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Fotografia.it
CFV-II-50C-Hasselblad-500-C/M-magazzino-A12

Usando per la composizione il 'pozzetto' superiore, comodo in caso di forte luminosità ambiente, il monitor posteriore assume funzioni di verifica post ripresa.

Hasselblad CFV II 50C su corpi V: come scattare in digitale con una Hasselblad 500 C/M!

Abbiamo provato il dorso digitale medio formato da 50 Megapixel Hasselblad CFV II 50C abbinato ad un corpo V System Hasselblad 500 C/M analogico ed ottiche vintage: Planar 80mm T* C, CF e Distagon 50mm C T*

Eugenio Tursi | 17 Febbraio 2021

A volte ritornano. Questa citazione cinematografica mi sorge spontanea nel ripensare agli albori digitali in fotografia quando l’unica strada percorribile per facoltosi, oltremodo facoltosi, fotografi allettati dal digitale era quella di dotarsi di un dorso a scansione trilineare da montare dietro al proprio strumento fotografico a banco. Anch’esso spesso prodigo di comportare costi che coloro che hanno vissuto l’epoca d’oro della fotografia professionale in studio negli anni ‘70 e ‘80 rammentano essere tali da rendersi del tutto inavvicinabili a puro titolo amatoriale. Eppure i dorsi digitali è proprio in quel contesto che hanno fatto capolino nel mondo della fotografia a colori. Seguiti dai miracolosi dorsi CCD per medio formato ed infine dalle fotocamere digitali vere e proprie sebbene lontanissime dagli oggetti, adesso usabili, che oggi chiamiamo con lo stesso nome. Eppure c’è un filo rosso che collega quei tempi ad oggi: la voglia e il desiderio di dare vita digitale a strumenti che avevano non solo nella pellicola che veniva caricata al loro interno un pregio di utilizzo, qualitativo e quasi empatico, degno di nota.

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Fotografare con ottiche ‘anziane’ su moderni corpi digitali non è frequente data la spesso verificabile incompatibilità di innesto. Qualitativamente i dubbi circa la resa del vecchio sul nuovo sono molti. Questo scatto è stato realizzato con il Hasselblad Distagon 50mm C f/4 T* diaframmato a f/8, collocando il tutto su treppiedi e sfruttando il sistema Live View offerto dal dorso Hasselblad CFV II 50C. Le modalità di scatto in Live View utilizzando il corpo macchina analogico Hasselblad 500 C/M vanno apprese prima di cominciare a scattare. Si lavora ovviamente a otturatore carico per avere la visione reflex anche da pozzetto, volendo. Occorre selezionare il diaframma di lavoro e far corrispondere ad esso la posa B dell’otturatore meccanico. Il selettore della modalità di scatto va, per comodità, collocato sulla posa T, quella che blocca l’otturatore (se in posa prolungata) e le tendine in posizione aperta sino al rilascio. In alternativa basta usare il blocco di un comune scatto flessibile visto che le Hasselblad 6×6 da sempre lo consentono tenendo la pressione sul pulsante di scatto. A questo punto dal monitor touch sul dorso Hasselblad CFV II 50C si sceglie la modalità Live View e si scatta. Magicamente il corpo reflex Hasselblad 500 C/M si trasforma in un perfetto compendio del sensore digitale da 50 Megapixel! Qui con un Hasselblad Distagon 50mm C 1:4 T*, 100 Iso, f/8.

Il primo esempio di cui riesco a ricordarmi, escludendo i già citati dorsi ‘a mattoncino’, era targato Leica. Il LEICA DIGITAL-MODULE-R (tutto maiuscolo, come prassi teutonica!) era un dorso digitale 35mm da montare proprio dietro più moderna serie reflex formato 135 della casa dopo le storiche Leicaflex, la serie Leica R appunto (dalla R3 alla R9). L’ultima versione commerciabile del costoso ‘pacchetto’ di cui ho memoria è rappresentato dai 10 Megapixel del dorso intercambiabile per Leica R9. Tra parentesi, e poi torniamo al presente, la qualità ottica del sistema R era tale (ed è tale) da invogliare a ragione a farci un insano pensierino…

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Quando si monta il corpo macchina di una Hasselblad 500 C/M sul dorso Hasselblad CFV II 50C (o viceversa, dato che il ruolo di quest’ultimo sarebbe quello di un magazzino ‘di lusso’!) ci si trova in mano esattamente il medesimo strumento di scatto cui la pratica analogica sulla celebre 6×6 svedese ci ha abituati nei decenni! Ancor più guardando le pozzetto verticale non vi sono differenze nell’approccio alla ripresa e questo genere, dopo il primo scatto, almeno un certo tipo di sorpresa. Mi riferisco alla differenza cospicua di formato che è registrabile tramite il sensore digitale (43,8 x 32,9 mm) nei confronti di ciò che osserviamo nel mirino reflex. Sia come proporzioni (orizzontale 6:4,5 o 4:3 se preferite) sia per ciò che concerne il rapporto di ingrandimento della focale utilizzata (l’80mm è un equivalente 50mm sul Full Frame e quindi un 40mm circa sulle Hasselblad V System dotate di dorso Hasselblad CFV II 50C). Per questo motivo è spesso preferibile approfittare della visione Live View che il dorso supporta anche utilizzando il corpo analogico della Hasselblad 500 C/M dotata di ottica! Qui con un Hasselblad Distagon 50mm C 1:4 T*, 100 Iso, f/11.

Oggi è però Hasselblad che getta il sasso della rievocazione storica, anzi della vera e propria rinascita digitale, per mezzo di un prodotto il quale permette agli affezionati possessori e tuttora utilizzatori dei corpi Serie V (o V System: io tra questi) di assistere al miracolo! Trovarci in mano un sistema fotografico completo, digitale, performante al pari di quello che potrebbe essere un moderno prodotto nativo numerico, ma realizzato a partire dal corpo macchina e dalle ottiche appartenenti al V System in nostro possesso. Occorre sottolineare questa commistione con un termine in particolare: realmente e agevolmente usabile. Abbiamo specificato in principio che di dorsi per grande e medio formato se ne sono visti in passato a iosa. Se non a iosa di certo abbastanza. Ne ha prodotti Kodak, Phase One, Imacon, forse anche Leaf. In tutti i casi però il fatto utilizzo rendeva queste soluzioni degli strumenti più destinate a ‘tentare’ di cavalcare l’onda digitale prima di eventuali concorrenti che non il rappresentare reali ed usabili oggetti di lavoro. Una complessità operativa non da poco ed una generale delicatezza costruttiva e di manutenzione li rendeva collocabili solamente in studio ed in ambienti estremamente controllati.

