A chi non piacerebbe rimanere concentrati e calmi anche quando si sta scattando in una situazione molto impegnativa? Non sarebbe bello essere in grado di notare tutto senza lasciarsi distrarre da nulla?
Quante volte guardando una fotografia che abbiamo scattato ci siamo detti: “Ah, non avevo visto che ci fosse quella cosa sullo sfondo!”. Come mai? Forse perché scattando un ritratto siamo così impegnati nel cogliere l’espressione di chi ci sta davanti da non avere attenzione disponibile per controllare altro. Si potrebbe dire che siamo molto focalizzati. O forse… molto distratti! Vediamo come mai.
Imparare a gestire la propria attenzione fotografando è difficile proprio come quando siamo seduti in meditazione e un pensiero si manifesta improvvisamente nella nostra mente: avrò chiuso la finestra nell’altra stanza? Di colpo quella domanda ci sembra importantissima e mentre cerchiamo di ricordare se l’abbiamo chiusa o no, ci viene in mente che fuori dalla finestra c’è un bel sole e che noi siamo un po’ troppo sedentari e dovremmo stare di più al sole, anzi dovremmo stare di più nella natura e potremmo programmare un viaggio. Ma l’ultimo viaggio che abbiamo fatto ci ha un po’ deluso, dove potremmo andare questa volta? Ecco che abbiamo perso la nostra concentrazione seguendo i pensieri. Quando ce ne accorgiamo, ritorniamo con l’attenzione sul respiro (se è questa la meditazione che stavamo facendo) e la nostra mente si calma. Fin quando un altro pensiero non ci distrae di nuovo.
Potremmo essere portati a pensare che, quando scattiamo un ritratto, il soggetto sul quale ci concentriamo sia come il respiro sul quale posiamo la nostra attenzione meditando, ma non è necessariamente così. Anzi, il viso che osserviamo attentamente potrebbe diventare proprio come il pensiero della finestra aperta: questa espressione non va bene, forse devo spostarmi, oppure devo dire qualcosa, ha lo sguardo che non mi convince e la foto non sarà bella, poi chi la guarderà rimarrà deluso… e così la nostra attenzione viene risucchiata da un particolare.
A questo punto si potrebbe obiettare che la finestra è un pensiero che ci distrae dal mantenere l’attenzione sul respiro, ma il soggetto da cosa ci distrae? Noi dobbiamo mantenere l’attenzione proprio sul soggetto, giusto?
Sì e no. Noi dobbiamo mantenere l’attenzione sul soggetto e sull’ambiente nel quale si trova, oltre ad un altro numero di cose tra cui lo sfondo (di cui abbiamo parlato prima), la composizione, la luce, il punto di vista dell’inquadratura, l’impatto d’insieme e le proporzioni, i colori, la posizione del nostro soggetto, il suo sguardo, la sua espressione, i suoi vestiti, i suoi capelli e, soprattutto, la relazione che c’è tra di noi. È la nostra capacità di connetterci e comunicare col soggetto che ci permetterà di fotografare un suo stato d’animo, qualcosa di intimo e non soltanto la sua forma. Se siamo molto concentrati su un solo elemento, non siamo necessariamente focalizzati. Piuttosto, si potrebbe dire che un dettaglio ci ha trascinati via e distratti dalla visione d’insieme proprio come accade quando un pensiero cattura la nostra attenzione durante la meditazione. O, forse, sarebbe ancora più giusto dire che la nostra attenzione ha bisogno di essere libera, consapevole di tutto senza seguire niente. Neanche le impostazioni tecniche che – infatti – sarebbe meglio riuscire a regolare con agilità e il minimo sforzo. E in questo l’esperienza aiuta molto.
