altro ambito dove questi aspetti condizionino così pesantemente le intenzioni del fotografo e mettano così a dura prova il mezzo tecnico, fino a superarne talvolta i limiti. Chiaramente la situazione non è sempre così critica, visto che ci sono anche spettacoli con luce abbondante e altri in esterni in luce diurna (che tuttavia non è sempre favorevole), ma se volete dedicarvi alla foto di scena dovete mettere in conto tutte le possibilità. Chi dice “ah, no, io più di ISO 1600…” è meglio che si dedichi ad altro.

Due criteri, due sensibilità

Al di là di tutte le possibili sfumature personali, ci sono essenzialmente due modi di fotografare gli spettacoli: quello documentario e quello creativo. Questa non è una distinzione di poco conto, sia perché comporta approcci e risultati ben diversi, sia perché gli stessi fotografi di scena arrivano a capirla spontaneamente solo dopo un certo tempo e alcuni non ci arrivano mai.

Se l’intento è prettamente documentario (e questa è la richiesta più comune da parte delle compagnie), il fotografo tenderà a scegliersi una postazione fissa, possibilmente frontale. Cosi si pone nella condizione dello spettatore designato e ha/dà al proprio pubblico riferimenti fissi nello spazio, raccontando come si spostano i protagonisti e come procede l’azione. Anche l’esposizione e il fuoco avranno l’intento essenziale di descrivere lo spettacolo nel modo più realistico possibile, affinché la foto racconti per quanto possibile ciò che vedeva lo spettatore. Questo è quanto fa tipicamente il fotografo di cronaca del quotidiano, che arriva sul posto, fa cinque-dieci scatti e se ne va. A lui interessa solo documentare che si sia svolto quel tale evento nel tal posto.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1/60s, f/2,8, ISO 4000 alla focale di 98mm

 “De Rerum Natura” di Nicola Galli – Esempio di fotografia descrittiva.

Se invece prevale l’intento creativo, da un lato c’è la caccia allo scatto che da solo sintetizzi al meglio lo spettacolo e dall’altro questo diventa un’interessante situazione per creare anche qualcosa di proprio da parte del fotografo. Con questo approccio ci si prendono ampie libertà espressive, compatibilmente con i vincoli quasi sempre imposti dalla location e/o dall’organizzazione, oltre che da quelli suggeriti dal buon senso e dal dovuto rispetto per gli artisti e il pubblico.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1s, f/6,4, ISO 640 alla focale di 98mm

“De Rerum Natura” di Nicola Galli – Esempio di fotografia creativa.

Diverse di queste foto non racconteranno veramente lo spettacolo, ma ne daranno piuttosto un’interpretazione personalissima. Davanti a questi scatti, le reazioni degli artisti che si sono esibiti possono essere molto diverse: c’è chi si entusiasma per la visione originale e inaspettata, per tutto quello che c’era nello spettacolo e che lo stesso performer non sospettava nemmeno, e c’è invece chi le rifiuta con motivazioni del tipo “non rispettano la mia poetica” o altre forme di gelosia. Certo, l’ideale sarebbe che l’artista e il fotografo trovassero un “sentire” comune da affinare e sviluppare nel tempo, ma questa sintonia e continuità sono assai rare per motivi del tutto pratici; a meno che il fotografo non faccia parte della compagnia o non riesca a stabilire una connessione privilegiata con la superstar. Succede in particolare con la musica, ma qualche volta anche con le altre arti.

Questo discorso introduttivo vale sempre e riguarda qualsiasi tipo di spettacolo: danza, musica, teatro o quant’altro. È quindi fondamentale che il fotografo di scena, o aspirante tale, si ponga la questione e comprenda il da farsi, alla luce di ciò che gli viene richiesto e dei propri margini di libertà e creatività.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1/30s, f/3,2, ISO 2500 alla focale di 26mm

Se lo spettacolo ha una scenografia e/o dei costumi, anche la fotografia strettamente documentaria può dare immagini caratterizzate e interessanti, soprattutto se il fotografo può stare vicino agli artisti. Qui vediamo un momento di Monsone, di Masako Matsushita, uno spettacolo molto articolato come costumi, movimenti e situazioni, di grande soddisfazione per il fotografo.