[ 1 ] Usando per la composizione il ‘pozzetto’ superiore, comodo in caso di forte luminosità ambiente, il monitor posteriore assume funzioni di verifica post ripresa.
[ 2 ] Se non fosse per la sporgenza dello schermo posteriore estraibile si potrebbe scambiare la 500 C/M dotata di dorso CFV II 50C e ottiche C o CF per un’analogica!
[ 3 ] Ecco esposto il bel sensore Cmos da 33x44mm e 50 Megapixel. Certo che un 6x6cm o anche un 4,5×4,5cm farebbero gola, peccato la totale non convenienza di produrli!

Hasselblad giunge oggi con il sistema 907X 50C e rimescolare le carte sul tavolo da gioco. Non stupisca la denominazione altalenante dato che il sistema di cui parliamo si compone di due parti ben distinte delle quali l’una, il dorso CFV II 50C, è l’elemento che resta fisso nei confronti dell’impiego su un sistema analogico V System, per esempio un corpo reflex 500 C/M, mentre l’altra, il corpo 907X, consente l’adozione di ottiche di nuova concezione appartenenti al sistema XCD. E’ in pratica una sottilissima piastra portaottica dotata di baionetta XCD, pulsante di scatto, ghiera di selezione diaframma e pulsante di switch per il secondo parametro di scatto in uso. A seconda dei casi, possedendo il corredo ‘completo’ 907X 50C, possiamo di volta in volta decidere se affidarci proprio alle nuove soluzioni full-digital XCD, le quali per inciso constano di un sistema ottico ormai maturo Autofocus, oppure se ridare vita a corpi meccanici vintage, pur del tutto funzionanti, affidabili e performanti, come quelli compatibili con le ottiche di Serie V. Gli attacchi del dorso, e non solo quelli, riprendono infatti dimensioni e specifiche dei magazzini ‘A’ della casa! E dico ‘non solo’ perché l’estetica stessa e l’ingombro del dorso CFV II 50C è stupendamente identico a quello di un magazzino A12 per pellicola formato 120! Cromature comprese. E’ un sogno che diventa realtà.

[ 1 ] Dal menu digitale a monitor touch si possono scegliere innumerevoli formati di ripresa. L’unico conservativo dei 50 Megapixel originali è ovviamente il 4:3 determinato dal sensore Cmos 33x44mm.
[ 2 ] La simulazione esposimetrica è necessaria al fine di consentire di operare in Live View con i vecchi corpi ed in luce flash nell’impiego delle lampade pilota, oltre che in tutti i casi in cui si preferibile la chiarezza di composizione alla simulazione del risultato.
[ 3 ] Zooming a Peaking sono due validi ausili che trasformano le vecchie otiche manuali in strumenti ibridi, decisamente più funzionali anche in situazioni dinamiche!
[ 4 ] La scelta di Hasselblad è ricaduta su un’interfaccia touch pulita e sobria, ove solo il necessario viene palesato. Istogramma solo in review e parametri immagini solo in post. Bene.

Non finisce qui però, dato che Hasselblad ha dovuto un poco riscattare, come altri hanno dovuto fare in passato (cito Canon tanto per dirne uno, ripensando al cambio di rotta verso l’innesto EF, ampiamente ripagato), il repentino cambio di corredo che il nuovo H System aveva introdotto quando il digitale era intervenuto nel mondo dei corpi della casa svedese a fare terra bruciata di ogni corredo analogico meccanico di denominazione C, CF, CFi e CFe più altri eventuali ma meno rappresentativi esemplari. Oggi il corpo 907X protende una testa di ponte tra i differenti sistemi targati Hasselblad poiché consente, tramite adattatori ufficialmente prodotti da Hasselblad, di utilizzare sul medesimo corpo ottiche V (adattatore XV), ottiche H (adattatore XH) e perfino ottiche XPAN (adattatore XPAN)! Non vi basta? Potete eventualmente dotarvi dell’adattatore XH Converter 0,8x il quale, riducendo di un fattore poco sotto all’unità la focale dell’ottica utilizzata (merito del tiraggio riducibile, al solo costo di una lente intermedia per il mantenimento del fuoco prossimo, indotto dall’assenza di specchio), vi consente un contemporaneo incremento della luminosità dell’ottica di ben due terzi di stop! Insomma: questa volta Hasselblad ha davvero saputo accontentare tutti e realizzare quella quadratura del cerchio tra analogico e digitale, tra moderno e passato, che forse nessuno in ambito fotografico ha sino ad oggi avuto l’ardire di tentare. Ed in tutto questo non abbiamo ancora citato il fatto che il sensore che sottostà a tali meraviglie è un Cmos medio formato da 33 x 44 mm da ben 50 Megapixel…

[ 1 ] Dopo avere aperto questo scatto sul mio computer sono rimasto impressionato dal livello di dettaglio da esso mostrato. L’ottica 80mm ‘storica’ ha consentito di catturare su treppiedi a 100 Iso la croce ferrea ed il rifugio Azzoni che sovrastano la celebre cima del Resegone!

I dati tecnici cui ci riferiamo nel parlare del ‘lato analogico’ del dorso digitale CFV II 50C riguardano ovviamente tanto il sensore di cattura dell’immagine quanto l’elettronica chiamata in causa nel gestire il singolare duetto. Ed in quest’ultima parte della questione l’interfaccia utente, come vedremo, ha un ruolo di primissimo piano dato che ci consente di gestire confortevolmente un sistema mirrorless ibrido dalle enormi potenzialità. Parliamo di ‘lato analogico’, se così possiamo definirlo, in ragione del fatto che la prova di oggi è stata compiuta utilizzando questa volta (se volete la prova full digital in combinazione con 907X e ottiche XCD leggete la nostra precedente prova qui) in combinazione un corpo 500 C/M ed una bella dotazione di ottiche manuali: due 80mm f/2.8, C T* e CF, ed un 50mm f/4 C T*. Il sensore Cmos è avvalorato da una capacità di lettura dinamica di ben 14 stop in file Raw 16bit: i file 3FR li potrete salvare anche in abbinamento al Jpeg su due supporti di memoria SD UHS-II in modalità varie, dall’overflow al backup, e li potrete sviluppare tramite l’eccezionale applicativo Phocus di Hasselblad. Anche il formato video è supportato in formato 2.7K compresso H.264 per un totale di 30 minuti continui sfruttando il sensore alla massima larghezza quando la ripresa avviene in 16:9.