Scattando, aiuta avere l’abitudine di percepire a colpo d’occhio l’impatto generale dell’immagine e, nello stesso tempo, riuscire a controllare tutti i dettagli evitando – come si è già detto – che qualche particolare assorba esageratamente la nostra attenzione. Se non siamo in grado di mantenere una visione d’insieme, poi può accadere che riguardando l’immagine ci accorgiamo di qualcosa che non avevamo notato in fase di scatto (proprio come nel nostro esempio iniziale dello sfondo). In realtà, questa è anche una delle cose più affascinanti della fotografia: noi prepariamo il terreno e cerchiamo di fare attenzione ad ogni aspetto dell’immagine che vogliamo realizzare, ma poi il risultato è sempre una sorpresa. Delle piccole distrazioni nostre sono da mettere in conto e anche un comportamento inaspettato del soggetto o degli imprevisti indipendenti da noi, per esempio un colpo di vento o qualcuno che entra nell’inquadratura. Tutto ciò che non possiamo controllare fa parte della magia di una immagine che sarà unica e irripetibile, come lo sono tutte le fotografie.
Quando ci si avvicina alla meditazione, si impara che è importante mettere la propria attenzione sul respiro. Ogni volta che un pensiero affiora e ci distrae, dobbiamo ritornare a concentrarci sul ritmo dell’aria che entra ed esce dai nostri polmoni facendo alzare ed abbassare un punto sotto il nostro ombelico.
In realtà, non è importante avere l’attenzione sul respiro Piuttosto è importante non seguire il concatenarsi dei pensieri e l’attenzione sul respiro è solo uno stratagemma per riuscire a calmare la mente.
Quando – in genere dopo parecchi anni di pratica – avremo imparato a non farci trascinare via dai pensieri, potremo allentare la concentrazione sul respiro ed includere nella nostra sfera di consapevolezza ogni percezione interna ed esterna: i rumori, le sensazioni, i pensieri… In pratica sapremo notare tutto senza lasciarci distrarre da niente. La nostra mente (in linea di massima) sarà calma e silenziosa.
Chi, fotografando, riesce ad avere la mente sgombra e prendere in considerazione tutti gli elementi senza lasciarsi distrarre da qualcosa in particolare, gestisce la propria attenzione in qualche modo simile a chi medita. In altre parole, fotografare può essere una forma di meditazione attiva.
La fotografia non è l’unica disciplina nella quale aiuta avere una visione globale con attenzione al particolare. Nella pratica sportiva, per esempio nel free-climbing o nella boxe, è fondamentale avere la mente libera da distrazioni e riuscire a concentrarsi su ciò che si sta facendo. Occorre prendere in considerazione tutte le variabili della situazione nella quale ci si trova ed essere molto presenti. Difficile immaginare un pugile che comincia a pensare a cosa farà il giorno dopo durante un incontro, giusto? Non a caso, tanti sportivi riferiscono che quando sono concentrati il senso del tempo tende a dissolversi. Proprio come accade durante la meditazione.
A differenza della meditazione, però, sia lo sport che la fotografia hanno un altro aspetto in comune: una certa dose di adrenalina, l’ormone che il nostro corpo produce nei momenti di stress psicofisico.
Situazione di stress e calma mentale si direbbero agli antipodi. A quale fotografo non è capitato almeno una volta di sentirsi agitato e dimenticare qualcosa di fondamentale mentre scattava? Dov’era la calma mentale? Quando si è sotto pressione è facile reagire alla situazione in modo avventato. Eppure è possibile imparare a calmare la mente anche nelle situazioni di stress, il che aiuta a non reagire ma piuttosto a rispondere alla situazione con una azione appropriata. Ecco perché fotografia e meditazione possono andare così d’accordo. Intendiamoci, neanche chi ha molta esperienza di meditazione può avere la certezza di mantenere una calma serafica in situazioni di grande stress, ma in linea di massima educare la propria attenzione aiuta.
Pensando al fatto che fotografando guardiamo al mondo fuori da noi e, invece, quando meditiamo volgiamo lo sguardo internamente, l’abbinamento fotografia/meditazione potrebbe sembrare un controsenso. Non lo è, perché noi possiamo imparare a guardare al mondo intorno noi con la calma mentale sviluppata meditando. E poi, meditazione e fotografia hanno altri aspetti in comune oltre a quelli già elencati. In entrambi i casi sono necessari impegno, disciplina, dedizione. Occorre molta pratica ed occorrono molti fallimenti prima di riuscire ad avere una certa abilità e dimestichezza.