Il mio approccio alla fotografia di scena è ambivalente: soprattutto se lo spettacolo è abbastanza lungo e ripetitivo, fatte le dovute foto documentarie cerco di dare le mie interpretazioni. Se invece la scena è veloce e molto variabile è più difficile coprire bene queste due possibili traduzioni dello spettacolo, ma ci provo comunque. Personalmente, ritengo che in linea di massima le mie foto più belle vengano dagli spettacoli che più mi hanno preso, mentre le mie foto più sperimentali e talvolta interessanti nascano dagli spettacoli che più mi hanno annoiato, perché stimolano in me la voglia di uscire da quella banalità che mi trovo a sopportare. Da qui, tante volte nascono spunti che poi troveranno realizzazione compiuta in occasioni successive, anche come progetti personali.

Mi è anche capitato di “mettere in scena” una rappresentazione che solo a posteriori ho riconosciuto come ispirata da uno spettacolo visto tanti anni prima, che evidentemente aveva lavorato nel mio subconscio. Credo che sia molto bello recepire i messaggi lanciati da un altro artista, farli propri e reinterpretarli alla luce della propria sensibilità ed esperienza, meglio se dopo un adeguato tempo di sedimentazione. Questo è ben diverso dalla pura e semplice scopiazzatura di ciò che va per la maggiore.

Il rispetto per gli artisti e il pubblico

Il fotografo di scena deve capire prima di tutto le esigenze degli artisti e del pubblico, cercando il più possibile di sparire dalla loro vista e di non disturbare in alcun modo. Questo in generale inizia già dall’abbigliamento scuro e dal muoversi in modo felpato, evitando di produrre luci e rumori. Dando per scontato che flash e illuminatori AF saranno sempre tassativamente esclusi. Oggi non è più ammissibile nemmeno lo scatto dell’otturatore, visto che le attuali tecnologie permettono di lavorare nel silenzio totale, seppure questo introduca il rischio aggiuntivo del banding con certe luci e certi tempi di scatto. Per questo la fotografia di scena è diventata, prima di qualsiasi altro ambito lavorativo, dominio esclusivo della fotocamera mirrorless. In più, in presenza di una “prima” dello spettacolo o di un concorso in una sala buia si dovrà evitare in qualsiasi modo di attirare l’attenzione, perfino col semplice uso dei display, superiore e posteriore.

Tuttavia vi saranno circostanze dove ci si potranno prendere maggiori libertà e altre dove ciò sarà proibito (dalla propria etica professionale, prima ancora che dall’organizzazione). Se il fotografo non si sa regolare, per prevenire guai occorre discutere prima questi aspetti con chi organizza l’evento.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1/200s, f/2,8, ISO 2500 alla focale di 54mm

Credo che questa foto rappresenti l’essenza della fotografia di scena: cogliere l’attimo che sintetizzi il tutto. Prima dello scatto, la performer era nascosta dal buio e quindi invisibile al pubblico e al fotografo. Intuire che stesse per saltare in scena e predisporre la fotocamera su un tempo veloce e il fuoco sulle poltrone è stato un tutt’uno. Per fortuna, la luce non era così scarsa come in altre circostanze e mi ha dato modo di fare questo. Il soggetto è Paola Lattanzi, nella performance “Sopra di me il Diluvio” al festival Ammutinamenti di Ravenna.

Quale che sia il suo nome e la sua reputazione, il fotografo che dovesse mettere la propria comodità e le proprie foto davanti a tutto e a tutti andrebbe cacciato con ignominia dalla sala, e in effetti può capitare. Ho in mente alcuni nomi di fotografi che, se dipendesse da me, non metterebbero più piede in un teatro.

Il punto di vista e la luce

Trovo poco interessanti le riprese frontali e distanti, che guardano il palco da sopra, a meno che il lavoro degli artisti non sia prevalentemente a terra. Questa è certamente la modalità più facile e “guidata” di scattare, ma anche quella che dà minore sfogo al fotografo, togliendogli gran parte dei tipici margini di espressività che può avere: linee diagonali, prospettive spinte, fuoco selettivo. Anche il dinamismo della scena e lo slancio della figura ne soffrono, a partire dall’effetto “gambe corte”. Quando posso scegliere, mi metto sempre vicino al palco. Purtroppo, negli anni della pandemia mi sono ritrovato spesso a fotografare dall’alto e da lontano gli artisti e devo dire che la mia fotografia ne ha sofferto in modo evidente: tante foto valide, ma poche veramente entusiasmanti dal mio punto di vista.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1/100s, f/2,8, ISO 2000 alla focale di 120mm

In linea di massima non amo particolarmente le riprese frontali e dall’alto, tipiche dei teatri tradizionali. Qui però la luce era interessante e ancora di più lo è stato il momento espressivo della danzatrice Elena Sgarbossa in “double:double”.