[ 1 ] Il dettaglio mostrato da uno scatto in luce scarsa a 800 Iso e fuoco controllato tramite peaking è stupefacente. In questi casi, soprattutto nella conversione BN, il formato Raw proprietario è d’obbligo!
[ 2 ] Questa volta i 12800 Iso del sensore Cmos da 50 Megapixel rivelano il noise che l’amplificazione rende inevitabile. In particolare di tipo cromatico. Poco male visto che lo scatto nella sua totalità resta oltremodo soddisfacente e che ciò prelude ad un impiego sino a 3200 Iso o anche 6400 Iso di tipo reportagistico del tutto appetibile!

Riguardo al formato di cattura ed alla conseguente focale risultante ad eventuali tagli indotti da quest’ultimo ma anche dal sensore 33 x 44 mm vi rimando ad un paragrafo più sotto poiché la questione richiede alcune riflessioni di non poco conto. Il video è supportato nella registrazione sonora da due jack per cuffie e microfono che sono collocate, unitamente alla connessione flash sincro (non vi è contatto caldo esterno) ed al connettore per corpi ELX, al di sotto del corpo del dorso, proprio interiormente al bordo del monitor posteriore orientabile touch, tutti protetti da uno sportellino gommato di ottima fattura ed imperscrutabile rinvenibilità! A proposito del monitor: il dorso CFV II 50C viene controllato quasi al 100% da un’interfaccia touch di ottima progettazione che si avvale dello schermo posteriore ‘tappabile’ da 3.2 pollici, di tipo TFT touch orientabile di 90 gradi (più verso l’alto che verso il basso) e che comprende 2.36 milioni di punti (1024 x 768 pixel). In poche parole, visto che torneremo anche sull’utilizzo pratico dell’interfaccia touch, la filosofia Hasselblad sta nel sintetizzare e semplificare al massimo ciò che l’utente deve compiere prima e durante la ripresa, fornendo appunto un’interfaccia funzionalmente essenziale e incredibilmente focalizzata sugli aspetti realmente importanti al fine di portare a buon fine una cattura di dati completa e… in formato Raw!

[ 1 ] Sul Hasselblad CFV II 50C l’istogramma RGB e Luminosità è consultabile solo in revisione degli scatti. Poco male, l’anteprima simulata, volessimo usarla in luogo di un semplice e rapido scatto di prova, è affidabile.
[ 2 ] Il peaking rende moderne anche le ormai vetuste ottiche manuali le quali però si rendono interessanti per una qualità ottiche che conserva incredibilmente negli anni un enorme valore intrinseco!
[ 3 ] La funzionalità di zooming aiuta nel valutare le riprese in review ma anche in fase di messa a fuoco nello stabilire con assoluta precisione il piano di fuoco in manuale. Non scordiamo che salendo di formato le esigenze di precisione aumentano!

A compendio dell’interfaccia a monitor troviamo poi 5 pulsantini gommati, piccolissimi ma dal grip infallibile, collocati sul bordo inferiore del monitor orientabile, i quali hanno la prerogativa di mutare la propria funzionalità in base al contesto in cui ci troviamo: menu, ripresa, Live View, revisione. Il tutto è in ogni caso ben esplicitato da una grafica a monitor che ne identifica immediatamente il ruolo in base alla situazione. Completano le specifiche il corpo in lega di alluminio, leggerissimo, l’innesto per treppiedi centrale da 1/4”, le connessioni USB 3.0, Wi-Fi 802.11 (b, g, n, a, ac) e la batteria agli Ioni di Litio (7.27 VDC/3400 mAh) compatibile con quella da 3200 mAh. La batteria può comunque essere caricata tramite connessione USB (si trova sul lato sinistro del dorso, protetto da sportellino) o con il caricatore esterno. Una presa per l’alimentazione a rete è anche presente. Giusto per darvi un’idea fin da subito di quello che intendevamo dire accennando alla superiore autonomia di questo CFV II 50C rispetto ai dorsi del passato, siamo riusciti a realizzare con una singola batteria oltre 250 riprese in Raw + Jpeg in esterni, con temperature assolutamente invernali ed in ogni caso tornando a casa a batteria quasi scarica ma comunque con la seconda batteria fornita e carica nello zaino. Dire una eccellente garanzia di usabilità considerando che, qui, tutte le fasi di scatto sono compiute in Live View, senza risparmiare particolarmente la consunzione energetica! Si tratta di risultati veramente eccellenti se valutiamo lo strumento che abbiamo in mano ed il carico ingente dal punto di vista energetico che esso deve sopportare nella gestione di un sensore medio formato e di un’interfaccia pesantemente incentrata sull’uso del monitor touch. 

[ 1 ] Compatta e portatile come un’analogica medio formato svedese anni ’60… che è per altro ciò che essa è! Dorso Hasselblad CFV II 50C a parte.
[ 2 ] Le connessioni audio, flash e per i corpi ELX si trovano in basso, protette da uno sportellino gommato sicuro ed altrettanto… invisibile!
[ 3 ] La versione CF del Planar 80mm storico, il C T*, conviene per una maggiore manovrabilità, per l’integrazione del trattamento antiriflesso e per un’ergonomia decisamente più praticabile sul campo.
[ 4 ] La visibilità del monitor touch orientabile da 3,2″ è eccellente anche di giorno tenendo la luminosità al massimo, fatto che (come ho potuto sperimentare io stesso dato questo tipo di utilizzo costante che ne ho fatto) non pregiudica praticamente il fatto di poter scattare per un’intera mattinata (ed oltre a dire il vero) con un singolo pacco batteria.