Sia la meditazione che la fotografia possono aiutare a percepire il mondo con uno sguardo più fresco ed immediato, possono aiutare a notare ciò che spesso passa inosservato. Come mai?
Quando siamo bambini piccoli, ogni esperienza è una novità e rimaniamo incantati ad osservare e studiare a fondo ciò che è presente intorno a noi. Forse nella nostra infanzia a un certo punto abbiamo visto un fiore, abbiamo osservato la sua forma e i suoi colori, abbiamo annusato il suo profumo, lo abbiamo messo in bocca, abbiamo toccato ogni sua parte e qualcuno ci ha detto: questo è un fiore. Così abbiamo imparato che quella cosa si chiama fiore. E un giorno abbiamo anche imparato che quel tipo di fiore si chiama margherita e lo abbiamo catalogato nella nostra mente. A poco a poco, la nostra esperienza diretta si è trasformata in un concetto. Adesso, quando vediamo un fiore con il centro giallo e i petali bianchi, sappiamo che è una margherita senza doverla studiare a lungo. Grazie ai concetti ora possiamo ricordare, riconoscere, pianificare, paragonare… Possiamo collegare delle idee, fare dei progetti che coinvolgono cose e persone che non sono presenti ed avere un’opinione su di loro in base ad esperienze passate. Possiamo comunicare. In altre parole, i concetti ci sono veramente utilissimi. Però c’è il rovescio della medaglia. Tendiamo a mettere la nostra attenzione più sui concetti che sulle esperienze dirette. Come conseguenza, viviamo spesso nella nostra mente.
Sia quando meditiamo che quando fotografiamo, dobbiamo riportare continuamente l’attenzione al momento presente e rimanere focalizzati sul qui ed ora, sull’esperienza diretta senza lasciarci distrarre. Entrambe le pratiche sfidano in qualche modo la nostra abitudine ad osservare il mondo attraverso le esperienze passate, nonché l’abitudine a lasciarci distrarre dai pensieri.
Sia per fotografare che per meditare occorre molta pratica, dedizione e il desiderio (non scontato) di volere avere uno sguardo fresco sul mondo che ci circonda.
Ho iniziato a meditare circa trenta anni fa – molto prima di diventare fotografo professionista – ed ho sempre notato una certa affinità tra le due discipline. È qualcosa che in genere tengo per me, perché la fotografia è la mia identità professionale, mentre la meditazione è una pratica personale di cui non sento necessariamente il bisogno di parlare con tutti. Il mio approccio, però, non passa inosservato. Quando insegno, le cose che amo di più condividere sono proprio quelle che meno ci si aspetta in un corso di fotografia ed anche le più apprezzate. Con i miei studenti, per esempio, esploro la nostra capacità di gestire l’attenzione nelle varie fasi di scatto anche quando stiamo fotografando un soggetto difficile, quando ci sentiamo insicuri o in altre situazioni che ci mettono alla prova.
Pensavo di essere l’unico (o almeno una rarità) a concepire l’atto di fotografare come una sorta di meditazione attiva, però mi sbagliavo. Solo recentemente mi sono accorto che sono molti i fotografi a trovare soddisfazione nell’unire le due pratiche. Meditare può essere davvero un grande aiuto anche nella vita pratica di tutti i giorni. Non è un caso che negli ultimi anni, così imprevedibili e turbolenti, sia aumentato notevolmente il numero di persone che si è avvicinato alla meditazione.
Le statistiche evidenziano che i principali motivi per meditare sono:
Dunque non si tratta necessariamente di persone con un orientamento mistico, piuttosto di individui che desiderano avere più serenità anche nell’affrontare situazioni di grande stress. E i fotografi non fanno eccezione.