In interni, il più delle volte il punto di vista scelto all’inizio resterà tale per tutta le performance, non essendo permesso al fotografo di spostarsi. In esterni, oltre a scegliere il punto di vista andrà sempre valutata anche la luce. Per fortuna, in queste circostanze quasi sempre ci si può muovere.

La preparazione

Quando è possibile si consiglia di arrivare sulla scena avendo l’idea di cosa avverrà. Se c’è modo di vedere qualche video dello spettacolo e di parlare con gli artisti, se ne potrà trarre vantaggio concreto. Più che altro, si potrà capire se la performance sia molto dinamica e variata oppure sostanzialmente statica e ripetitiva (anche se un artista difficilmente ammetterà questo).

Anche se spesso fotografo spettacoli e compagnie esordienti o quasi, qualche nome l’ho imparato a conoscere e so già cosa aspettarmi. Questo vale in particolare per alcuni danzatori uomini che basano tutta la loro performance su un mix di agilità e potenza fisica. Quale che sia il titolo dato allo spettacolo, quale che sia la musica (che tanto in foto non si vede) se il danzatore è solo in scena so già che mi ritroverò a fotografare un uomo che ruzzola sul pavimento, in luce scarsa e con qualche gesto atletico non comune. Altri invece riescono ogni volta a sorprendermi con idee e realizzazioni sempre diverse e fantastiche, per cui quando vedo certi nomi a programma so già che ci sarà da divertirsi.

Il mosso controllato

Volenti o nolenti, i fotografi di danza contemporanea devono fare i conti col mosso e devono essere in grado di gestirlo in modo utile. Che sia un vero e proprio panning o un mosso totale o parziale del soggetto per esigenze tecniche e/o espressive, ritengo che non esista un fotografo di scena che possa permettersi il lusso di non padroneggiare queste tecniche.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1/2s, f/2,8, ISO 800 alla focale di 66mm

Il mosso molto pronunciato si discosta parecchio da ciò che vede il pubblico e non è così facile che renda in modo gradevole, né che sia accettato dal danzatore. In questo caso, un distinto ometto dal fisico proporzionato, che però si muoveva in modo alienato in controluce, diventò un inquietante alieno. Dalla performance “When I was in Stoccolma” di Fabio Novembrini.

Esistono solo fotografi più o meno propensi e più o meno bravi nel farlo. A proposito di panning, non capita spesso che l’azione si sviluppi nello spazio quanto basta affinché il fotografo possa usare questa tecnica, altre volte può mancare la capacità predittiva per predisporsi e cogliere il momento utile, per cui non si vedono tanti panning nella fotografia di scena. Per i vari tipi di mosso vi porto degli esempi concreti, con i relativi parametri di ripresa.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1/2s, f/2,8, ISO 2500 alla focale di 129mm

Un tipico (e non sempre facile) caso di mosso controllato è quello dove si cerca di avere il mosso di una parte del soggetto con il congelamento del resto. Il vantaggio tecnico è che l’allungamento dei tempi porta a ridurre decisamente i valori ISO. Nella performance “DOT” di Paolo Rosini, ho potuto scendere da valori ISO altissimi a “soli” ISO 2500 grazie al tempo di mezzo secondo.

L’attrezzatura

Scatto sempre con due macchine, sia per non avere guai se una mi dovesse improvvisamente abbandonare (mai successo) sia per essere sempre pronto con la più ampia gamma di focali. L’ideale sarebbe che i due corpi macchina fossero identici, sia per non avere situazioni operative e sia per non dover adeguare la post-produzione. Io utilizzo da sei d’anni il sistema Fujifilm e prossimamente sostituirò la X-T2 con la X-T4, che monta lo stesso sensore della X-T3. Ovviamente andrebbe benone anche un sistema Full Frame anche se non tutti possono vantare la gamma dinamica e la resistenza al rumore dell’APS-C di Fujifilm.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1/60s, f/4, ISO 5000 alla focale di 10mm

Queste sono le situazioni che più amo, dove il fotografo “entra” nella scena con un’ottica ultragrandangolare. Lo spettacolo “Room 22” di Valeria Nappi e Marianna Moccia avrebbe dovuto tenersi all’aperto, ma venne spostato in interni causa maltempo. Questo ha ridotto gli spazi e ha creato la situazione. Nonostante questo, la luce era insolitamente favorevole.