Siamo giunti però ora al momento cruciale: come connettere un corpo macchina V System dotato di ottiche al dorso CFV II 50C? Come farlo funzionare, soprattutto, nel modo più proficuo? Beh, innanzi tutto togliendo il magazzino pellicola (io ho due A12 originali per pellicola 120 da 12 esposizioni) tramite lo sblocco superiore (il volet va inserito) ed innestandovi il cubotto digitale! Tutto qui, dal punto di vista meccanico, a meno di non possedere un corpo ELX necessitante di collegare anche il jack di controllo della motorizzazione al connettore presente sul fondo del CFV II 50C. A questo punto potete accendere il dorso con il pulsantino sotto il monitor, quello più a destra, entrare nei menu e scegliere il vostro corpo macchina, oppure la voce relativa  ’qualsiasi corpo’. Vedremo dopo a cosa serva. Se di primo acchito le fasi di messa in opera della abbinata potrebbe apparirvi ostile sotto il profilo delle impostazioni, per facilitarvi la vita vi suggerisco di tenere sempre e costantemente a mente un fatto. Ricordate per tutta la durata della vostra esperienza che ciò che è meccanico sulla (per me) 500 C/M e sulle ottiche il dorso non può condizionarlo, ma solo il vostro agire. Ovvero: Iso e otturazione elettronica possono essere comandate dal dorso, diaframma e otturazione meccanica solo tramite la pressione del pulsante di scatto, visto che, nel mondo delle ottiche C abbinate all’Hasselblad V System, l’otturatore centrale così come il diaframma si trovano nell’ottica e non nel corpo macchina. Bene.

ISO-elevati-Live-View-peaking
Ancora una ripresa a 6400 Iso questa volta convertita in bianconero. La situazione di scarsissima luminosità dei locali abbandonati soggetti a questa ripresa è servita per un confronto del tutto spiazzante tra le potenzialità del Live View che il dorso Hasselblad CFV II 50C riesce a fornire anche nell’utilizzo di un corpo Hasselblad 500 C/M ed il convenzionale metodo di composizione in medio formato tramite inquadratura ‘a pozzetto’, di tipo ottico. Ebbene, quando la luce è veramente poca (qui è l’esposizione prolungata che crea la suggestione di brillantezza della scena, in realtà del tutto oscura) la visione ottica rende praticamente impossibile, anche a tutta apertura, il distinguere i dettagli da sottoporre a messa a fuoco. Di contro l’amplificazione in Live View, se vogliamo anche accompagnata dalla verifica degli scatti di prova in preview, consente un’accuratezza enormemente superiore, soprattutto quando il diaframma utilizzato si fa ampio e la lunghezza focale dell’obiettivo oltrepassa il grandangolare, come in questo caso. Qui con un Hasselblad Planar 80mm CF 1:2.8 T*, 6400 Iso, f/8.

Altra questione: per fruire del Live View l’otturatore e lo specchio interno al corpo reflex devono essere aperti, giusto? Esatto. Per farlo avete due modi: o utilizzare la sola posa B ‘a mano’ o la modalità di rilascio dell’otturatore T. La prima tiene ‘tutto aperto’ sino a quando rilascerete il pulsante di scatto. Scomodo, a meno di non impiegare uno scatto flessibile dotato di blocco, in questo caso comodissimo ed anzi a mio parere la soluzione migliore. La seconda opzione, quella della posa T, è quella a buon mercato per tutti, dato che dopo l’otturazione almeno lo specchio viene tenuto sollevato sino allo sblocco del pulsante da T. Dovrete comunque impostare il tempo B per avere anche l’otturatore aperto durante tutto il tempo necessario. PER inciso il sensore del CFV II 50C può ‘reggere’ funzionamento di ripresa video in Full-HD per quasi mezz’ora e dunque è ipotizzabile anche anche i tempi utili al vostro impiego del Live View in simili modalità siano tali. Bene.

Planar-CF-80mm-f/2.8-500-C/M-Hasselblad-CFV-II-50C-Live-View-posizione-T
Il diaframma sulle otiche Hasselblad meccaniche vintage può essere facilmente chiuso e adeguato a variare assieme alla selezione dei diaframmi. Questo, in Live View con simulazione esposimetrica, permette di avere una esatta visione della profondità di campo risultante! Ovviamente senza simulazione esposimetrica dovremo fare più attenzione ai parametri di scatti scelti.

Riassumendo: per lavorare in Live View mettete su B, selezionate T dal selettore vicino al pulsante di scatto ed aprite tutto. A questo punto premete sul dorso a monitor LV dall’interfaccia touch e… magia! La Haselblad 500 C/M dotata del vecchio C Planar T* 80mm f/2.8 prende nuova vita digitale! Lo scatto segue dinamiche differenti, dato che per effettuare un’otturazione in seguito a Live View dovrete scegliere il tempo di scatto spostando la ghiera sull’ottica da B ed impostando correttamente il diaframma. Diaframma che, inutile dirlo, nel caso in cui abbiate attivato sempre sull’obiettivo in uso la chiusura costante, vi darà a monitor anche una decorosa anteprima della profondità di campo ottenuta! Nota: i più avranno ragionato sul fatto che una qualche funzione di compensazione dell’esposizione automatica dovrà essere regolata sul dorso CFV II 50C al fine di poter giocare con tutto ciò e mantenere una visione ottimale della scena. Infatti è così: la simulazione esposimetrica si effettua dai menu interni ed è la medesima voce che vi consente, lavorando nel buio di uno studio fotografico alla sola luce delle lampade pilota, di capire che cosa state inquadrando anche se tempi e diaframmi impostati sono quelli del lampo flash che verrà.

Peaking-monitor-touch-dorso-digitale-Hasselblad-CFV-II-50C
Quando il dorso Hasselblad CFV II 50C incontra un’ottica ‘manuale’ occorre gestire la messa a fuoco dato che il Live View può al massimo informarci sull’esposizione grazie all’istogramma il quale viene mostrato solo dopo lo scatto, in preview o review, non in Live View. L’adozione di un dorso con sensore digitale viene però in soccorso della pratiche analogiche esattamente come avviene sui corpi Full Frame moderni dotati di ottiche manuali e, di qui, il grande plus del dotarsi di un sistema di questo tipo. Grazie alla possibilità di ingrandire, anche ‘pizzicandola’ in touch, un’area a piacere dell’inquadratura in Live View o di avvantaggiarsi della funzionalità di peaking (profili colorati attorno ai dettagli maggiormente nitidi, e quindi a fuoco, nel fotogramma) tanto in ripresa fotografica quanto in ripresa video, l’Hasselblad CFV II 50C trasforma un esistente corredo ottico manuale in un sistema ibrido dalle potenzialità enormi. La velocità operativa non è certo quella tipica di un mezzo Af nativo, ma la precisione del fuoco in condizioni controllabili è incredibile. Una nota: in situazioni di basso contrasto il peaking tende a risultare poco comprensibile, quindi meglio preferire l’ingrandimento e chiudere appena il diaframma per guadagnare in sicurezza. Qui con un Hasselblad Planar 80mm CF 1:2.8 T*, 100 Iso, f/11.

