Oggi c’è la riscoperta dell’immagine Instant e questa fotografia si identifica con Polaroid. Un successo che deve molto anche agli artisti che l’anno scoperto come mezzo creativo, da Ansel Adams a Andy Warhol. Ripercorriamo qui una storia affascinante.
Chi non conosce la Polaroid? Nessuno, credo. Ancora oggi nonostante siano passati molti anni dalla sua invenzione (1947) i giovani sono molto attratti da questo mezzo che è rinato grazie ad Polaroid Originals e che permette di tornare ad usare le vecchie fotocamere abbandonate nei cassetti. Forse è proprio perché oggi nessuno stampa più le proprie foto colpisce la possibilità di avere subito un’immagine su carta, da conservare o da regalare. E sono i giovani ad essere particolarmente attratti da questa possibilità. Proprio i giovani che non hanno mai fatto stampare il rullino delle vacanze, di una festa. C’è poi la curiosità di emulare artisti come Andy Warhol o Giovanni Gastel che hanno sfruttato questa pellicola per creare un linguaggio nuovo e personale. Parlando con i ragazzi si scopre la loro sorpresa davanti ai colori di queste pellicole, tanto che esclamano: “ma io con la mia digitale non riesco ad ottenere questi colori… sono bellissimi!” E perfino l’attesa necessaria per dar tempo all’immagine di apparire non viene percepita con fastidio, anzi come un momento magico che accresce la curiosità di vedere il risultato. La pellicola Instant offre anche molte tecniche creative come il Polatransfer con cui si trasferisce la gelatina ad esempio su un foglio di carta da disegno, per poi magari farne la scansione. È sorprendente: i produttori di fotocamere digitali fanno a gara per offrire sempre più pixel, ed i giovani volgono lo sguardo al passato.
Una storia molto attuale
A partire dalla fine degli anni Quaranta, Polaroid cambiò il volto della fotografia, sia quella di tutti i giorni che nella ricerca artistica; infatti se inizialmente le fotocamere Instant erano proposte a famiglie e dilettanti, Polaroid sviluppò un programma di supporto agli artisti riuscendo a coinvolgere autori importanti come Robert Rauschenberg e Andy Warhol. La dimostrazione viene dal progetto “The Polaroid Project: At the Intersection of Art and Technology” che propose un’ampia gamma di lavori realizzati nel corso di decenni e con varie tecnologie Polaroid, dai panorami di Yosemite di Ansel Adams della metà degli anni Cinquanta allo scatto di Lady Gaga di Nobuyoshi Araki del 2009.
Il lungo cammino di Polaroid nell’arte iniziò con Ansel Adams, che era amico di Edwin Land, il fondatore di Polaroid. Nel 1949 Ansel Adams si definiva consulente di Polaroid: “Lavorava con macchine fotografiche e pellicole, testando ciò che usciva dai laboratori” racconta Barbara Hitchcock, responsabile della divisione culturale di Polaroid. “Ansel Adams eseguiva prove sul campo e prendeva appunti che permettevano a Polaroid di migliorare i propri prodotti e di svilupparne di nuovi. Lo scopo principale del progetto – sempre secondo Barbara Hitchcock – era di dimostrare che questa nuova pellicola non era solo un gadget, ma aveva grandi potenzialità artistiche”. Inoltre Ansel Adams collaborò alla costruzione della collezione con le opere autori come Dorothea Lange, Margaret Bourke-White, Edward Weston, Imogen Cunningham e William Garnett; selezionò anche artisti emergenti di cui ammirava il lavoro. Le prime pellicole Polaroid producevano stampe con intonazione seppia, poi nel 1950 arrivò il bianconero e nel 1963 il colore. Alcuni modelli producevano un negativo riutilizzabile, consentendo di realizzare dei multipli, mentre altri erano solo a stampa unica. Comunque gli artisti contemporanei preferivano quest’ultima soluzione.
Ma cosa rendeva la Polaroid così interessante per gli artisti? William Ewing, direttore di Thames e Hudson per i progetti dedicati agli artisti indica vari fattori. “In primo luogo l’immediatezza, che evitava di dover inviare il materiale a un laboratorio, e poi i colori della stampa, assolutamente unici – Polaroid poi ebbe il merito di creare un senso comunità artistica e penso che anche gli autori, usando una fotocamera Instant, si sentissero tecnologicamente all’avanguardia – Al tempo stesso con la tecnologia Polaroid la fotografia tornava ai primi processi fotografici, come il dagherrotipo, che producevano un’opera unica” dice Erin Barnett, direttore di mostre e collezioni presso l’International Center of Photography. “Infatti diventando un mezzo riproducibile all’infinito la fotografia era allontanata dall’Arte e agli artisti piacque l’idea di poter creare un oggetto unito, non riproducibile.” Questo era particolarmente vero se l’opera poteva anche essere modificata in modi creativi nel corso della sua realizzazione e questo divenne possibile con la fotocamera SX-70 che venne annunciata nel 1972 e la cui pellicola poteva essere manipolato durante e anche dopo l’esposizione. Ed infatti la SX-70 fu molto apprezzata dal pubblico, ma soprattutto dagli artisti “La fotocamera in realtà non era stata progettata per fini artistici, si proponeva come il punto d’arrivo del sistema di sviluppo Instant – dice Barbara Hitchcock – perché non c’erano fogli di carta da buttar via e le immagini erano molto belle. Edwin Land vide nella SX-70 come il coronamento del suo sogno di realizzare la fotografia istantanea.”
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