Come obiettivi, considero essenzialmente gli zoom, salvo che per momenti speciali dove la focale fissa si possa usare con la dovuta calma per giocare con i piani di fuoco. Tranne queste circostanze peculiari, per essere sempre pronti a tutto si va di zoom senza discutere. Quali focali, dipende ovviamente dalla distanza dalla scena. Lo zoom grandangolare dovrà sempre arrivare a coprire per intero il tappeto danza, soprattutto in presenza di numerosi danzatori, mentre quello tele dovrebbe arrivare a far riconoscere bene le espressioni del viso, perlomeno tramite un bel crop. Se siete vicini al palco, con un 24-120mm (o equivalente) ci fate un po’ tutto. Se siete lontani, tipo in galleria o in un palco di un teatro di medie dimensioni, potrebbe non bastare un 70-200mm. In ogni caso, con questi due zoom ci farete il 90% e forse più delle foto.

Esposizione e messa a fuoco

Per l’esposizione valgono tutti gli accorgimenti soliti del fotografo smaliziato, che sappia compensare se il soggetto è piccolo su fondo bianco oppure nero, se si trova in controluce, ecc. I moderni sistemi multi-zonali sono più efficaci di quelli di una volta, ma nelle condizioni più estreme vanno comunque guidati dal fotografo.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1/125s, f/2,8, ISO 4000 alla focale di 140mm

In questa performance intitolata “Hansel & Gretel Alteration” la compagnia Vignali-Dalla Vecchia recita in modo più che evidente anche col viso, oltre a danzare. Il fotografo non deve farsi sfuggire i momenti più espressivi.

Con gli autofocus attuali, è raro che il sistema non funzioni a dovere, anche in luce scarsissima. Semmai ci può volere più tempo di quello utile a cogliere l’attimo, e questo va considerato. A volte, è meglio passare al fuoco manuale. Per ridurre al minimo questi casi, è fondamentale quella pratica che fa capire subito dove cercare il fuoco, per non perdere tempo sulle aree del soggetto dove il sistema AF non ce la può fare. Risolutiva, sia per la questione dell’esposizione che quella della messa a fuoco, sarebbe la funzione di riconoscimento del volto ma nella mia esperienza il numero dei casi di successo di questo riconoscimento è ancora minoritario nelle condizioni della danza; in assenza di correzioni manuali sull’esposizione si alternerebbero pochi fotogrammi perfetti (dove il riconoscimento ha funzionato) e tanti sbagliati. A tutt’oggi, reputo ancora preferibile disattivare la funzione e compensare manualmente in base alla propria esperienza.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1/100s, f/3,5, ISO 12800 alla focale di 34mm

Cogliere l’apice di un gesto atletico è reso più difficile dalla scarsa luce e dalla conseguente difficoltà/lentezza nella messa a fuoco. Valutando che in questa fase l’azione restasse per un certo tempo “sul posto”, sono passato temporaneamente al fuoco manuale e questo mi ha garantito la dovuta prontezza allo scatto. Da “Il mondo altrove” di Nicola Galli.

Dal lato operativo, in genere imposto il tempo in manuale, il diaframma tutto aperto per quanto ne ho e gli ISO in automatico, più la dovuta compensazione manuale. Così gestisco il tempo in funzione dell’effetto desiderato ed evito che questo vada su valori a rischio di banding.