Una volta usciti dal Live View e impostati i parametri di scatto (gli Iso li deciderete invece sempre sul dorso poiché dipendenti dall’amplificazione del segnale analogico sul sensore, prima della conversione A/D in digitale!) scattate e vedrete comparire a monitor il risultato dell’otturazione. Potete usare la ripresa come ‘provino’ e semplicemente aggiustare i parametri oppure andare oltre. Bello vero? Soprattutto il fatto di guadagnare con questo giochetto gli Iso, il controllo della messa a fuoco tramite Peaking (profili colorati attorno alle aree di maggiore contrasto e quindi a fuoco) o Zooming (ingrandimento al 100% ovvero a livello di 1 pixel di immagine = 1 pixel a monitor) selezionabili da menu, l’anteprima diretta della profondità di campo a schermo (basta regolare sull’ottica il selettore apposito) e la assoluta non necessita di alcun esposimetro esterno! Vi faccio però notare come il dorso CFV II 50C non mostri in ripresa l’istogramma ma lo presenti solo appena terminata la cattura (questo vale anche con il corpo Hasselblad 907X e le ottiche Hasselblad XCD) in review: va benissimo dato il tipo di scatto cui andate incontro con questo tipo di strumento.

[ 1 ] Mano libera, Iso elevati (12800), gestione dell’inquadratura a pozzetto con messa a fuoco gestita per messo dello schermo di fuoco interno. Tutto bene, grazie anche all’usabilità di Iso elevati che portano tempi e diaframmi facili facili anche indoor. Fatto sta che non ci si aspetta il forte taglio dell’inquadratura dovuta al fatto che, componendo sullo schermo di fuoco 6x6cm, tutto quello che eccede i 33x44mm viene perso! Una nota ‘felina’: nel locale l’illuminazione al momento della ripresa era veramente ridotta, basta osservare la dimensione delle pupille della gatta!

Ulteriori opportunità di scatto sono chiaramente quella più ‘convenzionale, che prevede di non lavorare in Live View ma gestendo la messa a fuoco come sempre dal ‘pozzetto’ o dal pentaprisma se ne possedete uno, che utilizzereste anche con la pellicola. In questo caso potete scattare in modo assolutamente trasparente e immediato nei confronti del lavorare con un dorso! Appena terminata l’otturazione secondo tempi e diaframmi impostati (gli Iso sempre a monitor però!) avrete sullo schermo l’anteprima zoomabile e verificabile di ciò che avete fatto. Incredibile, anche perché l’autonomia di scatto rispetto alle 12 esposizioni, o 24 al massimo, offerte dai convenzionali ‘serbatoi’ A12 o A24 perde di significato di fronte alla inesauribilità degli scatti che potrete effettuare digitalmente. Questo vale ovviamente anche lavorando in Live View ma l’immediatezza ed il ritmo di scatto che si percepisce componendo a pozzetto e scattando come se non ci fosse un domani non ha prezzo per chi è abituato al mondo del medio formato analogico.

[ 1 ] Il dorso Hasselblad CFV II 50C consente di selezionare amplificazioni Iso fino a 25600! Questo livello di estensione è completamente immotivato poiché l’impiego di uno strumento medio formato di questo tipo sarà essenzialmente rivolto ad ottenerne una qualità che altrimenti, con corpi macchina Full Frame, non sarebbe possibile garantirsi. Iso 100 sarà lo standard per molti, con qualche puntata a Iso 400 nel caso in cui si volesse provare l’ebbrezza della ripresa Street in medio formato a mano libera o la ritrattistica di taglio spontaneo. Tutti ambiti più che leciti anche perché la prontezza e flessibilità di questo corpo portano proprio in quella direzione. I 6400 Iso che questo scatto mostra non sono invece l’ipotesi di impiego più frequente. In ogni caso va evidenziato come il fotogramma riveli un ottimo dettaglio, sebbene da gestire obbligatoriamente nel Raw tramite sviluppo in Phocus per ciò che riguarda il rumore cromatico ed il livello di abbattimento del noise che, nel Jpeg salvato direttamente dal corpo, è piuttosto grossolano. Questo approccio del lasciare sempre allo sviluppo del Raw l’ottenimento dei risultati qualitativamente più appetibili rivela la sua validità non solo in questo ambito ma anche nella gestione a posteriori di tutti quelli che sono i parametri immagine eccedenti il Wb, che si gestisce anche da menu. Lo stesso approccio libera l’utente da un’infinità di regolazioni rimandabili lasciandolo concentrare appieno sulla composizione. Qui con un Hasselblad Distagon 50mm C 1:4 T*, 6400 Iso, f/16.

Esiste ancora una interessantissima opzione operativa, cui non abbiamo ancora accennato. Ricordate quando ho detto che avreste dovuto specificare il tipo di corpo macchina cui il dorso era destinato? Ebbene una possibilità è quella di scegliere la voce ‘Any (Electronic Shutter)’ dal menu (io ho usato la versione inglese). Si condiziona in questo modo la fotocamera a lavorare non tanto con l’otturatore meccanico presente nell’ottica (ottiche C e Serie 5xx) o nel corpo (Serie 2xx con ottiche F) bensì con l’otturatore elettronico a sensore! Va da sé che lo scatto dovrà avvenire in Live View utilizzando il pulsante di otturazione ‘virtuale’ a schermo. Vantaggi? Beh, i tempi disponibili salgono al range da 68 minuti a 1/10000s (!), ma senza poter usare il flash, e vi si aprono le porte di tutte una serie di modalità semi automatiche come l’autoscatto, il bracketing sui tempi, la ripresa intervallata utile per il Time Lapse, lo scatto continuo. Ecco, ammetto di non avere sondato in questo contesto la possibilità di adottare la Priorità di Diaframma che a buon senso dovrebbe rendersi attuabile. Svantaggi: con l’utilizzo dell’otturatore elettronico non potete usare il flash ed inoltre i soggetti in rapido movimento si rendono poco adatti alla ripresa per via dell’effetto rolling-shutter.

Credo in ogni caso che, questioni tecniche e pratiche a parte, sia il caso di riportare quelle che siano le sensazioni ricevute da una giornata di prove sul campo dell’abbinata di dorso Hasselblad CFV II 50C con un corpo macchina (invero addirittura due!) 500 C/M ed un tris di ottiche celebri:

  • un Hasselblad Zeiss Planar 80mm f/2.8 CF [ 2 ]
  • un ben più ‘agée’ Hasselblad Zeiss Planar T* 80mm f/2.8 C [ 3 ]
  • un Hasselblad Zeiss Distagon 50mm f/4 T* C [ 1 ]

Il primo impatto con le regolazioni del caso, assolutamente non intuitive nel senso che il manuale o questo articolo dovete leggerli per forza (!), non sarà facile e per molti la sensazione potrebbe essere più del tipo ‘chi me lo ha fatto fare?’. In realtà appena si prende la mano con la tecnica di scatto su treppiedi e Live View e con l’utilizzo spensierato tramite convenzionale pozzetto o pentaprisma, beh è lì che si inizia a divertirsi. La qualità espressa dal sensore da 50 Megapixel è esuberante e, se lo scatto di precisione cui siamo soliti su treppiedi nel paesaggio o in interni o di fronte a scene statiche ha i 100 Iso come riferimento unico, ebbene il servirsi a mano libera, potendo approfittare di chiusure di diaframma ‘importanti’ anche indoor e tempi rapidi, di Iso enormemente elevati vi cambierà il modo di intendere la fotografia medio formato! Andare in giro in città a fare street con la 500 C/M e l’80mm diaframmato a f/8 pur contando su tempi da 1/250s o 1/500s è pazzesco. Gli Iso fino a 6400 non creano problemi nella street. Certo, grana / noise ci sono, ma rendiamoci conto di cosa stiamo utilizzando di base! Sono corpi macchina ed ottiche manuali di 50 anni fa! In generale comunque gli Iso fino a 1600 si fanno usare senza remore anche nel ritratto, con dettagli fini come capelli o tessuti, oltremodo nitidi e definiti. C’è una premessa: dovete scattare in Raw. Il Jpeg è pesante e nonostante ciò poco definito e pieno di noise levigato dagli algoritmi di compressione e pertanto ingestibile in editing. Sul CFV II 50C si scatta in Raw e si sviluppa a 16bit dall’(eccellente e velocissimo) software Phocus. Il quale per altro non mancherà poi di farsi preferire da molti di voi anche in qualità di foto editor quotidiano, ne sono certo.

Raw-3FR-Hasselblad-Phocus
L’ottimo software di sviluppo del Raw Hasselblad Phocus consente interventi di editing ed un controllo puntuali sui file 3FR e Jpeg catturati per mezzo dei corpi digitali dalla casa. Lo consiglio vivamente, in particolare per una velocità operativa in background che mi ha stupito, anche su elaboratori non nuovissimi. Fa il giusto, senza esagerare, ma lo fa alla grande.

Una sorpresa che viene dallo sviluppo dei file ottenuti dall’impiego delle attrezzature V System è legata al fatto che la qualità delle ottiche che si rivela ad un’osservazione a monitor è tutt’altro che scadente! Anzi: basta scattare ad un diaframma di chiusura e si resta incredibilmente sorpresi di fronte alla quantità di informazioni che i vecchi ‘vetri’ sono in grado di riversare sul sensore Cmos da 50 Megapixel! Unico elemento un po’ dubbio riguarda qualche dominante cromatica con cui mi sono trovato a dovermi giostrare ma che forse dipende dallo stato di conservazione della mie ottiche Hasselblad… A proposito del colore: così come l’istogramma, anche la selezione on-board dei classici parametri immagine, ad eccezione del Wb che è presente, la si realizza in sede di sviluppo da Phocus, non dall’interfaccia a monitor prima dello scatto. Questo è un approccio che semplifica enormemente la ripresa in termini di rapidità decisionale, potendo per altro poggiare sulla tecnologia proprietaria Hasselblad Natural Colour Solution. Condivido appieno la scelta operativa e sintetizzatrice. In pochi termini quindi ciò che si percepisce dall’avere passato tempo in compagnia dell’Hasselblad CFV II 50C è l’apporto ringiovanente dell’elettronica nel dotare di Live View, Iso, modalità automatiche e ausilii di messa a fuoco il vecchio sistema, unitamente ad una libertà operativa in tempo (numero di scatti) e spazio (è un sistema compattissimo, memore dei motivi che facevano scegliere Hasselblad al tempo della 500 C/M) inimmaginabile sino a ieri. Va bene, ma possibile che di lati oscuri proprio non ne siano emersi da una prova di questo tipo? Beh, con lo sporco sul sensore dovrete per forza di cose farci i conti quando collegherete il dorso Hasselblad CFV II 50C ad un vecchio corpo ed una vecchia ottica. Il sensore 33 x 44 mm ultra definito ha infatti il viziaccio di sporcarsi in modo veramente impressionante. Le polveri che scaturiscono dai meccanismi reflex e dai leveraggi interni ad un’ottica oliata alla vecchia maniera sono devastanti, anche senza giocare troppo con gli innesti di ottiche differenti. Preparatevi a litigare non poco con questo aspetto, a grosse sessioni di spuntinatura, a vedere spesso il vostro fotoriparatore per la pulizia. Mi raccomando però: niente spray sul sensore!