Il banding

Effetti di risonanza tra la frequenza delle luci e la scansione del sensore effettuata dall’otturatore elettronico, oppure tra la matrice del sensore e quella di una proiezione video possono portare ad artefatti sull’immagine acquisita. Questi appaiono il più delle volte come bande sull’immagine. Da notare che talvolta il fenomeno si vede nel mirino elettronico ma non è presente nelle immagini acquisite dal sensore e talvolta (molto peggio) avviene il contrario. Questo perché i due dispositivi hanno matrici diverse, che possono o meno innescare i difetti. Morale: non fidatevi di quello che vedete nel mirino elettronico, ma controllate le immagini riprese.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1/30s, f/4, ISO 10.000 alla focale di 34mm

Oltre alle luci, anche le video-proiezioni eventualmente presenti nello spettacolo possono generare bande sulle foto, per cui occorre particolare attenzione. Qui vediamo Irene Rossi nello spettacolo “Ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla”.

Per avere indicazioni preventive è inutile chiedere queste informazioni all’artista; molto meglio cercare il tecnico alla regia e sperare che abbia voglia di collaborare. In genere è più comune avere questi problemi con i tempi di 1/60 e 1/125, mentre può essere che il difetto scompaia con 1/50 e /100, ma in generale i tempi veloci sono tutti a rischio. Se finalmente avete luce abbondante e vi viene voglia di congelare l’azione con un bel duecentocinquantesimo, occhio che è facile che vi freghi il banding!

Altri aspetti tecnici

Da tempo mi pongo poco o nessun problema per la temperatura colore. Chiedete alle compagnie come impostare il bilanciamento del bianco e vi daranno risposte vaghe, anche perché il più delle volte c’è davvero un bel mix di luci. Di solito imposto 5000K oppure Auto WB, tanto so che poi ci dovrò mettere mano in fase di post-produzione. Da questo se ne deduce che scattare in RAW è essenziale, perlomeno in interni. In esterni e con luce naturale abbondante tutti i santi aiutano.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1/340s, f/2,8, ISO 640 alla focale di 54mm

Qui non c’erano scenografie o costumi, né una luce affascinante, eppure questo scatto riassume tutta la performance del duo Cisternino-Sguotti. Vedendo i movimenti inconsueti del danzatore, ho ritenuto che volesse fare qualcosa di inusuale, mi sono steso a terra e ho colto l’attimo. Quando al festival Ammutinamenti mi chiamano “fotografo performativo” intendono questo.

Invece mi fa ridere sentire suggerimenti come “evitate di portare la macchina al limite delle sue possibilità” con valori ISO troppo alti. Quando mi trovo a scattare con 1/4s, f/2,8, ISO 12800, la foto è ancora sottoesposta e i miei soggetti si muovono velocemente, che faccio? Me ne vado a casa? Non che sia sempre così, ma nella danza contemporanea capita anche questo. Nella musica, in genere, la quantità di luce sul palco è proporzionata ai soldi della produzione, mentre nel teatro è più difficile che la luce sia abbondantissima, ma anche che sia così scarsa. Eppure mi è capitato di fotografare Ascanio Celestini a lume di candela da trenta metri e passa, per cui ci si deve aspettare di tutto.

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Fotografare la danza – Dati di scatto: 1/8s, f/4, ISO 25600 alla focale di 16mm

Lo spettacolo più affascinante, ma anche il più difficile da fotografare dell’edizione 2022 del festival Ammutinamenti, è stato questo “Folk Tales” di Gloria Dorliguzzo. Qui non solo ho sparato tutto quello che avevo da sparare in ripresa, scendendo a 1/8 che rendeva impossibile fermare il movimento, ma ho dovuto “spingere” di un ulteriore diaframma la conversione dal Raw al Jpeg. In altri momenti, la luce in scena era ancora minore.

Idem per l’uso del treppiede: con scene dinamiche, trovo che il treppiede sia quasi sempre più d’impaccio (pratico ed espressivo) che di utilità. A meno che non si facciano quelle foto da lontano a scena intera, che ho già detto non essere nelle mie corde. Naturalmente ci sono sempre delle eccezioni, che il fotografo esperto e preparato sullo spettacolo potrà valutare.

Dario Bonazza
Dopo gli inizi con la fotografia astronomica analogica, ho lavorato per 20 anni nel campo dell’elettronica industriale, passando poi all’attività freelance come fotografo di scena, traduttore tecnico e copywriter per notissime aziende del settore fotografico. Ai lavori fotografici su commissione affianco svariati progetti personali. Dal 2006 collaboro regolarmente con la Editrice Progresso attraverso articoli su tecniche di ripresa, tecnologie e prove pratiche di fotocamere e obiettivi.
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