Pozzetto-ritratto-sensore-33x44mm-80mm-Planar-Hasselblad-500-C/M-CFV-II-50C
Mano libera, pozzetto ed addirittura monitor chiuso! Gli Iso 6400 consentono di giostrare l’ottica da 80mm in una ripresa di ritratto nel più classico stile Hasselblad. Una volta ripulito lo schermo di messa a fuoco della mia Hasselblad 500 C/M e montato il CF 80mm f/2.8 T*, diaframmato però per l’occasione a f/4 per avere un minimo di sicurezza in più, ho provato a fare qualche scatto a mano libera in luce ambiente. Inutile dire che dal punto di vista ‘tattile’ pare di avere in mano un corpo macchina Hasselblad analogico dotato di magazzino A12. In questo il sistema ibrido nato a partire dal dorso Hasselblad CFV II 50C è veramente rivoluzionario. Ancor più stupefacente è poi il fatto che, trasformandolo in un sistema full-digital Af, per mezzo del corpo Hasselblad 907X, si giunge ad ingombri ancor più ridotti! L’integrazione dello scatto meccanico con la registrazione digitale dei file avviene in modo assolutamente trasparente per l’utente ed è possibile andare avanti a fotografare per ore anche perché la batteria completamente carica sostiene la funzionalità dello strumento in modo egregio. Questa incredibile autonomia è uno dei punti che colpiscono maggiormente nelle prime esperienze di scatto con il sistema Hasselblad CFV II 50C + Hasselblad 500 C/M. La ripresa in Raw è assolutamente doverosa mentre occorre riflettere su quelle che preferiamo essere le proporzioni del fotogramma, visto che il 4:3 (o 6:4,5 se vogliamo renderlo più appetibile) inquadrando su un classico schermo 6×6, beh, è un po’ anomalo. Attenzione al fatto che il sensore da 43,8 x 32,9 mm non coprirà il 100% dell’area inquadrata analogicamente: una mascherina, anche artigianale, sul vetrino smerigliato vi risolverà il problema. Qui con un Hasselblad Planar 80mm CF 1:2.8 T*, 6400 Iso, f/4.

E poi occorre parlare di formato e di focali. Già, perché è vero che la Hasselblad 500 C/M dotata di 80mm C ci forniva prelibati fotogrammi 6 x 6 o, meglio 5,5 x 5,5 cm, ma è anche vero che il sensore montato dal CVF II 50C ha dimensioni 33 x 44 mm e questo ha non poche ripercussioni sui materiali che ci porteremo a casa dopo una giornata di scatti. Due conti veloci veloci: se la diagonale del formato 135 è di circa 43mm e quella del 6 x 6 è di 85mm (invero 77mm se consideriamo l’area effettivamente utile di 5,5 x 5,5 cm a fotogramma), ebbene quella del 33 x 44 mm del sensore montato sul CFV II 50C è di 55mm esatti esatti in virtù delle proporzioni note come ‘triangolo pitagorico’. Ne evinciamo che l’80mm che per il convenzionale formato Hasselblad era considerato un po’ come il ‘normale’ del formato 135 sul sensore che abbiamo montato ora sul vecchio corpo 500 C/M assume connotati prospettici più tipici di un medio tele. Le focali che abbiamo insomma in mano tendono ad allungarsi un pochetto. Stiamo però comunque parlando di un fotogramma in proporzioni 4:3 di orientamento orizzontale. Se volessimo riportare il rapporto tra i lati dello scatto operato tramite l’abbinata CFV II 50C e V System, beh, dovremmo selezionare dai menu a schermo la modalità di ritaglio 1:1. Questo ci porterebbe dalle proporzioni tipiche di un fotogramma 6 x 4,5cm (ma su area 33 x 44 mm) a quelle più consone del 6 x 6. Ad un costo: rinunciare a parte della risoluzione laterale, dato che il sensore non può certo allungarsi ma solo rinunciare alle bande laterali che rendevano l’area 1:1 di interesse un rettangolo. Otterremo così un bel quadrato di sensore immagine disponibile da 33 x 33 mm, i quali portano la diagonale utile alla misura di 47mm circa. E, soprattutto, portano la risoluzione globale a ridursi di 1/4, ovvero di 12.5 Megapixel per giungere a 37.5 Megapixel.

[ 1 ] Due differenti ipotesi di ‘crop’ al di là del formato 4:3, obiettivamente poco estetico, offerto dal sensore nativo 33x44mm. Sopra un moderno Full Frame 3:2, sotto un affascinante 1:1 di tradizione analogica svedese! Belloooooooo…
[ 2 ] Lo sporco sul sensore sarà un problema nell’impiego di obiettivi e corpi vintage del V System, ve lo anticipo. La polverosità di questi corpi, gli olii, le particelle sprigionate ad ogni battito dello specchio vi renderanno necessarie sessioni di spuntinatura degne della migliore tradizione analogica in scansione. Per fortuna oggi software come Adobe Camera Raw rendono quasi ‘piacevole’ imbarcarsi in tali crociate… Quasi.

Vedete che le differenze iniziano a saltare all’occhio. Ma, nella pratica, questi effetti come li potremmo valutare? Beh, di pixel ne avrete comunque in sovrabbondanza e non direi che sia questo il punto, ma se vi piace scattare il paesaggio quadrato ed avete solamente l’80mm come ottica disponibile direi che forse dovreste riflettere un secondo quantomeno sull’opportunità di dotarsi di una focale più corta. Personalmente ho anche un 50mm f/4 che mi rende possibile tornare ad avere anche per il ‘nuovo’ quadrato da 33 x 33 mm un normale a disposizione. Onestamente però vi suggerirei di adottare, nel caso foste interessati a questo tipo di connubio, un nuovo modo di vedere le cose ed accettare quantomeno lo scatto ‘rettangolare’. E’ vero che le proporzioni del 6 x 4,5 non sono mai state particolarmente allettanti, se non forse per il ritratto verticale. Fatto sta che il formato quadrato ha senso proprio perché viene dalla pellicola di queste particolarissime e molto complesse proporzioni. Se proprio non ne potete fare a meno valutate il ritaglio a posteriori o, meglio, di riservare i vostri scatti 1:1 alla pur sempre viva pellicola. In ogni caso un usato Hasselblad Carl Zeiss Distagon T* 40mm f/4 lo troverete facilmente sul mercato e non è escluso che, anzi, l’allungamento delle focali vi torni comodo nel caso in cui vi occupiate più di ritratto che non si spazi aperti! Dal punto di vista pratico occorre al contrario fare attenzione ad un caso particolare. Se amate fotografare ‘a pozzetto’ e non in Live View, riponete estrema cura nel fatto che la visione che avrete otticamente sarà estremamente differente, per area inquadrata dal vetrino 6 x 6 e per proporzioni, rispetto a quello che il sensore realmente starà ‘vedendo’! Una soluzione pratica consiste nel realizzare una sagoma forata in cartoncino nero di proporzioni e dimensioni corrette (una con foro 33 x 44 mm ed una da 33 x 33 mm) da collocare a seconda dei casi all’interno del pozzetto per avere un riferimento affidabile di quello che realmente state facendo. Meglio ancora realizzarla col pennarello indelebile su un foglio di acetato trasparente in modo da conservare una maggiore visione laterale, sempre utile. Tra parentesi vi ricordo che i formati offerti in selezione da menu digitale sul Hasselblad CFV II 50C sono innumerevoli, quindi non siete per forza obbligati a scegliere una di queste due opzioni, di sapore estremamente ‘classico’, anche se ho la sensazione che gli amanti dello scatto tradizionale non se ne discosteranno di molto…

Verticale-Planar-80mm-CF-Hasselblad-CFV-II-50C
[ 1 ]

[ 1 ] Per ciò che mi riguarda questa è la prova più interessante cui ho sottoposto il dorso Hasselblad CFV II 50C in abbinamento con il corpo macchina Hasselblad 500 C/M dotato di ottiche manuali. Il confronto tra questo scatto, catturato con un Hasselblad Planar 80mm C 1:2.8 T*, ed uno analogo realizzato pochi secondi dopo con un più moderno, sebbene dai retroscena comunque analogici, Hasselblad Planar 80mm CF 1:2.8 T* ha consentito di comprendere finalmente le reali differenze tra i due su un campo di impiego neutro e misurabile come lo scatto digitale! In primis, ovvio, l’ergonomia funzionale del tutto a vantaggio del secondo rispetto al blocco metallico del primo. In secondo luogo, a sorpresa, una qualità ottica tra i due assolutamente avvicinabile in un contesto facile come questo: niente controluce, niente contrasti esasperati. Insomma: il vecchio C T* si difende ancora bene seppur con una complessità operativa che scoraggerà di certo chi è abituato alla fluida meccanica delle ottiche odierne del sistema Hasselblad, prime tra tutte l’XCD 4/45mm P ed l’XCD 3,2/90mm che abbiamo provato già in una prova recente in abbinamento con il corpo Hasselblad 907X. Qui con un Hasselblad Planar 80mm C 1:2.8 T*, 100 Iso, f/11.

E’ giunto il momento di tirare le fila di questa bellissima esperienza di scatto. Aggiungiamo qualcosa prima: il formato Raw (3FR) è d’obbligo lavorando su un dorso come questo. La qualità che è in grado di esprimere è molto superiore al Jpeg e, più si sale con la qualità potenziali, tanto più questo divario cresce. I due slot disponibili offrono un’autonomia di archiviazione immensa, ancor più per il fatto che questo tipo di strumento non nasce per ripresa a raffica di estensione assai protratta nel tempo. Semmai ciò che vi gioverà enormemente consiste nell’autonomia energetica vi consente di raggiungere veramente traguardi di peregrinazione e di scatto che in precedenza non erano pensabili. Ne con il magazzino da 12 pose ne con dorsi digitali di vecchio stampo, assai meno durevoli sotto il profilo dell’alimentazione a batteria. Sul fronte pratico le opzioni assistite di ripresa e di otturazione (live view, timer, bracketing, otturatore elettronico, peaking, zooming, istogramma e tutto il resto) sono davvero una manna dal cielo! Il cambiamento operativo rispetto ad una sessione di scatto tradizionale è immenso. Non voglio dire ‘migliore’ perché io sono uno di quelli che ancora adora girare su treppiedi con l’esposimetro esterno alla mano o appeso al collo. Fatto sta che l’impronta rinnovatrice che il CFV II 50C riesce a conferire ad un corredo V System, la classica 500 C/M dotata di ottiche C, è percettibile e di rilievo assoluto. Ulteriore aspetto da tenere in considerazione riguarda l’ingombro del sistema risultante, del tutto sovrapponibile ad un corredo analogico, e la facilità di messa in atto dello scatto in Live View una volta appresa la procedura di base.

[ 1 ] Il bracketing automatico che il dorso CFV II 50C rende disponibile facilmente anche con ottiche e corpi vetusti è una funzionalità in grado di cambiare drasticamente l’approccio allo scatto con cui avevamo avuto a che fare sino ad oggi! L’otturazione elettronica, poco appetibile su soggetti dinamici per via dell’effetto rolling shutter, rende possibile funzionalità altrimenti inattuabili. In generale però va detto che il sensore alla base del sistema, il Cmos da 50 Megapixel, mostra già una gamma dinamica da 14 stop (e 16 bit di profondità colore per canale) che consente di fare quasi tutto anche senza ricorrere a bracketing o Hdr…

L’interfaccia a monitor e le funzioni espresse in touch sono calibrate in modo eccelente e credo che sarà impossibile non trovarsi a proprio agio, anche provenendo da esperienze di scatto più consuete su corpi modesti o amatoriali. Il CFV II 50C rende tutto molto semplice e la qualità risultante una volta aperti i file sul proprio computer è incredibilmente premiante. Certo non è un sistema (non chiamiamola fotocamera ne dorso) per la fotografia di tutti i giorni. Lo scatto in medio formato ha senso se ci sono le premesse per fare un buon lavoro, il che può voler dire nel paesaggio su treppiedi, nel ritratto posato, in tutto quello che implica la ripresa in studio ma anche, questa la sorpresa, nella street che possa esprimere un certo grado qualitativo. Necessitante insomma di avere alle spalle 50 Megapixel di sensore! Euforia a parte di un vecchio utilizzatore del mondo Hasselblad analogico, che uso tuttora con soddisfazione, vi suggerisco però di non pensare al solo dorso CFV II 50C ma di considerarlo sempre unitamente alla sua più naturale parte digitale, ovvero al corpo 907X ed alle ottiche del sistema XCD, fosse anche solo il 45mm Pancake di levatura entry-level (per il pianete HAsselblad, ovvero comunque eccellente!). Solo così sarete realmente liberi in ogni situazioni di scatto nel preferire la ‘vecchia ed affascinante’ strada dei corpi e delle ottiche meccaniche V System, qualitativamente ancora ottime, o se dirigervi verso le performance autofocus, silenziose e rapidissime del nuova parco ottiche. Aperto per altro ai mondi H e XPan. Hasselblad da applauso.

Eugenio Tursi
Nato a Firenze nel 1974, ho fatto tutto al contrario. Dia prima, camera oscura dopo. Prima dell'Hasselblad avevo già la digitale. Ho imparato da Alpino, frequentando ed insegnando poi in scuole di fotografia milanesi. Scrivo dal 1999, mi laureo in Informatica e ricollego il tutto alla fotografia digitale. Faccio anche il fotografo freelance oltre a coordinare Progresso Fotografico che conobbi nel 1995. Mi hanno insegnato 'qualcosa’ Leonardo Brogioni, Roberto Signorini, Gerardo Bonomo.
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